INDIVIDUALISMO E TRADIZIONE PROGRESSISTA OCCIDENTALE: Capitolo 2, IL RETAGGIO CULTURALE INDOEUROPEO: L’INDIVIDUALISMO ARISTOCRATICO
INDIVIDUALISMO E
TRADIZIONE PROGRESSISTA OCCIDENTALE.
Origini evolutive, storia e prospettive future.
traduzione italiana di Marco Marchetti
IL RETAGGIO CULTURALE INDOEUROPEO: L’INDIVIDUALISMO ARISTOCRATICO.
Mentre l’uomo faustiano è un Io che, in ultima istanza, trae le proprie conclusioni riguardo all’infinito, e l’uomo apollineo, come un soma tra molti altri, rappresenta solo se stesso, l’uomo mago, col suo essere di tipo spirituale, è solo una parte di un Noi pneumatico che, discendendo dall’alto, è uno e il medesimo in tutti i credenti. Come corpo e anima egli non appartiene soltanto a se stesso, ma qualcos’altro, qualcosa di alieno e di più alto, risiede in lui, facendo di lui, con tutte le sue idee e le sue convinzioni, soltanto un membro di un consenso che, in quanto emanazione di Dio, esclude l’errore, ma esclude altresì ogni possibilità per l’Ego di affermarsi. La verità è per lui qualcosa di diverso da ciò che è per noi. Tutti i nostri metodi epistemologici, che si basano sul giudizio individuale, sono per lui follia ed infatuazione, e i loro risultati scientifici sono opera del Maligno, che ha confuso ed ingannato lo spirito circa quelli che sono le sue vere disposizioni e i suoi veri scopi.
Oswald SPENGLER, da Il tramonto dell’Occidente1.
Muore il bestiame, muoiono i congiunti, ed anche tu morirai. Ma so che una cosa non morirà mai: la fama delle gesta di un defunto.
Proverbio vichingo islandese.
Gli indoeuropei (IE) furono dei gruppi di conquistatori fortemente militarizzati che iniziarono ad espandersi a partire dalla regione della Steppa Pontica a nord del Mar Nero fino a dominare l’Europa per almeno 3500 anni, terminando soltanto alla fine del Medioevo nell’Europa occidentale e continuando ad esercitare la loro influenza anche oltre quel periodo. Ciò che intendo dire con questo è che i sistemi sociali creati dagli IE ebbero significativi elementi in comune e rimasero sostanzialmente immutati nel corso di questo lungo arco temporale. Questo capitolo illustrerà gli aspetti fondamentali di tale sistema sociale, qui chiamato individualismo aristocratico per ragioni che saranno più chiare in seguito.
Come osserva Ricardo Duchesne, il retaggio IE è la chiave per comprendere l’anima irrequieta, aggressiva, indagativa, innovativa, “faustiana” dell’Europa. Gli IE furono un «popolo peculiarmente aristocratico dominato da figure emergenti di condottieri per i quali combattere al fine di guadagnare prestigio costituiva un ethos onnipervasivo. Questa culture viene interpretata come “lo stato di natura occidentale” e come la fonte primordiale dell’irrequietezza occidentale»2.
Come osservato nel cap. 1, l’opinione accademica attuale è che gli IE siano originari della dalla regione della Steppa Pontica, a sud della Russia e dell’Ucraina. Nel Vicino Oriente, in Iran e in India questo gruppo conquistatore finì per essere assorbito dalla popolazione locale, sebbene, ad esempio, vi sia qualche indizio che la casta sacerdotale dei brahmini indiani abbia una componente genetica IE maggiore rispetto a quella delle altre caste dell’India settentrionale3. In Europa gli IE soppiantarono le lingue autoctone ma non la popolazione autoctona; in origine almeno, come nelle altre aree da essi conquistate, costituirono élite aliene che dominavano gli europei più antichi.
Cultura indoeuropea.
L’aspetto nuovo della cultura IE fu che non si basava né su una sovranità centralizzata, né su gruppi di parentela estesa del tipo dei clan, bensì su un’élite aristocratica che era egualitaria al proprio interno. Un aspetto critico è che questa élite non era costituita sulla base dei legami di parentela, come accadeva nelle società basate sui clan, ma in funzione della ricerca della fama e della fortuna, e in particolare della prima. Gli uomini che diventavano capi non erano despoti, ma pari tra gli altri guerrieri, un egualitarismo tra aristocratici. I guerrieri di successo di distinguevano per l’abbigliamento, gli ornamenti, le cinture, ecc., con un’attitudine all’ostentazione. Ciò produceva «un’immagine del mondo vitale, orientata all’azione e lineare»4, vale a dire dinamica e tesa al conseguimento di un crescente prestigio. Il capo era un “primo tra gli eguali”, che comandava in virtù del consenso volontario piuttosto che tramite la forza, e l’essere un capo di successo significava far sì che molti clienti si impegnassero a garantire la loro lealtà.
Questi “gruppi di camerati” […] erano particolarmente dediti ad un comportamento predatorio e ad una vita “da lupi” fatta di caccia e di razzie, nonchè a compiere azioni superiori, addirittura sovrumane. I membri di tali gruppi erano in genere uomini giovani e non sposati, assetati di avventure. I seguaci giuravano di non sopravvivere a un capo che fosse stato ucciso in battaglia, come del resto da un capo ci si attendeva che desse, in ogni circostanza, esempio di coraggio e di abilità guerriera. […]. Solo riferendosi ai [guerrieri] aristocratici IE […] si può parlare, in termini hegeliani, di una lotta mortale per il puro prestigio5.
Gli IE originari, chiamati proto-indoeuropei (PIE), passarono attraverso un profondo cambiamento culturale da un’economia di caccia e raccolta a un’economia pastorale tra i 7800 e i 7200 anni fa6. I gruppi di CR tendono ad essere egualitari, ma il passaggio alla pastorizia ebbe come risultato l’ineguaglianza sociale. La pastorizia inoltre «richiedeva un’organizzazione sociale flessibile e opportunistica»7, come pure la capacità di procrastinare la gratificazione e di pianificare il futuro: poteva essere praticata soltanto «da persone disposte moralmente ed eticamente a vedere le loro famiglie patire la fame piuttosto che cibarsi del loro bestiame»8.
Comunque, oltre al passaggio all’economia pastorale, un aspetto critico del successo dei PIE veniva dall’aver sviluppato una cultura militarizzata che si dimostrò altamente efficace per dominare altri gruppi. Questa, a sua volta, si basava su altri importanti connotazioni culturali.
Progressi tecnologici.
L’addomesticazione del cavallo. I cavalli vennero addomesticati all’incirca 6800 anni fa9. A ciò seguì la pratica dell’equitazione, tra i 5700 e i 5000 anni fa10. Tali pratiche culturali resero possibili greggi di pecore e mandrie di bovini assai più ampi, ma costituirono anche un aspetto della militarizzazione, insieme all’invenzione dell’arco che poteva essere utilizzato cavalcando11. I cavalli delle steppe erano più grossi e più forti degli onagri (derivati dagli asini selvatici dell’Asia) che si trovavano nel Medio Oriente ed erano pertanto molto più efficaci per l’impiego militare. Il risultato fu che a partire da 5300 anni fa si ebbe un declino dell’agricoltura in Europa, dato che la terra venne dedicata al pascolo, e un incremento dell’attività bellica.
Carri sofisticati. Insieme all’equitazione, lo sviluppo di carri sofisticati facilitò l’espansione nelle vaste steppe, «vivendo sulle ruote»12. Ciò richiedeva ricchezza, per costruire i carri (per le ruote erano necessarie tecniche di carpenteria altamente sofisticate) e per mantenerli (ci volevano due cavalli, opportunamente addestrati). La società PIE divenne dunque più stratificata, con élite che si distinguevano per il possesso di carri13.
La rivoluzione dei prodotti derivati. I PIE trassero inoltre vantaggio da una “rivoluzione dei prodotti derivati” nella quale gli animali addomesticati non erano utilizzati soltanto per la loro carne (prodotto primario), ma anche per prodotti quali il latte, i formaggi e lo yogurt. Ciò forniva una dieta più nutriente di quella agricola, producendo guerrieri alti e muscolosi. Altri prodotti secondari erano il pellame e l’uso della forza animale per cavalcare, per il trasporto e per il lavoro (trazione dei carri).
Pratiche socio-culturali.
Se nell’arco di tempo che va dalle prime società IE al Medioevo europeo vi furono indubbiamente importanti cambiamenti tecnologici, molte delle più fondamentali caratteristiche socio-culturali delle società derivate dagli IE rimasero sorprendentemente immutate.
La cultura militarizzata degli IE. I PIE svilupparono una cultura completamente militarizzata. I ragazzi venivano addestrati per la guerra e per le razzie di bestiame. I giovani maschi «dovevano fare delle incursioni, imitando una banda di cani o di lupi, allo scopo di depredare i nemici»14. Tutti i giovani partecipavano a tali incursioni come parte della loro iniziazione al gruppo. L’aggressività di questi gruppi crebbe col crescere della ricchezza e dell’ineguaglianza sociale della cultura nel suo complesso, fattori che ebbero come conseguenza un incremento del prezzo delle spose: i maschi cioè erano costretti ad accumulare risorse sempre maggiori per potersi permettere di pagare la famiglia della futura moglie.
Al centro della società dei PIE era l’istituzione del Männerbund (detta altrimenti korios o comitatus) «la confraternita di guerrieri che un giuramento legava l’uno all’altro e ai loro antenati, nel corso di un’incursione prescritta ritualmente»15. Perciò il Beowulf, per quanto ritenuto ambientato in area germanicoscandinava nel VI secolo d. C., descrive un «ethos aristocratico di cameratismo ed eguaglianza»16.
La formazione di bande volontarie di guerrieri tenute insieme da giuramenti, dal cameratismo e da un interesse personale condiviso era una caratteristica fondamentale di tali domini. Era l’epoca in cui lo status sociale e il rango erano ancora pubblicamente definiti in base alle azioni eroiche di ciascuno e al numero di seguaci o clienti che ciascuno poteva permettersi»17.
Anche la religione IE aveva un fulcro militare. Tra i gruppi germanici, Odino è il dio dei Männerbünde, il «dio del furore in battaglia»18. I guerrieri presi dal furore della battaglia sono i “brerserker”. Il concetto è collegato a una credenza nel mutamento di forma in cui l’anima si svincola dal corpo e può muoversi esternamente ad esso (come lupo od orso) condizione nella quale può compiere azioni eroiche sovrumane. Snorri Sturluson, il cronista medievale delle saghe norrene, scrive: «Gli uomini di Woden [Odino] andavano senza hauberks [armatura] e si infuriavano come cani o lupi. Essi mordevano i loro scudi ed erano forti come orsi o tori. Uccidevano uomini, ma né il ferro né il fuoco li ferivano. Ciò è chiamato berserkgangr»19. I giovani uomini erano iniziati ai Männerbünde mediante un’impiccagione simulata e venivano loro insegnate le tecniche berserker20.
Il successo militare divenne un fattore critico per la competizione sessuale tra maschi. I maschi di successo erano in grado di permettersi il pagamento di prezzi delle spose che crescevano sempre più. Ciò venne razionalizzato attraverso il mito di Trito, divinità delle razzie di bestiame, con la credenza che il bestiame altrui fosse effettivamente destinato a coloro che compivano gli opportuni sacrifici (e cioè agli stessi IE!)21. La cultura IE era ciò che si può definire “ipermaschile”. Il testo di Lotte Hedeager, Mito dell’Età del Ferro e materialità: archeologia della Scandinavia, 400-1000 d. C., delinea il quadro di una società completamente militarizzata, nella quale la penetrazione sessuale maschile era un segno di potere, mentre l’essere penetrato costituiva, per un maschio, il più grave degli insulti22. Accusare un uomo di essere stato sodomizzato era muovere un’accusa grave, che comportava la stessa pena dell’omicidio. Gli uomini anziani, privi ormai della capacità di penetrare, assumevano lo status delle donne e venivano derisi addirittura dagli schiavi. Le donne erano considerate legittima preda di guerra e di razzia, e in quanto tali solitamente rese schiave.
La citazione che segue, tratta da Hedeager, riguarda proprio questa cultura ipermaschile e completamente militarizzata, che sembra essere stata caratteristica degli IE nell’Europa nordoccidentale almeno a partire dal 2500 a. C. e fino al Medioevo:
Nella società scandinava, estremamente competitiva e aggressiva, nella quale le faide avevano luogo ovunque, spesso protraendosi per molti anni e per diverse generazioni […] il concetto di onore ruotava attorno alla reputazione, al rispetto e al prestigio. La vita sociale e la reputazione erano organizzate gerarchicamente in base al dominio e alla sottomissione, al potere e all’impotenza. Al fondo della scala sociale le donne thrall [schiave] erano abitualmente soggette a stupri e barattate come oggetti sessuali. Descrivendo un mercato vichingo sul Volga nel 922, il diplomatico arabo Ibn Fadlan racconta come i vichinghi (i rus scandinavi) avessero abitualmente rapporti sessuali con i loro schiavi, spesso in pubblico e in gruppi di entrambi i sessi. Tale attività aveva luogo sia alla presenza di potenziali acquirenti che delle loro compagne ufficiali, mogli o fidanzate, che sembravano non esserne toccate […] La violenza ai danni di una donna libera, comunque, era una faccenda seria […].
All’interno di questa gerarchia sociale, il potere era esplicitamente connesso a metafore relative alla penetrazione: con la spada, il pene o la lingua. Coloro che penetravano (con le parole, con le armi o con il fallo) erano potenti (“maschi”); coloro che venivano penetrati erano privi di potere (“femmine”). In un contesto sociale, la sessualità forniva un codice simbolico al dominio e alla sottomissione e metteva in chiaro potere e differenze di status […]. L’accusa più grave nell’antica società scandinava ruotava attorno all’“effeminatezza” e alla penetrazione, con l’implicazione che la sessualità e l’antagonismo erano due facce della stessa medaglia23.
Analogamente, la parola latina vagina, da cui deriva il vocabolo inglese, significa guaina o fodero, ciò che viene penetrato dalla spada.
La reciprocità come caratteristica della cultura IE. L’individualismo aristocratico dei PIE era basato sulla reciprocità, non sul dispotismo o sui legami di parentela. Ad esempio, nella cultura dei PIE era centrale la pratica del dono come ricompensa per le imprese militari. Ci si aspettava che i condottieri di successo ricompensassero lautamente i loro seguaci24. Contratti che regolavano i rapporti reciproci, vincolati dal giuramento, erano caratteristici dei PIE, e questa pratica continuò con i vari gruppi IE che invasero l’Europa. Questi contratti formavano la base dei rapporti patrono-cliente, a loro volta fondati sulla reputazione: i capi potevano aspettarsi un leale servizio da parte dei loro seguaci, e questi potevano aspettarsi un’equa ricompensa per il servizio prestato al capo. Questo rappresenta un fattore critico, perché tali relazioni erano basate sul talento e sui risultati, non sull’etnicità (vale a dire su ricompense elargite in base alla vicinanza nella parentela) o su un rapporto di subordinazione dispotico (nel quale cioè i seguaci, sostanzialmente, non sono liberi).
I contratti vincolati dal giuramento non erano soltanto tipici dell’egualitarismo aristocratico dei Männerbünde, ma si estendevano ai rapporti di dominio e subordinazione tra le élite militari e i popoli conquistati, fornendo protezione in cambio di servizio. Considerando gli aspetti precedenti, troviamo qui la ricetta delle società di tipo feudale, dominate da élite militari con obblighi reciproci nei confronti delle popolazioni ad esse soggette, dove tuttavia i legami di parentela tra le élite e la popolazione dominata sono relativamente poco importanti.
La demolizione dei vincoli di parentela. La società dei PIE produsse istituzioni che tendevano a demolire i forti legami di parentela. David Anthony, ad esempio, scrive che le pratiche culturali Yamnaya relative alle relazioni di ospitalità portarono a distanziarsi dalla parentela per avvicinarsi alla reciprocità. Tali relazioni reciproche di ospitalità «funzionavano come un ponte tra le unità sociali (tribù, clan) che di norma limitavano tali relazioni ai loro parenti o coresidenti»25. Esistevano quindi dei meccanismi atti a provvedere relazioni di ospitalità a prescindere dalla parentela, in base ai quali ciascuno aveva obblighi reciproci di ospitalità; in un commento che illustra la pervasività e la longevità di tali pratiche, Anthony osserva come ciò fosse «un modo per incorporare individui estranei come persone con diritti e forme di protezione chiaramente definiti, com’era in uso dai tempi dell’Odissea fino all’Europa medievale»26, altro indicatore della persistenza della cultura IE per periodi storici molto lunghi.
Le ricompense per il successo militare. Oltre alle ricompense tangibili per le imprese compiute, i guerrieri di successo venivano onorati nelle composizioni poetiche. I condottieri famosi non solo offrivano banchetti e doni ai loro seguaci, ma venivano celebrati nei poemi, e la loro memoria sopravviveva a lungo dopo la loro morte. I canti che magnificano la generosità dei patroni erano assai caratteristici delle culture IE che si diffusero ampiamente (vedica, celtica, greca e germanica), segno della loro origine nella tarda cultura dei PIE27. Come sottolinea Duchesne, a livello cosciente gli IE praticavano la guerra principalmente per ottenere fama e gloria, «la fama delle azioni di un defunto»28. In ogni caso, ai vincitori rimaneva il bottino, assai concreto, derivante dalle campagne militari vittoriose.
L’indoeuropeismo come cultura individualista e di libero mercato. Per i miei scopi è particolarmente importante osservare come le culture militari create dagli IE fossero permeabili, come cioè fossero basate sulle imprese individuali piuttosto che sui legami di parentela. In effetti, le società IE riconoscevano come la parentela pregiudicasse le percezioni e il giudizio delle persone. Ad esempio, nel Codice Visigoto (642-643 d. C.) i parenti stretti o altri parenti non potevano testimoniare in una causa legale contro uno straniero. In Europa, dove le differenze genetiche tra i conquistatori e i loro sudditi non erano grandi, le barriere tra i gruppi caddero piuttosto rapidamente. Quando i visigoti conquistarono la Spagna, il matrimonio tra goti e romani fu inizialmente proibito. Tuttavia, il Codice Visigoto contemplava il matrimonio tra membri dei due gruppi, demolendo le barriere etniche in modo che gli individui potessero perseguire le loro strategie matrimoniali in base alla percezione del proprio interesse (p. es. strategie individuali o familiari, ovvero attrazione personale) invece di pretendere che i matrimoni avessero luogo all’interno dei gruppi etnici. D’altro canto, la mescolanza tra gli IE e le genti da essi conquistate ebbe conseguenze differenti nel Vicino Oriente, in Iran e in India, probabilmente perché le distanza genetica tra gli IE e le popolazioni locali, in queste aree, era assai maggiore rispetto a quella con gli europei, e perché i popoli conquistati erano geneticamente inclini ad un collettivismo su base parentale. Come risultato, in Oriente le società originariamente dominate da élite indoeuropee finirono per trasformarsi nei tipici dispotismi orientali. Come accadde in Europa, quando queste bande di razziatori discesero nel Vicino Oriente e in India ebbe luogo una significativa mescolanza con le popolazioni locali. Così gli ittiti si fusero con la locale popolazione hatti in Anatolia, in India gli IE si fusero con la preesistente cultura di Harappa, e analogamente in Iran. In tutte queste aree essi abbandonarono lo stile di vita pastorale per l’agricoltura e svilupparono un governo dispotico avente al suo centro un sovrano che era «il solo personaggio dotato di un’individualità e autore di imprese eroiche»29. Tutti i sudditi e gli stranieri dovevano prosternarsi al suo cospetto, pratica comune praticamente a tutte le «civiltà idrauliche centralizzate» (ossia alle civiltà basate sull’agricoltura sostenuta da opere di irrigazione: Cina, India, Mesopotamia, Egitto, Inca, Aztechi) ma del tutto estranea alle culture IE d’Europa30. Erodoto ci fornisce un passaggio che è un classico sull’argomento. Alcuni inviati di Sparta giunsero a Susa e ottennero udienza dal re Serse. La guardia personale del re ordinò loro di prosternarsi di fronte a lui, ed anzi tentò di costringerli con la forza. Essi rifiutarono, dicendo che «non avrebbero compiuto un atto del genere, nemmeno se fossero stati forzati a piegare il capo; non era infatti loro costume inchinarsi ad un uomo»31. L’esogamia e la monogamia sembrano essere le caratteristiche centrali delle culture IE di derivazione Yamnaya dell’Europa. In effetti, il generale modello culturale delle bande maschili di razziatori alla ricerca di ricchezza e di donne implica che tali relazioni dovessero essere esogame, e, come osservato nel cap. 1, ciò è in accordo con i dati relativi ai cromosomi sessuali. Dunque la cultura della Ceramica Cordata dell’Europa centrale (4900 – 2950 anni fa), di derivazione Yamnaya32 praticava la monogamia, molto probabilmente mediante il rapimento delle donne33. Uno studio condotto su alcune sepolture della Ceramica Cordata di Eulau (attuale Germania) antiche di circa 4600 anni rivela famiglie nucleari i cui membri sono posti l’uno di fronte all’altro, talvolta con le braccia che si toccano, segno evidente dell’importanza dell’affetto reciproco34. Un’ampia percentuale delle donne adulte non era di origine autoctona, aveva avuto una dieta differente durante l’infanzia e mostrava una maggior varietà genetica rispetto ai maschi. E mentre i precedenti gruppi neolitici in quell’area praticavano sepolture collettive (segno di un collettivismo basato sulla parentela), sia gli Yamnaya che la cultura della Ceramica Cordata praticavano sepolture individuali in «piccoli tumuli familiari, riflettenti la trasmissione all’interno delle singole famiglie degli animali e delle altre proprietà attraverso le generazioni. In contrasto con ciò, le sepolture collettive, megalitiche o simili dei gruppi neolitici riflettevano una proprietà collettiva, condivisa dal clan, di cose, animali e terre»35.
Come si è osservato, i capi militari conservavano la loro posizione mediante il successo in guerra e il conferimento di doni ai loro seguaci, i più dotati dei quali ricevevano le ricompense maggiori. Un corollario di questo aspetto è che i seguaci sceglievano i capi di successo e abbandonavano quelli che fallivano. Tale sistema funzionava più o meno come un libero mercato basato sul merito piuttosto che sul nepotismo. Come in tutti i sistemi di libero mercato, il principio fondamentale è quello della reciprocità, sia che essa consista nell’elargire doni commisurati al contributo fornito alle imprese del Männerbund, sia, come nel mondo moderno, che consista nel pagare ai dipendenti uno stipendio proporzionato al valore da essi apportato all’azienda, pena il loro passaggio ad un’altra che proponga un’offerta migliore. E proprio come le aziende moderne competono per ottenere dipendenti capaci, i capi militari IE erano in competizione tra loro per attrarre un seguito di abili guerrieri.
La reciprocità, pertanto, occupa una posizione centrale nelle società basate sull’individualismo. Un altro importante esempio è quello riguardante il matrimonio. Mentre le società basate sulla parentela praticano tipicamente matrimoni combinati, spesso tra parenti (p. es. matrimoni tra cugini primi, comuni nel Medio Oriente) le società individualiste tendono alla libera scelta del compagno basata sull’attrazione personale (p. es. su tratti quali la bellezza fisica o l’intelligenza) e su altri interessi (p. es. economici) che a loro volta si fondano sulle qualità personali del compagno.
Coerentemente con un modello di libero mercato, Anthony collega la diffusione delle lingue IE a una «operazione di franchising» piuttosto che ad un’invasione:
La diffusione iniziale dei dialetti PIE fu probabilmente più simile a un’operazione di franchising che ad un’invasione. Almeno alcuni dei condottieri delle steppe devono essersi trasferiti in ciascuna delle nuove regioni, e il loro arrivo deve probabilmente essere stato accompagnato da razzie di bestiame e da violenze. Ma ugualmente importanti per il loro successo finale furono i vantaggi che essi godevano nelle istituzioni (di patronato-clientela e di ospitalità, che incorporavano gli estranei come individui con diritti e protezioni) e forse nelle manifestazioni pubbliche associate ai rituali IE36.
Se questo brano ha più di una sfumatura di correttezza politica, poiché minimizza, senza che ve ne sia la necessità, il ruolo della violenza nelle conquiste degli IE, tuttavia esso sottolinea in maniera corretta il fatto che i popoli conquistati dai gruppi IE non vennero sterminati, ma furono piuttosto dominati da élite militari che rimasero permeabili; i rapporti furono basati sulla reciprocità, pur essendo sbilanciati in favore dei conquistatori. Ciò nondimeno, i giovani uomini con talento militare potevano fare carriera e le giovani donne attraenti sul piano fisico e personale potevano impegnarsi nell’antichissimo fenomeno dell’ipergamia femminile (sposare uomini di status elevato).
Esistevano, comunque, dei limiti alla mobilità sociale. In un articolo del 1973 Roger Pearson sostiene che la mobilità sociale fosse soprattutto intergenerazionale, piuttosto che intragenerazionale. «In molti casi, come ad esempio tra i celti, i teutoni, gli indo-ariani e gli iranici, come pure nella Grecia omerica e nella Roma repubblicana, si può dimostrare come il matrimonio fosse prevalentemente endogamico all’interno di queste classi [nobili, cittadini liberi e schiavi] limitando pertanto efficacemente la mobilità sociale intragenerazionale in favore di una struttura di tipo castale»37. Modelli di endogamia “di tipo castale” sono attestati per tutti questi gruppi, dove la prole illegittima assumeva lo status del genitore di rango più basso. Malgrado i modelli “di tipo castale”, esisteva una mobilità sociale intergenerazionale, nel caso cioè in cui gli schiavi potevano diventare liberti, i liberti cittadini liberi e questi ultimi potevano addirittura diventare nobili. Ciò permetteva ai «membri delle caste inferiori dotati di talento» di elevarsi senza produrre grosse perturbazioni nel sistema sociale38. La parentela conservò una certa importanza, col risultato che occorsero diverse generazioni affinchè i nuovi arrivati al potere potessero dare origine ad un forte gruppo parentale. In effetti, Pearson fornisce prove tratte da diverse culture indoeuropee in base alle quali la reputazione di un individuo richiedeva l’appartenenza ad un certo status (p. es. di cittadino libero) da almeno tre generazioni affinchè tale status gli fosse effettivamente riconosciuto. Pearson osserva come ciò sia coerente con un sistema di parentela di tipo omaha, che enfatizza i rapporti verticali (un individuo, suo padre, suo nonno) piuttosto che quelli orizzontali, più tipici delle società claniche39. Coerentemente con ciò, secondo il Codice Visigoto menzionato in precedenza soltanto il discendente di seconda generazione di un liberto poteva testimoniare in tribunale.
Tuttavia, come si vedrà più avanti, i gruppi IE non erano sicuramente di quelli impermeabili in quanto limitati ai membri della parentela: piuttosto, si basavano assai più sui risultati individuali, in particolare per chi era membro di un Männerbund.
In questo senso, i gruppi IE devono essere considerati come fondamentalmente individualisti. Come osserva Hans-Peter Hasenfratz, i confini tra le tre classi sociali nelle antiche società germaniche non erano rigidi. I guerrieri godevano del maggior prestigio sociale ed erano reclutati tra i contadini e tra i figli dei guerrieri. Inoltre, «uno schiavo poteva divenire libero grazie ad azioni coraggiose; un contadino poteva diventare un nobile, e un nobile un re»40.
Non sarà mai abbastanza sottolineato il fatto che al centro della società germanica vi erano i Männerbünde, i gruppi guerrieri maschili, dove i legami sociali tra uomini erano più importanti della classe sociale e trascendevano il gruppo di parentela. Le ricompense per i membri dipendevano dalla competenza in battaglia, e il sesso praticato con le donne catturate era una ricompensa importante. Essere un guerriero significava essere un uomo nel pieno senso della parola. Le funzioni di governo e quelle sacerdotali erano assai strettamente collegate, come nella Roma repubblicana più antica41. I sovrani potevano venire uccisi se si verificavano un’annata sfavorevole o un cattivo raccolto, e a volte i re potevano offrire se stessi come vittime espiatorie, accettando la responsabilità per il destino del gruppo42.
Simili divisioni in classi sociali sono state osservate da altri studiosi. Bente Magnus indica tre differenti classi nella società tradizionale scandinava, i thrall (schiavi, servi) i contadini liberi e il conte43. La proprietà era amministrata dagli individui in nome della loro stirpe, sebbene nell’età vichinga (a cominciare dall’800 d. C. circa) «il potere della stirpe sulla terra fosse diminuito»44. A sostegno della possibilità di una mobilità sociale ascendente in queste società, troviamo schiavi che potevano diventare liberi se lavoravano la terra. Negli insediamenti esisteva di solito una fattoria più grande rispetto a quelle circostanti, «che suggerisce una qualche sorta di dominio»45.
Un altro aspetto individualistico dei Männerbünde che indubbiamente accresceva il loro dinamismo era il fatto che lo status ereditato contava poco. I due terzi circa della ricchezza di un capo venivano seppelliti o bruciati alla sua morte, mentre il rimanente andava ai viventi, così che anche i figli dei capi dovevano dar prova di sé nell’accumulare ricchezza e potere. Secondo una saga islandese menzionata da Hasenfratz, i figli di re e di conti potevano ereditare terreni, ma non denaro. Il denaro veniva sepolto col padre. Ciascun figlio doveva dimostrare quanto valeva in battaglia e nelle scorrerie. «E anche se i figli ereditavano le terre, essi non erano in grado di mantenere il loro status, nella misura in cui l’onore contava qualcosa, se non rischiando la loro vita e quella dei loro uomini in battaglia, guadagnandosi la propria ricchezza e la propria fama e seguendo in tal modo le orme dei consanguinei»46. Vediamo qui, nuovamente, l’importanza della fama e dell’onore conseguiti attraverso le imprese militari.
Sippe e Männerbünde. Il termine germanico Sippe si riferisce ad un gruppo di individui nati liberi e uniti da legami di sangue; tale concetto non si applica agli schiavi. I matrimoni avvenivano all’interno della Sippe, e la unioni endogamiche erano comuni. Le saghe descrivono perfino matrimoni tra fratello e sorella, e ad un gruppo di divinità, i Vanir, era consentito di sposarsi tra fratelli.
Ciò suggerisce una società fortemente basata sui rapporti parentali. Esistevano tuttavia dei modi per ridurre l’importanza della parentela. I figli venivano spesso affidati a famiglie di rango superiore, creando così dei legami non basati sulla parentela. Accogliere ospiti per una durata di tempo fino a tre notti era un’usanza diffusa, e talvolta si procurava al visitatore una moglie o un’altra donna. Anche la pratica del dono cementava i legami sociali, obbligando chi riceveva a dare più di quanto aveva ricevuto. Si può osservare talvolta un senso di parentela non biologico: in una saga un uomo ne uccide un altro ed è quindi costretto a sposare la sorella del deceduto e a dare al figlio [da lei avuto] il nome dell’ucciso47!
La più importante di queste forze capaci di ridurre l’importanza della parentela era lo stesso Männerbund, perché era trasversale alla Sippe ed era basato non sui legami di parentela, ma su legami territoriali tra uomini della stessa età. Il Männerbund era superiore alla Sippe nel senso che era detentore di una “giustizia censoria” nel caso in cui il familismo della Sippe sfuggiva al controllo48. (Il Männerbund fu assunto dal nazionalsocialismo quale forma sociale ideale, che sostituiva la famiglia e si basava sull’onore e sul dovere)49.
Vi erano inoltre delle istituzioni che trascendevano la Sippe, nate come convocazioni religiose e poi evolutesi nell’Althing, un luogo sacro in cui le dispute tra le Sippe venivano appianate, i wergild [guidrigildi] venivano pagati, ecc. Si verificavano anche matrimoni all’esterno della Sippe, che talvolta portavano a conflitti con la Sippe della moglie dato che i fratelli di costei si sentivano in obbligo di proteggerla. Conflitti di questa natura possono essere stati una delle ragioni che resero attraente il cristianesimo agli occhi degli antichi popoli germanici, dato che questa religione relativizzava l’importanza degli obblighi di parentela50.
Le punizioni pubbliche erano inflitte da «una comunità legale che trascendeva la sib [Sippe]» (l’Althing in Islanda) che gestiva le proscrizioni, le esecuzioni51 e le richieste di wergild. I Männerbünde comminavano anch’essi punizioni che trascendevano la Sippe e che potevano talvolta degenerare in terrorismo.
Per quanto dunque elemento di indubbia importanza, la Sippe basata sulla parentela era subordinata ad istituzioni di livello superiore non basate sulle relazioni parentali. Suggerendo anch’egli un’importanza relativa della Sippe, David Herlihy osserva come tra le tribù germaniche la Sippe «si incontri raramente nelle fonti più antiche»52. In breve, «la Sippe germanica […] cominciò ad indebolirsi e a perdere funzioni e visibilità sul Continente già all’inizio del Medioevo», mentre al contrario l’Irlanda «rimase ancora a lungo legata alle sue istituzioni arcaiche»53 (cfr. cap. 4).
L’individualismo aristocratico nell’antica Grecia.
Il carattere di libero mercato della società IE non è coerente con l’idea di un governo dispotico. Se infatti gli individui sono liberi di scegliere i loro capi e di abbandonare quelli che si dimostrano inetti o non li ricompensano adeguatamente con doni generosi, non possono sorgere sovrani dispotici. Il dispotismo implica che gli altri non abbiano la libertà di perseguire i loro interessi. Vi è una grande differenza tra essere primo tra gli eguali ed essere un despota.
Le descrizioni della cultura greca del periodo miceneo (1600-1100 a. C.) fatte tanto da Omero quanto da Duchesne sono in linea con l’ipotesi dell’egualitarismo aristocratico. Gli aristocratici sono guerrieri che compiono azioni eroiche per procurarsi una fama immortale54. Il [loro] governo non è dispotico, ma al contrario implica ampie discussioni e dibattiti sul da farsi. I sovrani agivano dopo essersi consultati con gli altri aristocratici. Per Achille e gli altri eroi greci il fato era una scelta, spesso tragica. «Vi è inoltre uno spirito di esagerata fiducia nella capacità umana di lottare, nei momenti di paura e di dubbio, contro gli ostacoli più difficili»55. «Gli dei parlano come se si rivolgessero a loro pari, “con cortesia cavalleresca”, offrendo il loro consiglio, dicendo [agli eroi] come sia meglio seguire gli dei, se lo desiderano, mentre gli eroi comunicano con gli dei e rispondono senza perdere la loro libertà e il loro onore»56.
Sorprendentemente, Ippocrate (460-370 a. C.) il fondatore della medicina, considerava i greci sostanzialmente differenti dai persiani in base ad un’ottica notevolmente coerente con la tesi di Duchesne: «Gli europei […] erano indipendenti, disposti ad assumersi dei rischi, aggressivi e bellicosi, mentre gli asiatici erano pacifici al punto di essere privi di iniziativa, “non padroni di se stessi […] ma dominati da despoti”»57, un altro modo per dire che la loro partecipazione alla guerra era imposta, non volontaria.
Gli eroi IE, nell’antica Grecia e altrove, erano, prima di ogni altra cosa, degli individui, uomini che si distinguevano dagli altri per le loro imprese compiute alla ricerca della fama personale, come mostrano questi versi del Beowulf:
Poiché tutti dobbiamo aspettarci di lasciare / la nostra vita su questa terra, dobbiamo guadagnarci una qualche fama / se possiamo, prima di morire; l’audacia è la cosa / per la quale un combattente viene ricordato. / […] Un uomo deve agire così / quando intende costruirsi in battaglia / una gloria che duri a lungo; non è la vita ciò a cui pensa58.
Inoltre, come nel caso delle culture militari di libero mercato basate sulla scelta volontaria del capo, le culture urbane occidentali dell’antichità mantennero un approccio liberista verso altri ambiti della cultura, in particolare riguardo ai sistemi di credenza (ideologie) e alla scienza. Perciò, nella Grecia classica (vale a dire dopo il periodo omerico)
la base fondamentale della vita civile e culturale greca era l’ethos aristocratico dell’individualismo e della competizione che pervadeva la cultura [indoeuropea]. La letteratura ionica era distante dal mondo dei berserkers, e tuttavia era altrettanto fortemente competitiva. Le nuove opere drammaturgiche, filosofiche e musicali erano proposte in prima persona, come in una gara sportiva per la ricerca della verità […] Nella Grecia aristocratica non esistevano “Possessori della Via”; non c’erano saggi cinesi decorosamente deferenti verso i loro superiori e pretendenti un’adeguata deferenza dai loro subordinati. La ricerca della verità era aperta a tutti, e ciascun filosofo competeva per il prestigio intellettuale con un tono polemico, col quale cercava di screditare le teorie altrui e di promuovere le proprie59.
Ciò sottolinea la natura individualista delle imprese scientifiche. I movimenti scientifici sono gruppi altamente permeabili i cui membri sono pronti alla defezione qualora trovino una teoria migliore o i nuovi dati emersi non incontrino una spiegazione: un sistema liberista delle idee. D’altro canto, La Cultura della Critica sottolinea il contrasto tra la tradizione individualista della scienza occidentale e diversi movimenti intellettuali del XX secolo composti da seguaci servili gravitanti attorno a leader carismatici che esponevano dogmi preclusi a qualsiasi smentita empirica60. Gli individui convinti dal proprio giudizio ad adottare teorie differenti o a rifiutare dogmi fondamentali (come p. es. il complesso di Edipo freudiano) venivano semplicemente espulsi, solitamente con una grandine di invettive; il dissenso non era tollerato. Tali movimenti somigliavano molto più a gruppi autoritari ruotanti attorno a un despota che a ricercatori della verità individualisti.
Nonostante il loro individualismo, gli antichi greci mostrarono anche una tendenza ad un atteggiamento esclusivo (etnocentrico) maggiore rispetto ai romani61 o ai gruppi germanici che divennero dominanti in Europa dopo la caduta dell’Impero d’Occidente (si veda più avanti). Oltre ad un senso di appartenenza ad una più ampia cultura greca, i greci avevano un forte senso dell’appartenenza ad una particolare città-stato, e questo sentimento si radicava in un senso di etnicità comune profondamente intrecciato con i comportamenti religiosi. A differenza dei romani e malgrado la lingua e la cultura comuni, i greci «non superarono mai la natura esclusiva delle loro istituzioni per formare un’unione duratura»62.
La polis fu dunque sia esclusiva (al servizio dei soli cittadini, tipicamente definiti in base al sangue) che comunitaria (aderente a un ideale di cittadino-soldato in base al quale ci si attendeva che tutti si sacrificassero per la comunità). La città-stato significava, per il greci, il popolo (si definivano sempre come “gli ateniesi” o “gli spartani”) i loro antenati e i loro dei: «ciò spiega il patriottismo degli antichi, un sentimento vigoroso che fu per loro la virtù suprema, nella quale tutte le altre culminavano»63; «la pietà degli antichi era amore per il paese»64. Così si esprime Guillaume Durocher:
Già da un’epoca piuttosto antica la democrazia ateniese si tinse di ciò che Susan Lape chiama un’«ideologia razziale»65. Mentre Erodoto aveva affermato che la popolazione ateniese era il prodotto di una mescolanza tra i coloni ellenici e gli autoctoni pelasgi, gli ateniesi sostenevano di essere razzialmente puri, in contrapposizione agli altri greci, essendo nati direttamente dal suolo attico come veri autoctoni66.
Similmente, Sparta era essenzialmente uno stato etnico, dove gli spartiati fortemente xenofobi dominavano una popolazione conquistata e resa schiava, gli iloti, dalla quale si mantennero separati, senza matrimoni misti, per centinaia di anni67.
Pertanto il patriottismo greco, basato sulle credenze religiose e sul senso del legame di sangue, era in pratica fortemente centrato sulla singola città, facendo di tali aspetti l’interesse supremo, con scarsa considerazione per questioni imperiali, per alleati o in generale per gli altri greci.
L’individualismo aristocratico tra i popoli germanici dopo la caduta dell’Impero d’Occidente.
Quando l’Impero Romano occidentale decadde, l’Occidente ricevette un nuovo afflusso di sangue vitale dal ramo germanico degli IE.
Furono il vigore, l’audacia e il desiderio di conquista delle bande guerriere germaniche che tennero in vita l’Occidente. Questi uomini erano rozzi e illetterati, molto inclini ad attaccare briga, ma apportarono energia, audacia e di fatto un amore per la libertà sincero e privo di complicazioni, un intenso sentimento dell’onore e un’irrequieta passione per la battaglia, per l’avventura e per la vita68.
Anche durante quello che si ritiene essere stato il punto più basso della libertà e della democrazia occidentali, il periodo medievale, la reciprocità, elemento fondamentale della cultura IE, rimase visibile: «Il principio aristocratico della sovranità mediante il consenso fu il tratto caratteristico del governo feudale. Il re non era al di sopra dell’aristocrazia; egli era il primo tra i pari»69. La società medievale era una «società di proprietà fondiarie»: «regni, baronie, diocesi, comuni, gilde, università, ciascuna con importanti doveri e privilegi»70. Dunque, per quanto indiscutibilmente gerarchiche e addirittura basate sullo sfruttamento, le società medievali europee avevano una forte consapevolezza del fatto che le culture dovessero costruire un senso di coesione sociale sulla base della reciprocità, così che, con l’eccezione degli schiavi, la maggior parte dei membri, anche quelli più umili, prossimi al fondo della gerarchia sociale, avesse la sua parte nel sistema. E’ possibile concettualizzare tutto ciò come un’estensione della filosofia del Männerbund, dove ciascuno partecipava al successo del gruppo. L’ideale (e la notevole realtà) è quella che lo storico spagnolo Américo Castro ha definito «armonia gerarchica»71.
Il Codice Visigoto, in Spagna, illustra il desiderio di un governo non dispotico e di una coesione sociale risultante dal tenere in conto gli interessi di tutti (con l’eccezione degli schiavi). Quanto al dispotismo:
Si richiede che [il re] compia una diligente indagine circa la fondatezza delle proprie opinioni. Allora sarà evidente che egli avrà agito non per interesse privato, ma a beneficio del popolo; così che possa definitivamente apparire come la legge non sia stata fatta per un qualche vantaggio privato o personale, ma per la protezione e il profitto dell’intero corpo dei cittadini (Titolo I, II)72.
E proprio come i Männerbünde avevano un livello assai elevato di coesione sociale quale risultato del doni elargiti dai capi, così che ciascuno riceveva la propria parte della vittoria militare, la coesione sociale, nella società gotica, era vista come risultante dalla giustizia per tutti i cittadini e come motivazione per il popolo a «battersi contro il nemico». Nelle società individualiste i cittadini vedono il proprio interesse di “azionisti” coincidere con l’interesse del sistema nel suo insieme. Il re saggio crea coesione non mediante la coercizione, ma facendo in modo che ciascuno abbia la sua parte nel sistema:
Le leggi giuste sono essenziali alla coesione sociale di fronte ai nemici. Senza giustizia, il popolo non si batterà contro di loro. Non è questione di un astratto ideale morale, bensì di una necessità pratica […].
Perché l’amministrazione della legge è regolata dalla disposizione e dal carattere del re; dall’amministrazione della legge procede l’istituto della morale, dall’istituto della morale la concordia dei cittadini; dalla concordia dei cittadini il trionfo sul nemico. Pertanto un buon principe che governa bene il proprio regno, che compie conquiste mantenendo la pace in patria, che soverchia gli avversari stranieri diviene famoso sia come governante del suo stato, sia come vincitore dei suoi nemici, e avrà fama eterna in futuro; dopo la ricchezza terrena, avrà un regno celeste, dopo il diadema e la porpora, una corona di gloria, né cesserà di essere re; perché quando avrà lasciato il suo regno su questa terra e ne avrà conquistato uno in cielo, non vedrà diminuita, bensì accresciuta la sua gloria (Titolo II, IV)73.
La principale eccezione era costituita dal fatto che agli schiavi non erano riconosciuti i diritti associati alla condizione di cittadini liberi. Ad esempio, non era loro permesso di servire nell’esercito, composto da cittadini liberi che avevano la loro parte nel sistema; le preoccupazioni riguardo alla coesione sociale non riguardavano gli schiavi.
L’assenza di dispotismo e la fondamentale reciprocità che stavano al centro della cultura IE si possono osservare nel codice di leggi descritto nella Saga di Njal, che fu scritta nel tardo XIII secolo e che racconta una vicenda che ebbe luogo nell’Islanda precristiana tra il 960 e il 102074. Il sistema giuridico islandese era basato su quello dei paesi nordici, dato che gli scandinavi avevano colonizzato l’Islanda; esso riflette chiaramente una mentalità individualista. In questa saga Njal, un avvocato, tenta di mediare, arbitrare e portare in tribunale alcune controversie tra islandesi, e il lettore viene così introdotto al sistema giuridico comunemente diffuso nell’Europa scandinava mille anni fa:
- modesti contadini potevano far causa anche a potenti signori feudali e avere la possibilità di presentare le loro ragioni davanti a un tribunale;
- venivano impiegati ufficiali giudiziari per convocare gli imputati in tribunale, dichiarando a voce le rivendicazioni fatte nei loro confronti; e gli imputati accettavano la notifica ripetendo quanto dichiarato parola per parola;
- i casi venivano giudicati da tribunali distrettuali, e se una delle parti non accettava il verdetto poteva appellarsi all’Althing (un tribunale superiore) per un riesame del processo;
- un tribunale aveva giurisdizione personale su un imputato soltanto se questo aveva compiuto le proprie azioni entro quella giurisdizione, o aveva prestato omaggio al suo godi, o signore feudale;
- i giurati avevano una funzione inquirente, e le parti potevano esercitare obiezioni perentorie onde esonerare dal processo un certo numero di potenziali giurati per una qualsiasi ragione o anche senza motivazione;
- gli avvocati potevano rappresentare le parti interessate nelle udienze e potevano chiamare dei testimoni a deporre o per essere interrogati; le azioni legali potevano essere assegnate a terze parti, che potevano portare la causa in tribunale per conto loro;
- esisteva un sistema di diritto successorio in base al quale i possedimenti di un individuo deceduto venivano distribuiti tra i suoi eredi in modo equo; un sostitutivo detto “Jon” era utilizzato dagli avvocati scandinavi in maniera analoga all’uso che gli odierni avvocati fanno del “John Doe” per indicare le parti non identificate;
- sia i mariti che le mogli potevano intentare una causa di divorzio, fatto che sta ad indicare una relativa parità tra i sessi in paragone alle culture del Medio Oriente;
- un “declamatore della legge” eletto esponeva le leggi recitandole pubblicamente;
- infine, esisteva un corpo relativamente ben compreso di leggi, diritti, procedure legali e pene specifiche per i crimini.
Qual era il grado di omogeneità etnica dei gruppi germanici nell’Europa della Tarda Antichità e dell’Alto Medioevo?
L’opinione accademica corrente tende a sminuire l’omogeneità etnica dei vari gruppi germanici che succedettero all’Impero Romano in Europa. Si tratta in parte di “correttezza politica” (una versione estrema della quale si trova ne Il Mito delle Nazioni di Patrick J. Geary, esplicitamente inteso a razionalizzare l’attuale fenomeno migratorio in Europa, giunto a livelli di deportazione75). Ciò nondimeno, posto il modello di base della conquista IE e della sottomissione delle popolazioni locali da parte di gruppi militari maschili sopra descritto, non sarebbe affatto sorprendente trovare che questi gruppi non erano etnicamente omogenei, almeno in origine. Comunque, date le tendenze degli IE all’assimilazione e le prospettive di mobilità ascendente dipendenti dai risultati personali, unitamente al fatto che le conquiste originarie furono completate intorno a 4500 anni fa, vi sarebbe stato tempo sufficiente per creare gruppi etnici significativamente omogenei anche in culture originariamente dominate da élite estranee.
I Goti, di Peter Heather, è un testo insolito, in quanto tenta di dare una risposta alla questione fondamentale dell’omogeneità etnica dei vari gruppi interni e vicini all’Impero Romano nei primi secoli dell’era cristiana76. E’ attualmente un atteggiamento più o meno universale, tra gli studiosi, quello di rigettare l’idea che gruppi come i goti fossero etnicamente omogenei così come li rappresenta, ad esempio, Tacito. Un gruppo etnico in senso stretto sarebbe unito per il fatto di avere antenati comuni e di essere originario di un particolare territorio.
Heather respinge una teoria dell’etnicità meramente strumentale come quella di Frederick Barth77, in cui le persone possono facilmente cambiare la loro appartenenza etnica e sceglierla liberamente; in quest’ottica le barriere etniche sono costruite socialmente piuttosto che fondate su legami vincolanti di parentela biologica. Questa prospettiva generale si combina, tipicamente, con l’idea che le élite spesso promuovano ideologie di etnicità «per creare un senso di solidarietà nelle popolazioni subordinate e legate ad esse»78.
All’estremo opposto dello spettro teorico, i primordialisti sottolineano che l’etnicità non si può cambiare facilmente, né è tipicamente considerata intercambiabile. Heather assume una posizione intermedia, per la quale le differenti teorie dell’etnicità si devono confrontare con le situazioni particolari, e soltanto la ricerca empirica può rispondere alla domanda su quale prospettiva meglio si adatti ad una particolare situazione; un punto di vista che trovo alquanto sensato, ma che, al di là del lavoro di Heather, viene raramente applicato. La visione tradizionale è quella secondo cui i goti erano originari della Scandinavia, si espansero a sud verso la Polonia e il Baltico e si divisero in due gruppi separati, gli ostrogoti e i visigoti, governati da due famiglie reali, rispettivamente i Balthi e gli Amals. Heather suggerisce che i dati sono compatibili col fatto che un numero ridotto di clan aristocratici goti sia migrato dalla Scandinavia alla Polonia settentrionale79. Ma poiché la cosa resta dubbia, egli fa cominciare la storia gotica con un gruppo insediato presso la Vistola, nella Polonia del nord, nel I secolo d. C. In un commento che descrive le migrazioni dei Männerbünde IE, egli osserva che «una serie di gruppi armati lasciò la Polonia settentrionale per ritagliarsi nuove nicchie ad est e a sudest dei Carpazi […] Almeno una parte di questo movimento fu portato avanti da bande di guerrieri: gruppi di giovani uomini in cerca di bottino […]. Tacito segnala che la banda di guerrieri era una caratteristica tipica della società germanica del primo secolo ed era ancora comune nel quinto»80.
Malgrado il ruolo centrale dei Männerbünde, Heather ritiene, sulla base dei reperti archeologici, che dell’ondata migratoria facessero parte anche donne e bambini81. Inoltre questi gruppi rappresentavano un esempio dell’egualitarismo aristocratico che abbiamo descritto in precedenza:
Processi di differenziazione sociale avevano creato tra i goti, verso il IV secolo, una potente élite politica composta da una classe di uomini liberi tra i quali esistevano già sostanziali differenze di ricchezza. Queste potevano essere abbastanza ampie e rigide da permetterci di considerare i più cospicui tra quegli uomini liberi almeno come una quasi-aristocrazia. Controllare tali uomini era tutt’altro che facile. Le fonti migliori ritraggono i capi goti del IV secolo impegnati a “sollecitare” e a “persuadere” i loro seguaci, piuttosto che a dare loro semplicemente degli ordini, e i consigli dei capi potevano essere respinti82.
Verso il IV secolo, quindi, esisteva nelle società germaniche, e in particolare tra i goti, «un’élite ben radicata»83. Possiamo vedere il tipico modello IE: scrivendo nel I secolo d. C., Tacito osservava come i capi avessero un «seguito di giovani uomini in età militare»84, ossia eserciti privati; il principale organo esecutivo era, comunque, pubblico: il comitatus, composto da maschi adulti e con funzioni militari, giudiziarie e politiche. Col IV secolo, Heather suggerisce un cambiamento in direzione di eserciti dominati da condottieri con un grande potere sociale, piuttosto che dal comitatus85.
Importante è l’affermazione di Heather secondo la quale la classe politicamente significativa tra i goti del V secolo «ammontava ad almeno un quinto (e forse anche di più) dell’intera popolazione maschile composta di 25.000-30.000 individui»86. Questo gruppo è probabilmente quello degli uomini liberi cui fanno riferimento i codici di leggi germanici altomedievali. Non si tratta di una piccola cerchia interna, ma di un gruppo piuttosto consistente: «Il potere non era appannaggio esclusivo di un gruppo assai ristretto di famiglie»87. Coerentemente con molti altri dati esaminati in precedenza, in un’ampia serie di gruppi germanici erano presenti tre classi generiche: i liberi, i liberti o semiliberi e gli schiavi88. «Tali gruppi erano, almeno in teoria, separati tra loro tramite severe leggi che proibivano i matrimoni misti, e le classi non libere erano considerevolmente svantaggiate. Caratteristico è il fatto che i loro membri ricevessero punizioni più severe a parità di crimine e che fossero privi di autonomia legale»89.
Esaminando l’influente punto di vista secondo il quale l’identità di gruppo era impersonata da un «gruppo molto ristretto di clan aristocratici dominanti»90, Heather concorda sul fatto che le cose stessero così nei secoli VI e VII, ma esprime dubbi riguardo al IV secolo, che egli caratterizza come dominato da «un’élite che rimaneva relativamente numerosa: un’ampia casta sociale di nobili emergenti e di uomini liberi, piuttosto che una classe aristocratica assai ristretta»91, stimando il numero dei goti “pienamente emancipati” tra 5000 e 10.000 per ciascuna generazione92. Questa classe pienamente emancipata aveva una parte assai più consistente nel sistema: nella guerra con Bisanzio (535-554 d. C.) i goti ricevettero poco aiuto dai romani, e quelli tra loro che non appartenevano alle élite si arresero. Per contro, la determinazione delle élite si indebolì soltanto quando le loro donne e i loro bambini vennero catturati.
Ciò suggerisce che nella misura in cui si procede verso il Medioevo i gruppi vennero ad essere sempre più dominati da ristrette élite simili a clan che esercitavano il loro potere su coloro che non erano considerati parte del clan; ci troviamo cioè di fronte ad élite costituite su base familiare che tendevano allo sfruttamento, perchè non si percepivano legate al resto della popolazione. Pertanto, nella Spagna visigota del VII secolo l’élite a base ampia venne sostituita da una «nobiltà dominante con diritti profondamente radicati»93. Processi paralleli si verificarono in tutti gli stati che succedettero all’Impero Romano d’Occidente: «Verso la fine del VII secolo i “franchi” della Neustria erano un gruppo formato all’incirca da una mezza dozzina di clan collegati tra loro»94.
Dunque, nelle società emergenti del Medioevo le élite dominanti sembrano avere agito come clan in contrapposizione al resto della società, privo di un’identità propria. «E’ anche possibile che la divisione della società gotica in caste distinte fosse essa stessa il risultato dei processi di migrazione e di conquista […] Gli immigrati conquistatori, ad esempio, potrebbero essersi trasformati in una casta d’élite di uomini liberi trasformando le popolazioni indigene conquistate, o alcuni elementi di esse, in subordinati, schiavi o liberti che fossero»95.
Ciò contrasta con la situazione creatasi quando gli unni, una popolazione asiatica, dominarono i goti. Le popolazioni non unne rimasero separate e subordinate, continuando a mantenere la loro identità di gruppo, probabilmente per via della differenza genetica e culturale tra unni e germani e per la tendenza relativamente inferiore degli unni all’assimilazione, in quanto popolazione non europea.
Heather perciò avanza l’ipotesi che essere un goto nel IV secolo fosse un’opzione aperta a chiunque ne accettasse le regole. I goti erano più simili a un esercito che a un popolo; un punto di vista comune tra gli storici è che questi gruppi tendessero ad essere prevalentemente (ma non esclusivamente) maschili, ma che «fossero composti da un’ampia mescolanza di elementi etnici, non solamente da goti»96. Riferendosi a testimonianze secondo le quali in tali gruppi erano presenti donne e bambini, Heather osserva che «queste testimonianze rendono assai difficile non vedere il seguito di Teoderico [re dei goti] come un gruppo sociale a base allargata impegnato in una migrazione su vasta scala, più o meno del tipo che tradizionalmente ci si immagina»97.
Pertanto, i regni goti del IV secolo
erano già multietnici […]. Essi probabilmente consistevano in una élite immigrata che ne definiva la natura, composta di quasi-nobili e di uomini liberi che erano i principali portatori della “goticità”. Questi immigrati coesistevano, comunque, con tutta una serie di subordinati, e i confini tra i gruppi erano soggetti a fluttuazioni […] Il fatto che la sopravvivenza e il profitto rispetto al potere romano fornissero un forte impulso alla creazione di nuovi supergruppi depone in parte a sfavore dell’importanza di una preesistente etnicità gotica. Ciò che veramente importava era l’appartenenza ad un ampio gruppo, non la sua composizione. Potremmo dunque aspettarci che l’esperienza condivisa del periodo delle migrazioni abbia prodotto un certo grado di omogeneizzazione, vale a dire l’assorbimento di subordinati nell’élite. I gruppi avevano bisogno di restare uniti per sopravvivere98.
Ritengo probabile […] che vi fosse un substrato di identità gotica comune agli individui goti del IV secolo che godevano dello status decisivo di uomini liberi. Esso venne tuttavia sommerso da altri strati di identità di tipo più particolare e distinto (tervingi, greuthungi, ecc.). Solo quando gli unni e i romani ebbero distrutto questi strati esterni che si interponevano tra loro, un senso più generale della goticità (col concorso di circostanze di pericolo e di opportunità) potè essere utilizzato per creare i nuovi supergruppi. Anche così, la goticità non fu un concetto a tal punto esclusivo che nuovi aspiranti membri venissero respinti. La “goticità” dei nuovi supergruppi fu pertanto una complessa mescolanza di status sociali rivendicati e riconosciuti, di somiglianze preesistenti e di preponderante pressione delle circostanze99.
Data la disponibilità delle società gotiche ad assorbire gruppi differenti, non sorprende che i goti si assimilassero all’originaria aristocrazia terriera romana. Dapprima i romani si volsero alle occupazioni ecclesiastiche, si rifugiarono nelle biblioteche o prestarono servizio “in massa” nell’esercito goto. Ebbero inizio i matrimoni misti con i goti, col risultato di un’assimilazione generale.
In Italia, ad esempio, l’assimilazione fu diffusa. L’Italia ostrogota era molto romana: re Teoderico (454-526) restò affascinato dalla cultura romana e considerò il proprio regno come la continuazione dell’Impero Romano100. La sua famiglia perseguì alleanze matrimoniali con altre élite (vandale, visigote, burgunde) dando in spose parenti femmine. Heather sostiene che nella Spagna visigota, verso il 700 d. C., «la classe dei proprietari terrieri della penisola (un miscuglio di goti immigrati e di romani indigeni) aveva tracciato, tramite la guerra e il matrimonio, la propria strada verso l’unità e la sintesi, sotto la bandiera dell’interesse goto»101.
Come già osservato in precedenza, a prevalere fu il principio del risultato individuale, piuttosto che i legami di parentela: quando Teoderico morì, i goti sostituirono il suo successore con una persona che non era suo parente, visto che il nipote del defunto, Teodato, era un capo mediocre. «Il nuovo re, Vitige, fece osservare che egli apparteneva alla dinastia di Teoderico non per sangue, ma perché le sue azioni erano di analoga levatura»102.
Com’era tipico delle società indoeuropee, per i seguaci il fattore determinante non era la parentela, ma il fatto che sarebbero stati ricompensati col bottino delle conquiste, cosa che indica la persistente importanza del dono, piuttosto che dei legami parentali, per tenere unite le coalizioni. Come osserva Heather, «il signore che distribuisce la debita ricompensa al coraggioso è un personaggio caratteristico della poesia eroica germanica»103.
L’etnicità rimase importante nei primi tempi successivi alla conquista. Le dispute tra goti e romani venivano arbitrate da due giudici, uno per ciascun gruppo. Ma alla fine i matrimoni misti divennero consueti104. All’epoca della morte di Teoderico (526 d. C.), «le popolazioni erano ancora distinguibili, ma un processo di fusione culturale era ormai bene avviato».
Riassumendo, in origine i goti avevano un carattere significativamente identitario: nel IV secolo, tra il 20% e il 50% di loro era costituito da una classe di uomini liberi che possedeva almeno un senso dell’identità gotica, se non un senso di parentela biologica (di quest’ultima Heather non parla in modo esplicito). L’identità di gruppo rivestiva in ogni caso una grande importanza in situazioni di minaccia o di espansione. Dopo che i goti ebbero ottenuto il dominio della Spagna, il loro senso dell’identità di gruppo cominciò a dissolversi, per essere sostituito da un società maggiormente strutturata in classi, nella quale le élite erano composte sia da romani che da goti, con una elevata incidenza di matrimoni misti. La strategia familiare connessa alla classe sociale divenne più importante dell’identità di gruppo. Questo è un esempio eloquente della debolezza dei vincoli di parentela estesa tra i popoli occidentali e della loro tendenza a frammentarsi in assenza di minacce.
Si potrebbe vedere in ciò un paradigma di quanto accadde, in generale, ai gruppi IE. Tipicamente, essi conseguirono un dominio militare che aveva al suo centro un’élite di condottieri con un gruppo di seguaci significativo sul piano bellico. Le classi elitarie erano permeabili, così che dopo la vittoria le élite precedenti potevano continuare ad esistere e avevano luogo matrimoni misti (p. es. tra ispano-romani e goti, nella Spagna del VII secolo). Individui dotati di talento provenienti dai ranghi inferiori della società potevano elevarsi allo status di membri dell’élite.
Inoltre, l’identità del gruppo IE originario si affievolì col tempo, man mano che la società si evolveva verso una struttura maggiormente basata sulle classi. In situazioni più definite, le élite abbandonarono gradualmente i legami con la parentela estesa, che vennero invece a concentrarsi maggiormente sui parenti più prossimi. Queste élite di epoca posteriore perseguirono strategie familiari nelle quali le relazioni tra parenti stretti erano importanti, ma la struttura della società nel suo insieme non assomigliava affatto a quella di un clan. In età altomedievale le strategie familiari delle élite finirono per fossilizzarsi, stabilendo il principio della successione familiare al posto di quello della successione basata sul talento e sui risultati ottenuti.
Conclusione.
Gli IE furono un gruppo di straordinario successo, che ebbe di gran lunga la maggiore influenza sulla cultura europea nel corso di circa 4000 anni, fino al Medioevo e anche oltre. Provvisti di una tecnologia militare e alimentare innovativa, così come di una cultura che premiava sopra ogni altra cosa i risultati militari e consentiva la mobilità ascendente ai guerrieri più abili, gli IE costituirono un forza inarrestabile nel mondo antico. In Europa essi incontrarono popoli che condividevano il loro individualismo, se non altri aspetti della loro cultura. Comunque, dato che le barriere poste ai matrimoni misti crollarono piuttosto rapidamente, i maschi delle antiche genti europee riuscirono fare carriera nell’ambiente culturale IE; per questa ragione i razziatori vichinghi biondi e con gli occhi azzurri, che a livello popolare incarnano la cultura ipermaschile e aggressiva degli IE, non discendono direttamente dai popoli delle steppe dalla pelle e dagli occhi relativamente scuri che a quella cultura avevano dato origine105.
Il contributo IE al retaggio genetico e culturale dell’Europa è pertanto molto grande, per quanto estraneo possa apparire all’attuale cultura occidentale. E in effetti esso è estraneo: mentre la cultura IE era fortemente gerarchica, l’Occidente attuale è decisamente egualitario, e non soltanto all’interno di una classe aristocratica elitaria. Mentre la cultura IE era completamente militarizzata e premiava soltanto le virtù guerriere, la cultura occidentale contemporanea attribuisce valore ad un insieme di qualità personali del tutto differenti come l’empatia e il successo economico e ad una posizione relativamente elevata della donna.
Il compito dei successivi capitoli relativi alle origini e alle prospettive dell’Occidente sarà quello di delineare la nascita e gli sviluppi della componente egualitaria dell’antico Occidente, i suoi punti di forza e i suoi lati vulnerabili.
Note
- Oswald SPENGLER, The Decline of the West: Perspectives: Perspectives of World-History, Vol. II, tranns.
Charles Francis Atkinson, London, George, Allen & Unwin, 1928: 235.
- Ricardo DUCHESNE, The Uniqueness of Western Civilization, Leiden, Brill, 2011: 51.
- Vagheesh M. NARASIMHAN et al., The Genomic Formation of South and Central Asia, “bioRxiv”
(preprint), March 31, 2018 (https://biorixv.org/content/biorixv/early/2018/03/31/292581.full.pdf) [4] Ibid., 374
- Ibid., 376, 387, in corsivo nell’originale.
- David ANTHONY, The Horse, the Wheel and the Language: How Bronze-Age Riders from the Eurasian Steppes Shaped the Modern World, Princeton, NJ, Princeton University Press, 2007; edizione in brossura 2010: 161.
- Ibid., 137.
- Ibid., 155.
- Ibid., 201.
- Ibid., 221.
- Ibid., 221-24.
- Ibid., 302.
- Ibid., 405.
- Ibid., 239, evidenziato nell’originale.
- Ibid., 364.
- DUCHESNE, The Uniqueness of Western Civilization.
- Ibid.
- Hans-Peter HASENFRATZ, Barbarian Rites, trad. Michael Moynihan, Rochester, VT, Inner Traditions, 2011 (ediz. orig. tedesca Freiburg im Breisgau, Germania, Verlag Herder, 1999), 49.
- Mochael SPEIDEL, “Berserks”: A History of Indo-European “Mad Warriors”, “Journal of World History” 13, n. 2, 1992: 253-90, 253-54.
- HASENFRATZ, Barbarian Rites, 64-65.
- ANTHONY, The Horse, the Wheel and the Language.
- Lotte HEDEAGER, Iron Age Myth and Materiality: An Archaeology of Scandinavia, AD 400-1000, London, Routledge, 2011.
- Ibid., 115-18.
- ANTHONY, The Horse, the Wheel and the Language.
- Ibid., 303.
- Ibid., 343.
- Ibid.
- DUCHESNE, The Uniqueness of Western Civilization, 438.
- Ibid., 379.
- E’ interessante notare che Duchesne descrive Stalin come un classico despota. Stalin, originario della Georgia, avrebbe posseduto una personalità dispotica orientale, circondandosi di «soggetti servili» e necessitando in continuazione di «cori di pubblica approvazione per rafforzare il proprio ego»; DUCHESNE, The Uniqueness of Western Civilization, 424.
- ERODOTO, Storie, 7, 136 (http://www.bostonleadershipbuilders.com/herodotus/book07.htm).
- HAAK et al., Massive Migration from the Steppe Was a Source for Indo-European Languages in Europe.
- Kristian KRISTIANSEN et al., Re-Theorising Mobility and the Formation of Culture and Language among the Corded Ware Culture in Europe, “Antiquity”, 9, n. 356, 2017: 334-347.
- HAAK et al., Ancient DNA, Strontium isotopes, and osteological analyses shed light on social and kinship organization of the Later Stone Age, “Proceedings of the National Academy od Science”, 105, n. 47, November 25, 2008: 18226-18231.
- Ibid., 343.
- ANTHONY, The Horse, the Wheel and the Language.
- Roger PEARSON, Some Aspects of Social Mobiliy in Early Historic Indo-European Societies, “Journal of Indo-European Studies”, 1, 1973: 155-161.
- Ibid., 157.
- Le società occidentali hanno una parentela di tipo eskimo, che mette in primo piano la famiglia nucleare identificando direttamente soltanto la madre, il padre i fratelli e le sorelle. Tutti gli altri parenti sono raggruppati in categorie. Essa utilizza termini sia classificatori che descrittivi, distinguendo genere, generazione, parentela lineare (consanguinei in linea di discendenza diretta) e parentela collaterale (consanguinei che non sono nella linea di discendenza diretta). Il sistema eskimo è definito dal suo carattere “cognatico” o “bilaterale”, non facendo distinzione tra la parentela della linea paterna e quella della linea materna. Ciò è compatibile con il contributo dei CROc alle origini europee (cfr. cap. 3). Una sistema di parentela di tipo clanico nel senso pieno del termine è quello sudanese, come anche, ad esempio, quello cinese.
- HASENFRATZ, Barbarian Rites, 35.
- Gary FORSYTHE, A Critical History of Early Rome, Berkeley, University of California Press, 2005: 135.
- HASENFRATZ, Barbarian Rites, 40.
- Bente MAGNUS, Dwellings and Settlements: Structure and Characteristics, in Judith JESCH (ed.), The Scandinavians from the Vendel Period to the Tenth Century: An Ethnographic Perspective, Woodbridge, U. K., Boydel Press, 2002: 5-32.
- Ibid., 11.
- Ibid.
- HASENFRATZ, Barbarian Rites, 28-29.
- Ibid., 63.
- Ibid., 51.
- Ibid., 50. Hasenfratz osserva, in questo passaggio, come Männerbünde «notevolmente degeneri» attaccassero a volte fattorie isolate, violentando e depredando.
- Ibid., 55.
- Ibid., 56. L’impiccagione era la tipica pena per il tradimento; venne usata dal Terzo Reich per i traditori, come revival dell’antica pratica.
- David HERLIHY, Medieval Households, Cambridge, MA, Harward University Press, 1985: 44.
- Ibid., 55.
- DUCHESNE, The Uniqueness of Western Civilization, 399.
- Ibid., 417.
- Ibid., 418.
- Ibid., 484.
- Ibid., 438. [59] Ibid., 452.
- Kevin MACDONALD, The Culture of Critique: An Evolutionary Analysis of Jewish Involvement in
Twentieth-Century Intellectual and Political Movements, Bloomington, IN, AuthorHouse, 2002; ed. origin.:
Westport, CT, Praeger, 1998, cap. 6 e passim.
- Riguardo ai romani si veda l’Appendice al presente capitolo.
- Gary FORSYTHE, A Critical History of Early Rome: From Prehistory to the First Punic War by Prof.
Gary Forsythe, Berkeley, University of California Press, 2005: 368.
- Numa Denis FUSTEL DE COULANGES, The Ancient City: A Study on the Religion, Laws, and Institutions of Greece and Rome, Kitchener, Ontario, Batoche Books, 2001 (origin. pubblic. nel 1862), 166 (https://socialsciences.mcmaster.ca/econ/ugcm/3113/fustel/AncientCity.pdf).
- Ibid., 167.
- Susan LAPE, Race and Citizen Identity in Classical Athenian Democracy, Cambridge, Cambridge University Press, 2010: 59.
- Gillaume DUROCHER, Ancient Athens: A Spirited and Nativist Democracy, “The Occidental Quarterly”, 18, n. 3, Autunno 2018: 73-82, 78.
- Gillaume DUROCHER, Ancient Sparta: The First Ethnostate?, “The Occidental Quarterly”, 19, n. 4, Inverno 2019-2020, in corso di stampa.
- DUCHESNE, The Uniqueness of Western Civilization, 465.
- Ibid., 483, evidenziato nell’originale.
- Ibid., 484; sul sorgere della proprietà fondiaria nell’Europa medievale come fenomeno all’origine del governo rappresentativo si veda anche Michael MITTERAUER, Why Europe? The Medieval Origins of Its Special Path, trad. Gerald Chapple, Chicago, University of Chicago Press, 2010 (ed. tedesca origin. 2003).
- Américo CASTRO, The Structure of Spanish History, trad. Edmund L. King, Princeton, NJ, Princeton
University Press, 1954. 497; si veda anche Américo CASTRO, The Spaniards: An Introduction to Their History, trad. Willard F. King e Selma Margaretten, Berkeley, University of California Press, 1971. Castro sosteneva che l’Illuminismo non poteva svilupparsi in una Spagna pervasa dalla competizione tra due gruppi etnici, con riferimento al conflitto tra spagnoli ed ebrei: «Partendo da simili premesse era impossibile che ne derivasse un qualsiasi tipo di stato moderno, conseguenza, in fin dei conti, dell’armonia gerarchica del Medioevo» (The Structure of Spanish History, 497).
- The Visigotic Code (Forum judicum), trad. S. P. Scot, Boston, MA, Boston Book Company, 1910; versione online: The Library of Iberian Resources Online (senza nn. di pag.): http://libro.uca.edu/vcode/visigoths.htm.
- Ibid., Titoli II e IV.
- Kyle J. BRISTOW, Our White Common Law, “The Occidental Quarterly”, 15, n. 1, Primavera 2015: 63-
68.
- Patrick J. GEARY, The Myth of Nations: The Medieval Origins of Europe, Princeton, NJ, Princeton University Press, 2002.
- Peter HEATHER, The Goths, Oxford, Blackwell, 1996.
- Frederick Barth, Ethnic Groups and Boundaries, Long Grove, IL, Waveland Press, 1998.
- HEATHER, The Goths, 4.
- Ibid., 26.
- Ibid., 45.
- Ibid., 49.
- Ibid., 57.
- Ibid., 65.
- Ibid., 66.
- Ibid., 68. [86] Ibid., 73.
- Ibid., 76. Questi gruppi erano assai bellicosi. Heather menziona i problemi che i capi avevano nel controllare l’«entusiasmo marziale» dei loro seguaci.
- HEATHER, The Goths, 75.
- Ibid., 75. Ciò appare evidente nel Codice Visigoto menzionato in precedenza.
- Ibid., 88.
- Ibid., 88.
- Ibid., 273. [93] Ibid., 294.
- Ibid., 285. Si notino le virgolette apposte alla parola “franchi”, che indicano come la componente etnica si fosse dissolta.
- Ibid., 90. D’altro canto, la politica romana fu quella di frammentare i popoli conquistati e distribuirli ad ampio raggio nell’impero, al fine di indebolire i legami etnici.
- Ibid., 169.
- Ibid., 171-72.
- Ibid., 175.
- Ibid., 178.
- Ibid., 221.
- Ibid., 297. [102] Ibid., 239.
- Ibid., 243-44. Heather descrive Vitige e Teudi come «membri anziani dei due clan che dominarono il trono dopo che la dinastia degli Amali era stata estromessa» (ibid., 247). Gli studiosi di storia medievale hanno osservato che la successione tende a diventare un problema quando manchi un figlio adulto pronto a salire al trono (ibid., 253).
- Ibid., 257.
- Sandre WILDE et al., Direct Evidence for Positive Selection of Skin, Hair and Eye Pigmentation in
Europeans during the Last 5,000 Y, “Proceedings of the National Academy of Science” 111, n. 13, April 1, 2014: 4832-4837, 4835.