INDIVIDUALISMO E TRADIZIONE PROGRESSISTA OCCIDENTALE: APPENDICE AL CAPITOLO 8: IL RECENTE DETERIORAMENTO CULTURALE: ALCUNE CORRELAZIONI CULTURALI   RIGUARDO ALL’ASCESA DI UNA NUOVA ÉLITE.

INDIVIDUALISMO E
TRADIZIONE PROGRESSISTA OCCIDENTALE.
Origini evolutive, storia e prospettive future.
traduzione italiana di Marco Marchett

APPENDICE AL CAPITOLO 8:

IL RECENTE DETERIORAMENTO CULTURALE: ALCUNE CORRELAZIONI CULTURALI  

RIGUARDO ALL’ASCESA DI UNA NUOVA ÉLITE.

 

 

E’ stato osservato come la Guerra Civile inglese abbia rappresentato un punto di rottura fondamentale nella storia dell’Occidente. Un’altra epoca spartiacque furono gli anni Sessanta del Novecento. Il risultato della Guerra Civile Inglese fu la graduale ascesa di una nuova élite; il successo della rivoluzione controculturale degli anni Sessanta ha avuto anch’esso come risultato l’ascesa di una nuova élite, che ha rapidamente cambiato il paese [gli Stati Uniti, n. d. t.]. L’eclissi della vecchia élite americana dominata dai WASP è descritta nel libro di Eric Kaufmann The Rise and Fall of Anglo-America [L’ascesa e la caduta dell’AngloAmerica, n. d. t.] (si veda il capitolo 6)1; l’ascesa della nuova élite a dominanza ebraica è descritta nel mio libro The Culture of Critique [La cultura della critica, n. d. t.]. Se, in ultima analisi, il perdente della Guerra Civile Inglese fu l’aristocrazia, quello della controrivoluzione culturale degli anni Sessanta fu la popolazione bianca degli Stati Uniti (e in definitiva l’intero Occidente) ma soprattutto la classe lavoratrice bianca.

Se la più importante conseguenza della controrivoluzione culturale degli anni Sessanta è stata la colonizzazione dell’Occidente da parte di milioni di non-europei (al punto che, se tale situazione non si inverte, la popolazione europea tradizionale sarà destinata a divenire una minoranza entro il presente secolo) sono altresì avvenuti profondi cambiamenti nella cultura occidentale. Questa Appendice prende in esame gli effetti di questa rivoluzione culturale sulla famiglia e sul recente aumento della mortalità che riguarda in particolare la classe lavoratrice bianca.

 

Il generale declino culturale in America a partire dagli anni Sessanta.

 

Un tema de La cultura della critica è che l’élite ebraica egemone ha avuto un ruolo fondamentale nel successo della controrivoluzione culturale degli anni Sessanta, sia come guida dei radicali nelle università sia come promotrice della rivoluzione sessuale2. Riguardo a quest’ultima, gli individui con un maggiore quoziente di intelligenza [d’ora in avanti q. d. i., n. d. t.] patiscono meno l’erosione dei sostegni culturali alla genitorialità ad elevato investimento e il declino delle credenze religiose tradizionali (in particolare le credenze cristiane relative al comportamento sessuale) di quanto avvenga per gli individui con un q. d. i. inferiore. Questo è stato in particolare uno dei temi del capitolo dedicato alla psicanalisi, che si è concentrato sugli effetti della rivoluzione sessuale3.

Sebbene l’Occidente abbia prodotto una cultura decisamente individualista, ha mantenuto forti controlli sociali su certi aspetti del comportamento individuale, e in particolare sul comportamento sessuale. Questi controlli sociali sono stati rafforzati dalla pervasività delle credenze religiose cristiane. Per quanto vi siano certamente stati periodi in cui il controllo sul comportamento sessuale era maggiore e altri in cui era minore, in generale e almeno a partire dal Medioevo la cultura occidentale è stata caratterizzata dal matrimonio monogamico, dalla genitorialità ad elevato investimento e da un tasso di divorzi molto basso, con pratiche sessuali non monogamiche relegate al mondo clandestino della prostituzione.

In generale, gli individui con un q. d. i. inferiore traggono maggior beneficio dai sostegni sociali tradizionali incorporati nella cultura occidentale, e in particolare da quelli che riguardano il matrimonio e i costumi atti a prevenire le gravidanze extramatrimoniali. Nel corso del precedente periodo della mia vita, nel quale ho insegnato psicologia dello sviluppo, il capitolo del libro di testo che trattava la famiglia aveva dei diagrammi che mostravano come a partire dagli anni 1960 si sia verificato un sensibile aumento delle nascite extramatrimoniali e dei divorzi, col risultato che molti più bambini sono stati allevati senza un padre. Questo fatto ha aperto nuovi orizzonti nella psicologia infantile, nella misura in cui gli psicologi hanno indagato gli effetti sui bambini di questi cambiamenti culturali. I risultati appaiono chiari: divorzi, famiglie monogenitoriali e nascite al di fuori del matrimonio rappresentano forti fattori di rischio per un’ampia gamma di problemi dei minori, come la delinquenza, la criminalità, gli scarsi risultati scolastici, le carenze nella salute fisica ed emotiva, la mortalità precoce4.

Uno dei temi principali del libro di Richard Herrnstein e Charles Murray, The Bell Curve [La curva a campana, n. d. t.] è che il divorzio e le altre forme di disfunzionalità familiare siano più frequenti tra gli individui che si collocano all’estremo inferiore della curva di distribuzione del q. d. i.5. La sola ragione per cui faccio uso del q. d. .i. è che questo parametro è stato studiato molto di più e può essere misurato con molta precisione; tuttavia utilizzando il controllo degli impulsi si possono ottenere risultati simili. Gli individui con q. d. i. più basso sono anche quelli che hanno maggiori difficoltà a controllare i loro impulsi, che tendono maggiormente alla gratificazione immediata piuttosto che ad una pianificazione a lungo termine e che probabilmente sono più inclini alla dipendenza da droghe6. Di conseguenza essi soffrono maggiormente a causa dell’erosione dei sostegni culturali alla genitorialità ad elevato investimento (che implicano rimandare nel tempo i rapporti sessuali, non rimanere incinta prima del matrimonio, ecc.). Nella scuola superiore che ho frequentato (una scuola cattolica nella quale l’ideologia tradizionale in materia sessuale era saldamente vigente) praticamente nessun alunno aveva rapporti sessuali. Ma ciò avveniva tra la fine degli anni 1950 e l’inizio degli anni 1960; dopo quel periodo, quella cultura ha subito un attacco che ha conseguito un notevole successo.

Il cristianesimo tradizionale era una delle componenti principali di quei sostegni culturali. Citando da La cultura della critica:

 

Come osserva [Norman] Podhoretz, «si dà il caso, infatti, che gli intellettuali ebrei, le organizzazioni ebraiche come l’American Jewish Congress ed altre organizzazioni a dominanza ebraica come la ACLU […] abbiano messo in ridicolo le credenze religiose cristiane, abbiano cercato di privare il cristianesimo del sostegno del pubblico e abbiano guidato la campagna per eliminare ogni restrizione alla pornografia7». Il fatto è che la psicanalisi, in quanto movimento intellettuale a dominanza ebraica, rappresenta una componente centrale di questa guerra contro i sostegni culturali alla genitorialità ad elevato investimento […]

Sebbene siano indubbiamente coinvolti altri fattori, è degno di nota il fatto che la crescente tendenza, negli

Stati Uniti, verso una genitorialità a basso investimento coincida ampiamente col trionfo delle critiche mosse

dalla psicanalisi e dai radicali alla cultura americana, trionfo rappresentato dal successo politico e culturale del movimento della controcultura degli anni Sessanta8.

 

Queste tendenze si sono manifestate in tutte le razze, ma interesano più i negri dei bianchi perché i negri, in media, si collocano all’incirca una deviazione standard più in basso sulla curva di distribuzione del q. d. i. rispetto ai bianchi e, come si è osservato nel capitolo 8, hanno un minore controllo degli impulsi (coscienziosità). I negri hanno sempre mostrato un’elevata percentuale di nascite extramatrimoniali, ma il divario è aumentato a partire dagli anni Sessanta.

Questi dati concordano con la classifica delle differenze evolutive razziali proposta da J. Philippe Rushton9. I comportamenti sessuali sono ereditari (ossia influenzati geneticamente): uno studio ha mostrato che prima della rivoluzione sessuale l’età del primo rapporto sessuale non era sostanzialmente influenzata dalle differenze genetiche, perché esistevano forti norme sociali contrarie al sesso prematrimoniale; se non c’è variazione, allora, per definizione, non può esserci neppure una variazione influenzata dalla genetica; ne consegue pertanto che l’età del primo rapporto sessuale non era ereditaria in misura significativa10. Nella scuola superiore da me frequentata dunque, dato che nessuno aveva rapporti sessuali, l’età del primo rapporto non era un aspetto ereditario. Essa tuttavia lo divenne dopo la rivoluzione sessuale; gli individui inclini ad un modello lento di storia di vita e ad un elevato controllo degli impulsi rimasero in ogni caso più inclini a procrastinare l’inizio della vita sessuale, ad evitare gravidanze extramatrimoniali e a restare uniti nel matrimonio. Come ci si può aspettare sulla base della teoria di Rushton, la rivoluzione sessuale si è invece dimostrata un disastro per la maggior parte dei negri. Nel 1965 il 24% dei bambini negri e il 3.1% dei bambini bianchi erano figli di ragazze madri, quote che oggi valgono rispettivamente il 72% e il 29% circa11. Nel suo libro Coming Apart [Dissoluzione / Disgregazione, n. d. t.] Charles Murray nota che tra i bianchi, a partire dagli anni Sessanta, si è osservato un aumento del crimine e una diminuzione della religiosità, dell’etica del lavoro e dei matrimoni12. Tra il 1960 e il 2000, nella classe medio-alta la quota di matrimoni è scesa dal 94% all’84%, ma per la classe lavoratrice bianca tale diminuzione è stata dall’82% al 48%. In quest’ultima classe il numero delle persone che non si sono mai sposate è aumentato dal 10% al 25%, fenomeno al quale i lavoratori di basso livello hanno fornito un considerevole contributo. Murray attribuisce tutto ciò a una perdita di “virtù”, ma non esamina le forze che stanno dietro a questo massiccio mutamento culturale.

E frequente, tra i critici di Murray, sostenere che tali cambiamenti siano il risultato delle condizioni economiche piuttosto che della cultura in senso più ampio. Sotto questo aspetto, nell’America dei primi anni Sessanta un diplomato di scuola superiore poteva aspettarsi di trovare un lavoro che gli avrebbe permesso di sposarsi, consentendo a sua moglie di restare a casa e di allevare i figli. Avrebbe potuto acquistare una casa e un’automobile e anche permettersi di portare in vacanza la famiglia, d’estate, per due settimane.

Il problema, dunque, è che le nuove tendenze riguardanti il matrimonio e la famiglia hanno cominciato a manifestarsi negli anni Sessanta, quando la classe lavoratrice bianca stava bene, per raggiungere il culmine nei primi anni Settanta e, successivamente, ristagnare13. La rapida impennata nelle nuove tendenze nell’ambito della famiglia e in altri aspetti disfunzionali della società ha avuto inizio intorno al 1960 e ha continuato fino al 1990 circa, quando ha subito un temporaneo arretramento prima di raggiungere nuovi picchi. Nel 1970, quando la classe lavoratrice bianca aveva raggiunto la massima prosperità economica, il numero delle nascite extramatrimoniali era già triplicato rispetto al 1960.

Non c’è dubbio sul fatto che il periodo compreso tra il 1948 e i primi anni Settanta sia stato l’età d’oro della classe lavoratrice (lavoratori senza mansioni di controllo) con la presenza di sindacati forti e senza il problema dell’esternalizzazione del lavoro. A partire dal 1973 il reddito di questo gruppo è aumentato, in termini reali, di circa il 9%14: molto meno che per i laureati, e tuttavia più un fenomeno di stagnazione che un disastro, che di per sé non avrebbe dovuto provocare un aumento della disfunzionalità familiare.

Né avrebbe dovuto provocare un aumento della mortalità, visti i progressi compiuti dalla medicina nella cura delle malattie cardiache e dei tumori. Angus Case e Anne Deaton fanno notare che qualsiasi spiegazione di tipo economico deve rendere conto del perché una stagnazione dei redditi provochi una mortalità precoce tra i bianchi americani, ma non tra i negri o in Europa. «Anche risalendo fino ai tardi anni Sessanta si osserva come i redditi familiari medi fossero simili per bianchi, negri e ispanici; questo fatto non può pertanto fornire alcuna base per spiegare le forti differenze nella mortalità tra questi gruppi dopo il 1998»15. Ciò esclude anche [dalle possibili cause, n. d. t.] l’aumento delle diseguaglianze di reddito (“il tuo reddito cresce più rapidamente del mio”) come pure un calo della “virtù” propiziato da un generoso sistema assistenziale e di sostegno ai disabili (anche l’Europa ha robusti programmi assistenziali).

In generale, stando a Case e Deaton, l’aumento della mortalità nella classe lavoratrice bianca comincia negli anni Novanta. Il primo gruppo nel quale il fenomeno è apparso chiaramente è quello degli individui nati nel 1950 (e che nel 1990 avevano 40 anni) che è stato anche la prima generazione e sperimentare, in età adolescenziale, la rivoluzione sessuale. Per ciascun gruppo di età successivo l’incremento di mortalità dovuto a droghe, malattie del fegato, alcol e suicidi inizia più precocemente ed è più ripido, ossia raggiunge più velocemente livelli più alti. Queste tendenze sono più pronunciate per gli uomini che per le donne e variano in funzione del livello di istruzione, dove i dati di gran lunga peggiori sono quelli dei bianchi che hanno un diploma di scuola superiore o un titolo inferiore.

Gina Kolata e Sarah Cohen hanno elaborato queste scoperte sulla base dell’esame di 60 milioni di certificati di morte datati tra il 1990 e il 2014, ma quanto alle cause puntano il dito sugli oppioidi e non sull’alcol o sui suicidi16:

Nel 2014 il tasso di mortalità per overdose da droghe legali e illegali tra i bianchi nella fascia d’età compresa tra i 25 e i 34 anni era quintuplicato rispetto al 1999, mentre quello per la fascia d’età tra i 35 e i 44 anni era triplicato nello stesso periodo […] Mentre il tasso di mortalità dei giovani bianchi è cresciuto per ogni gruppo d’età nel corso dei cinque anni precedenti il 2014, esso è aumentato più velocemente, sotto ogni aspetto, per quelli meno istruiti, e cioè del 24% per coloro che non hanno un’istruzione di scuola superiore rispetto al solo 4% di quelli che hanno un diploma universitario o un titolo più elevato.

Un altro studio ha rilevato come l’incremento di mortalità non fosse attribuibile all’alcolismo, bensì all’epidemia dell’abuso di oppioidi. Gli autori osservano che il tasso di mortalità «ha cominciato ad aumentare intorno all’epoca in cui le prescrizioni di oppioidi sono divenute facilmente ottenibili e da allora ha continuato a salire costantemente»17.

Dato che un analogo aumento di mortalità non si è verificato in Europa, il mutamento culturale introdotto dalla psicanalisi non rappresenta l’unica causa18. Il generale declino culturale è scollegato dall’incremento della mortalità; il fatto che le relazioni familiari siano disfunzionali non implica, da solo, un tale incremento. Tuttavia ho il sospetto che i due fattori interagiscano tra loro, nel senso che se i sostegni culturali che esistevano fino agli anni 1950 fossero rimasti integri, la classe lavoratrice bianca non sarebbe caduta vittima dell’epidemia degli oppioidi.

Ancora una volta, gli individui con un profilo di storia di vita più veloce sono i meno capaci a controllare i loro impulsi e pertanto sono i più inclini ad un comportamento maladattivo in un ambiente culturale permissivo inondato dalle droghe nel quale i vincoli al comportamento di tipo religioso e culturale si sono indeboliti. L’effetto combinato di questi due fattori (il mutamento culturale portato dal trionfo della rivoluzione controculturale e l’eccesso di droghe) è stato un disastro per la classe lavoratrice bianca19. Sotto questo aspetto è interessante notare che la prima generazione che ha mostrato un aumento di mortalità è stata quella che è entrata nell’adolescenza negli anni Sessanta.

Come si legge ne La cultura della critica, il movimento che ha promosso l’uso degli oppioidi ha avuto origine tra le élite e si è basato in ultima analisi su dottrine pseudoscientifiche prodotte ai massimi livelli del sistema medico universitario e motivate dal tornaconto economico di una schiera di soggetti che va dai professori delle facoltà di medicina fino ai rappresentanti delle aziende produttrici e ai medici di base.

Un problema fondamentale nel trattare questo argomento, oggi, sta nel fatto che la tendenza all’incremento della mortalità messa in moto dai processi di cui si è detto è destinata a persistere, a prescindere da quanto facciano in governi in materia di prescrizione degli oppioidi. L’introduzione di nuove restrizioni ha semplicemente l’effetto di spingere i tossicodipendenti verso l’eroina ed altre droghe illegali. Infatti, mentre nel 2002 i casi di morte provocati dalla prescrizione di oppioidi erano molto più numerosi rispetto alla somma di quelli dovuti all’eroina e alle droghe sintetiche, nel 2017 i casi di morte per questa seconda causa sono stati 43000 contro i soli 17000 dovuti alla prescrizione di oppioidi20.

Il fenomeno degli oppioidi riflette la cultura americana posteriore agli anni Sessanta. E’ il prodotto della culture dell’élite, dotata di mezzi finanziari cospicui e con accesso alle più prestigiose istituzioni della società. Grazie a questo prestigio, essa è stata in grado di presentare informazioni sostanzialmente false come dati scientifici e di farle accettare dalla classe dirigente medica. Analogamente, nel caso della campagna per l’attuazione della legge sull’immigrazione del 1965, i comitati pro-immigrazione sono stati finanziati da soggetti facoltosi, sono stati prodotti studi accademici fraudolenti in favore dell’immigrazione, sono apparsi nei mezzi di informazione articoli che davano dell’immigrazione un’immagine positiva, sono stati pagati dei lobbisti e reclutate persone di spicco. Un buon esempio di quest’ultimo aspetto è dato da John F. Kennedy (che era destinato a diventare presidente) reclutato per figurare come autore di un libro intitolato A Nation of Immigrants [Una nazione di immigrati, n. d. t.] scritto in realtà da Meyer Feldman e pubblicato dalla Anti Defamation League21.

Troviamo un’analogia anche nell’infrastruttura del movimento neoconservatore, con gruppi di esperti ben finanziati, portavoce illustri presso università prestigiose e una presenza nei media molto forte. I neocon possono essere certi che qualora dovessero perdere il loro lavoro presso il Dipartimento di Stato o quello della Difesa troverebbero ancora molte possibilità di impiego nel mondo universitario, nei centri di studio o nei gruppi lobbistici. Malgrado abbiano sostenuto politiche disastrose, come la guerra in Iraq, essi rappresentano ancora una componente molto potente del gruppo che gestisce la politica estera statunitense22.

Conclusione: l’effetto trasformativo della rivoluzione controculturale degli anni Sessanta.

La rivoluzione controculturale degli anni Sessanta ha avuto un effetto trasformativo sulla società americana altrettanto drammatico quanto quello prodotto dall’eclissi dell’aristocrazia e del modello indoeuropeo della cultura occidentale che ebbe inizio nel XVII secolo. Questa nuova cultura si basa fondamentalmente sull’importazione di non-occidentali con funzione di clienti della sinistra, fattore vitale per la permanenza della sua egemonia, come già si è visto in stati come la California, dove i conservatori anche moderati sono esclusi dal processo politico; tale fattore è anche considerato, da molti dei suoi sostenitori più convinti, come una garanzia contro l’ascesa dei movimenti identitari bianchi che si oppongono con forza agli interessi dei gruppi minoritari.

Se questo processo di trasformazione non verrà invertito, esso comporterà sostanzialmente la fine del nucleo etnico della civiltà occidentale e, molto probabilmente, di tutto l’insieme delle strutture culturali create dall’Occidente. E a causa dell’incremento delle politiche volte a tutelare le identità non-bianche, significherà probabilmente la fine dell’individualismo, nella misura in cui i bianchi si raccoglieranno in gruppi coesi in grado di affermare i loro interessi nel nuovo contesto multiculturale.


Note.

 

  • Eric P. KAUFMANN, The Rise and Fall of Anglo-America, Cambridge, Harvard University Press, 2004.
  • Kevin MACDONALD, The Culture of Critique: An Evolutionary Analysis of Jewish Involvement in

Twentieth-Century Intellectual and Political Movements, Bloomington, IN, AuthorHouse, 2002 (ed. orig.

Westport, CT, Praeger, 1998), cap. 3.

  • Ibid., cap. 4.
  • Questi risultati sono posti in evidenza da Anne CASE e Angus DEATON nel loro influente articolo Mortality and Morbidity in the 21st Century, “Brookings Papers on Economic Activity”, marzo 2017; https://www.brookings.edu/wp-content/uploads/2017/03/6_casedeaton.pdf
  • Richard J. HERRNSTEIN, Charles MURRAY, The Bell Curve: Intelligence and Class Structure in American Life, New York, Free Press, 1994.
  • FIGUEREDO et al., The Psychometric Assessment of Human Life History Strategy.
  • Norman PODHORETZ, In the Matter of Pat Robertson, “Commentary”, agosto 1995: 28-32, 30.
  • MACDONALD, The Culture of Critique.
  • , J. Philippe RUSHTON, Race, Evolution and Behavior: A Life History Perspective, Nwe Brunswick, NJ, Transaction Publishers, 1994.
  • Michael Patrick DUNNE, Nicholas G. MARTIN, Andrew C. HEATH, Genetic and Environmental

Contributions to Variance in Age at First Sexual Intercourse, “Psychological Science”, 8, n. 3, gennaio

1997: 211-216; https://journals.sagepub.com/doi/abs/10.1111/j.1467-9280.1997.tb00414.x

  • Sara MCLANAHAN, Christopher JENCKS, Was Moynihan Right?, “Education Next”, 15, n. 2, primavera 2015.
  • Charles MURRAY, Coming Apart: The State of White America, 1960-2010, New York, Crown Forum, 2012.
  • CASE, DEATON, Mortality and Morbidity in the 21st Century.
  • Lawrence MISHEL, Elise GOULD, Josh BIVENS, Wage Stagnation in Nine Charts, “Economic Policy Institute”, 6 gennaio 2015; https://www.epi.org/publication/charting-wage-stagnation/
  • CASE, DEATON, Mortality and Morbidity in the 21st Century. Come osserviamo più avanti, studi basati su dati più recenti rilevano un brusco incremento della mortalità tra i negri e gli ispanici provocato dagli oppioidi.
  • Gina KOLATA e Sarah COHEN, Drug Overdoses Propel Rise in Mortality Rates of Young Whites, “The New York Times”, 16 gennaio 2016; https://www.nytimes.com/2016/01/17/science/drug-overdoses-propelrise-in-mortality-rates-of-young-whites.html?_r=0
  • Opioids and Obesity, Not “Despair Deaths”, Raising Mortality Rates for White Americans, “Science Daily”, 20 luglio 2017:

https://www.sciencedaily.com/releases/2017/07/170720142334.htm

  • Mente gli studi precedenti avevano rilevato una mortalità più alta tra i bianchi, in particolare tra quelli appartenenti alla classe lavoratrice delle zone rurali, studi più recenti hanno osservato un aumento della mortalità nella popolazione negra e ispanica e nelle aree urbane; si veda ad esempio Marisa PEÑALOZA, The Opioid Crisis Is Surging in the Black, Urban Communities, “NPR”, 8 marzo 2018:

https://www.npr.org/2018/03/08/579193399/the-opioid-crisis-frightening-jump-to-black-urban-areas [19] Kevin MACDONALD, Opioids and the Crisis of The White Working Class, “The Occidental Quarterly”, 18, n. 1, primavera 2018: 41-56.

  • Sources and Burden of Opioids, National Institute for Health Care Management Foundation, dicembre 2018. Lo studio si basa su dati aggiornati al 2017: https://www.nihcm.org/categories/sources-and-burden-of-opioid-deaths
  • Jerry KAMMER, The Hart-Celler Immigration Act of 1965, Center for Immigration Studies, 30 settembre 2015; https://cis.org/Report/HartCeller-Immigration-Act-1965 [22] MACDONALD, Neoconservatism as a Jewish Movement.