INDIVIDUALISMO E TRADIZIONE PROGRESSISTA OCCIDENTALE: Capitolo 4, LE BASI FAMILIARI DELL’INDIVIDUALISMO EUROPEO

INDIVIDUALISMO E
TRADIZIONE PROGRESSISTA OCCIDENTALE.
Origini evolutive, storia e prospettive future.
traduzione italiana di Marco Marchetti

LE BASI FAMILIARI DELL’INDIVIDUALISMO EUROPEO1.

Esiste un consenso tra gli studiosi di storia della famiglia sul fatto che la struttura della famiglia nell’Europa nordoccidentale sia unica: Mary S. Hartman l’ha definita un modello “strano” e “aberrante”2. Comunque, si discute riguardo all’epoca precisa a partire dalla quale tale modello familiare diventa distinguibile, come pure riguardo alle sue origini. Un’opinione comune tra gli storici è stata quella secondo cui l’unicità europea è derivata dalla creazione del capitalismo e di un sistema di stati nazionali3: una prospettiva ancora da tracciare, calata dall’alto, che postula un ruolo centrale delle élite. Ma gli storici della famiglia hanno prodotto prove del fatto che tale peculiare struttura familiare preceda di molto quei caratteri della modernizzazione occidentale e che, in effetti, essa abbia avuto un ruolo causale primario nella creazione del mondo moderno4. Questa seconda prospettiva si accorda bene con la visione biologica qui elaborata, perché individua la struttura familiare come una variabile centrale soggetta all’analisi evoluzionistico-biologica.

 

Il matrimonio nell’Europa occidentale: alcune differenze fondamentali.

 

Il modello standard di matrimonio nelle società non occidentali ad agricoltura intensiva, comprendenti anche l’Europa meridionale e orientale, era quello in cui il controllo veniva esercitato dai genitori e la donna era considerevolmente più giovane dell’uomo (in media di 7-10 anni). La coppia si trasferiva nella medesima dimora dei genitori dello sposo dando luogo ad una coabitazione multifamiliare (sovente indicata come famiglie congiunte) nella quale gli individui erano inseriti nelle reti della parentela estesa patrilineare. Era un fatto insolito che le persone non si sposassero. Nell’Europa meridionale e centrale tali famiglie erano monogamiche, ma spesso in altre aree, come nel Medio Oriente, non era così.

Esistevano differenze di rilievo tra le regioni in cui erano diffuse le famiglie congiunte e il modello familiare presente in Inghilterra, Paesi Bassi, Scandinavia, Francia settentrionale, nei paesi di lingua tedesca e nell’Italia del nord (colonizzata dalla popolazione germanica dei longobardi). Queste differenze risalgono almeno al Medioevo e qui sosterremo la tesi che esse rimontino alla preistoria e che abbiano avuto una probabile origine evolutiva.

Nell’Europa nordoccidentale 1) il matrimonio era monogamico; come osservato nei capitoli 2 e 3, la monogamia è una caratteristica primordiale degli europei discendenti dagli IE (p. es. la cultura della Ceramica Cordata) e dai CR; 2) il matrimonio tardivo era comune (tranne che per l’aristocrazia); 3) gli sposi avevano un’età simile; 4) gli individui non sposati, specialmente le donne, erano relativamente frequenti; 5) significativamente, la coppia di sposi si sistemava in maniera indipendente dai loro parenti e dalle famiglie estese; e 6) ad eccezione delle élite (che si conformarono al modello soltanto molto più tardi) il matrimonio non era combinato dai genitori, ma dipendeva dalla scelta individuale degli sposi5. Poiché le famiglie aristocratiche si discostavano da questo modello in maniera significativa, questo regime matrimoniale non può essere considerato come un’influenza culturale imposta dall’alto.

I due modelli di struttura familiare tendevano ad avere un numero di membri simile, ma la differenza stava nel fatto che nell’Europa nordoccidentale le persone in più rispetto ai membri della famiglia in senso stretto erano servitori, non parenti6. Perciò il modello dell’Europa nordoccidentale era quello di una famiglia staccata dalle reti della parentela estesa, situazione alquanto dissimile rispetto al modello diffuso tra le culture basate sull’agricoltura intensiva nel resto del mondo. Inoltre, siccome gli individui creavano una loro vita domestica economicamente indipendente, il modello familiare europeo nordoccidentale incoraggiava il risparmio negli anni precedenti il matrimonio e la pianificazione per il futuro, quando il matrimonio sarebbe diventato possibile7.

A causa dell’importanza della proprietà e del rango sociale, i matrimoni tra gli aristocratici si basavano più raramente sulle caratteristiche personali, e fu soltanto col XVIII secolo che anche nell’alta aristocrazia penetrò l’idea che il matrimonio dovesse presupporre l’affetto e l’amicizia tra gli sposi8. Ciò rifletteva la politica della Chiesa riguardo al matrimonio, che implicava una forte enfasi sul consenso e sull’affetto tra i coniugi. Nel XVIII secolo le relazioni intime fondate sull’affetto e sull’amore vennero universalmente considerate come la base più adatta del matrimonio monogamico da tutte le classi sociali, compresi i proprietari terrieri aristocratici9. Come appare dai racconti di Jane Austen, tra i proprietari terrieri l’ideale era un matrimonio nel quale si combinassero proprietà e vincoli di attrazione personale e tra questi, in primo luogo, l’amore romantico.

Ciò contrasta fortemente con le società non occidentali. «Mentre nelle società industriali occidentali la relazione emotiva tra marito e moglie è fondamentale, essa non rappresenta il perno della struttura sociale nella maggior parte delle altre società»10. In effetti, ciò costituisce un generale elemento di contrasto tra le società stratificate orientali e quelle occidentali11. L’idealizzazione dell’amore romantico quale base del matrimonio monogamico ha anche caratterizzato periodicamente i movimenti intellettuali laici dell’Occidente, come lo stoicismo della tarda Antichità e il romanticismo del XIX secolo12. Ciò non significa che nelle altre società non esistano l’amore e l’affetto tra i componenti della coppia; il fatto è che nelle società occidentali si pone su tali aspetti un’enfasi maggiore, al punto che essa viene ad essere la prima condizione del matrimonio. Così come ciò non significa che le considerazioni riguardanti la ricchezza e lo status sociale non abbiano importanza nelle società occidentali; il fatto è che l’amore romantico e l’attrazione personale sono divenuti condizioni necessarie per la scelta di un compagno appropriato, e questo, alla fine, anche tra gli aristocratici.

La pratica di accogliere nell’ambito familiare servitori non legati da vincoli di parentela merita notevole attenzione, perché una semplice considerazione di carattere economico appare inadeguata a spiegarla. Nell’Inghilterra preindustriale una percentuale di giovani tra il 30 e il 40 per cento lavorava a servizio di altre persone, costituendo la più ampia fascia occupazionale fino al XX secolo13. La pratica di prendere persone a servizio andava al di là del provvedere alle proprie necessità avvalendosi di altri. Talvolta la gente mandava i propri figli a servizio presso altre case, accogliendo al contempo presso di sé dei servitori non legati da vincoli di parentela14. Non erano soltanto i figli dei poveri e delle persone prive di proprietà terriere a lavorare a servizio; anche contadini importanti e abbienti mandavano i loro figli altrove come servitori. Nel XVII e nel XVIII secolo le coppie appena sposate prendevano spesso con loro dei servitori prima che i loro stessi figli fossero in grado di aiutarli, quindi mandavano i loro figli, quando questi erano cresciuti, a servizio presso altri, così che la manodopera era sempre abbondante15.

Ciò suggerisce una pratica culturale profondamente radicata, che aveva come risultato un elevato livello di reciprocità non basata sulla parentela. Tale pratica rivela inoltre una relativa mancanza di etnocentrismo, perchè le persone accoglievano individui non imparentati quali membri del loro gruppo familiare anche quando erano disponibili dei parenti. Queste società preindustriali non erano organizzate in base alla parentela estesa, ed è facile vedere come fossero pre-adattate alla rivoluzione industriale e, in generale, al mondo moderno. Nel resto dell’Eurasia c’era una tendenza assai maggiore, da parte dei nuclei familiari, ad essere formati da consanguinei16.

Appare intrigante il fatto che le società di CR che vivono in climi difficili possiedano spesso sistemi di reciprocità assai elaborati miranti alla ripartizione delle risorse, come ad esempio la carne. Sospetto che il sistema di reciprocità non basato sui rapporti di parentela così tipico dell’Europa nordoccidentale preindustriale, come si è visto a proposito della pratica di accogliere come servitori individui non imparentati, sia un’altra reliquia della prolungata evoluzione nel duro clima settentrionale.

Mentre Hartman ed altri pongono l’accento sul matrimonio tardivo come caratteristica chiave delle famiglie occidentali17, forse sulla base di una maggior propensione alle tematiche femministe, un’analisi evoluzionista sottolinea altresì la separazione dal più ampio gruppo dei consanguinei, considerando il matrimonio tardivo una conseguenza del regime matrimoniale individualista, caratterizzato dalla scelta individuale del compagno, in un contesto nel quale ai coniugi era richiesto di costituire una famiglia indipendente, economicamente sostenibile. In un regime matrimoniale individualista gli individui interagiscono in misura assai maggiore con persone che non sono imparentate con loro e sono costretti a formulare i propri piani per il futuro, incluso il momento in cui si ritireranno dal lavoro. Le coppie dovevano avere una prospettiva di sostenibilità economica che, in funzione delle condizioni economiche di ciascuno, poteva non essere realizzabile fino a che i futuri coniugi non avessero superato abbondantemente i vent’anni. Era cosa comune che un significativo numero di persone non arrivasse mai a sposarsi. Come osservato, le persone non sposate, specialmente le donne, erano infrequenti nelle società tradizionali con modelli di matrimonio collettivisti. Comunque, questo distacco dalla parentela estesa aveva anche come naturale conseguenza una più elevata posizione della donna in un’organizzazione domestica multifamiliare patrilocale dominata dai maschi più anziani e, in second’ordine, dalle suocere. La tendenza a lungo termine nell’Europa nordoccidentale fu che l’unione coniugale in assenza di legami di parentela estesa ebbe come risultato il convergere delle vite degli uomini e delle donne, nella misura in cui gli sposi diventavano soci, e una minore preferenza per i figli maschi rispetto alle femmine18.

Nel seguito i due modelli contrapposti di famiglia saranno indicati come individualista e collettivista, con l’intesa che esistano tra loro situazioni intermedie. Tali modelli vanno dal marcato collettivismo tipico del Medio Oriente e di gran parte del mondo non europeo, al collettivismo moderato di gran parte dell’Europa meridionale, a quello che può essere chiamato “individualismo moderato”, caratteristico dei paesi tedeschi e di molte aree della Gran Bretagna, fino all’individualismo estremo che si osserva in Scandinavia.

 

Dati descrittivi sui modelli di famiglia nell’Europa nordoccidentale e in quella meridionale.

 

Nei capitoli 2 e 3 si è sottolineato come tanto la cultura IE quanto la cultura dei CR dell’Europa nordoccidentale presentino forti tendenze individualiste. La tesi generale che qui si sostiene è che i gruppi IE invasori, già di per sé sostanzialmente predisposti all’individualismo (cioè all’individualismo aristocratico) incontrarono popolazioni anch’esse predisposte all’individualismo, per quanto di un tipo differente (l’individualismo egualitario che derivava dal loro passato di CR nell’Europa del nord). D’altro canto, l’Europa meridionale, colonizzata in origine da agricoltori provenienti dal Medio Oriente, ha conservato il suo collettivismo moderato fino ai tempi presenti malgrado l’influenza dei gruppi principali che hanno dato forma alla storia europea, molto probabilmente a causa di tendenze genetiche ereditate dai loro antenati mediorientali19.

La relativa forza dei legami di parentela estesa è pertanto centrale in questa analisi. Patrick Heady suddivide i modelli di parentela europei in tre categorie, forte (Croazia, Russia, Italia, Grecia, Polonia, Spagna, modello qui indicato come “collettivismo moderato”), debole (Francia, Germania, Austria, Olanda, Svizzera: “individualismo moderato”) e molto debole (Svezia, Danimarca: “individualismo forte”) seguendo un clinale che va da sudovest a nordest20. Le famiglie nelle aree del collettivismo moderato tendono a vivere vicine ai loro genitori (spesso risiedendo nella stessa casa), a sposare persone provenienti dalla loro stessa area, ad aiutarsi maggiormente tra loro (incluso l’aiuto finanziario) e a mantenere distinzioni più marcate tra ruoli maschili e ruoli femminili. Heady definisce questo modello «agganciato ai genitori e localmente coinvolto», essendo all’estremo opposto il modello «libero rispetto alle origini e localmente sganciato».

La Svezia si caratterizza per il sistema familiare più debole. In effetti Maria Iacovu e Alexandra Skew hanno evidenziato un forte contrasto tra le due forme familiari più estreme in Europa, notando come in Scandinavia vi sia «una quasi completa assenza della famiglia estesa»21.

 

I Paesi Scandinavi sono caratterizzati da nuclei familiari piccoli (in particolare adulti singoli e famiglie monogenitoriali) da una precoce indipendenza abitativa da parte dei giovani e da una estesa indipendenza abitativa per gli anziani, dalla coabitazione come alternativa al matrimonio e da una quasi completa assenza della famiglia estesa. All’estremo opposto, i paesi dell’Europa meridionale sono caratterizzati da un livello relativamente basso di coabitazioni non matrimoniali, da un’estesa coabitazione tra i genitori e i loro figli adulti come pure tra gli anziani e i loro discendenti adulti; tutto ciò, unitamente ad un’incidenza assai minore delle famiglie monogenitoriali, contribuisce a rendere molto più grandi le dimensioni delle famiglie.

 

Pertanto questo fondamentale clinale nei modelli familiari colloca nell’estremo nordovest le forme più estreme di individualismo. Questo sistema di categorizzazione è essenzialmente una versione più raffinata della ben nota linea di Hajnal, che suddivide i modelli di famiglie europei in soli due tipi, ad est e ad ovest di una linea che va da San Pietroburgo a Trieste22.

 

Caratteristiche del sistema familiare moderatamente individualista dell’Europa nordoccidentale.

 

Hartman sottolinea il fatto che la famiglia nucleare comportava la necessità, per gli individui, di pianificare le loro vite. Le donne, ad esempio, evitavano la gravidanza prima del matrimonio rinunciando al sesso (malgrado il matrimonio tardivo, la presenza di figli illegittimi era «estremamente basa»23). Ciò implicava un lungo periodo di astinenza sessuale volontaria prima del matrimonio, col probabile risultato di una selezione che scartava coloro, soprattutto le donne24, che praticavano il sesso al di fuori del matrimonio, sebbene i tribunali normalmente fossero pronti ad imporre le nozze a donne con figli nati fuori dal vincolo coniugale allo scopo di evitare che diventassero un peso a carico della collettività. La bassa frequenza di figli illegittimi in una situazione nella quale gli individui godevano di una significativa libertà nel progettare le loro vite implica un forte ruolo (e probabilmente una selezione eugenetica favorevole) di quel tratto della personalità che permette di controllare con successo i propri impulsi (vale a dire la coscienziosità, cfr. cap. 8)25. Tali pressioni eugenetiche non esistevano in una società collettivista, nella quale il matrimonio precoce era la regola ed erano presenti forti controlli esterni sul comportamento femminile, come ad esempio la purdah.  Un importante aspetto della pianificazione della vita era costituito dal consenso individuale al matrimonio, una caratteristica del matrimonio occidentale almeno a partire dal Medioevo e, probabilmente, dall’epoca preistorica. Il consenso individuale dovrebbe comportare una maggior cura, da parte degli individui, nel valutare le caratteristiche personali di un possibile futuro coniuge. Un effetto di ciò è una maggiore parità nell’età degli sposi. Una relativa parità nell’età degli sposi ed un’età più elevata per il matrimonio sono elementi distintivi del sistema matrimoniale dell’Europa occidentale26.

In un sistema familiare di tipo nucleare, il matrimonio era molto meno riducibile ad una questione di alleanza politica tra e all’interno di gruppi di parentela, ovvero ad una faccenda puramente economica o semplicemente ad un aspetto della competizione sessuale (che ha avuto come conseguenza il concubinato e la poliginia nella maggior parte del mondo non europeo). Esso era piuttosto basato sull’attrazione tra le persone, nella quale entravano tratti come la coscienziosità, l’intelligenza, il calore e l’affetto reciproci, l’aspetto fisico (comprendente i tratti collegati alla fertilità, come il rapporto tra le dimensioni della vita e quelle dei fianchi nelle donne, che è stato messo in relazione con la salute, la fecondità e la capacità cognitiva27).

L’affetto nel matrimonio divenne una norma culturale con l’ascesa della famiglia nucleare. Il fenomeno occidentale del corteggiamento (unico tra le culture dell’Eurasia e dell’Africa) forniva un periodo di tempo in cui i futuri coniugi potevano valutare la reciproca compatibilità personale; nelle parole di Malthus, ad entrambi i sessi veniva data un’opportunità per «scoprire le affinità reciproche e per formare quei legami forti e durevoli senza i quali la condizione matrimoniale produce generalmente più miseria che felicità»28.

Le famiglie di tipo nucleare comportavano dunque il fare un maggiore affidamento sulla pianificazione e sull’impegno individuali. Mentre nelle culture collettiviste i ruoli sociali, il futuro coniuge (spesso un cugino primo) e l’età nuziale della donna sono ampiamente predeterminati, nelle aree individualiste dell’Europa uomini e donne erano liberi di scegliere il proprio compagno e di decidere quando sposarsi, quest’ultima decisione essendo presa, di regola, solo dopo essersi garantiti un’adeguata posizione economica. Almeno a partire dal XIV secolo, in Inghilterra la maggior parte degli individui lavorava in cambio di una paga somministrata da altri che non erano loro parenti, e in generale ci si aspettava che i figli giovani «lasciassero la loro casa, accumulassero la propria ricchezza, scegliessero il loro compagno per il matrimonio e individuassero una propria nicchia economica da occupare»29. La proprietà terriera era diffusa. Anche «le famiglie degli affittuari dipendenti, nell’Europa nordoccidentale del tardo Medioevo, esercitavano un ampio ed efficace controllo sulla terra che lavoravano. Anche se i lord detenevano il supremo potere giurisdizionale, le famiglie conservavano la terra da una generazione all’altra, dando disposizioni per trasmetterla ai loro eredi […] Malgrado gli sviluppi legali nell’Europa occidentale negassero ai contadini dipendenti il diritto di ereditare e producessero nozioni della proprietà più individuali, i tribunali feudali e la chiesa mantennero a lungo le antiche usanze»30. Il figlio maggiore ereditava la terra, ma i figli minori e le figlie ricevevano beni mobili.

 

Datare le origini della famiglia individualista.

 

Quasi unici tra i barbari, [i germani] si accontentano di una sola moglie, tranne pochissimi di loro, e questi non per brama carnale, ma perché la loro nobile nascita procura loro molte offerte di alleanza […]. Affinchè la donna non pensi di dover restare esclusa dall’aspirazione a nobili azioni e dai pericoli della guerra, nel corso della cerimonia nuziale le viene ricordato che è la compagna di suo marito nella fatica e nel pericolo, destinata a soffrire e a rischiare con lui allo stesso modo sia in pace che in guerra. Il bove aggiogato, il destriero imbrigliato e il dono delle armi dichiarano pubblicamente questo fatto31.

 

Le famiglie nucleari autonome «dominano l’Europa nordoccidentale già dall’epoca dei primi documenti medievali»32. In altri termini, tra le popolazioni dell’Europa nordoccidentale questo modello potrebbe avere un’origine primordiale, cosa che ben si accorda con la prospettiva qui seguita secondo la quale le radici di tali modelli devono essere trovate nell’ambito evolutivo-biologico. Come osserva Peter Laslett, «per come la cosa appare attualmente, più ci spostiamo indietro nel tempo, più elusive diventano le origini delle caratteristiche interrelate della famiglia occidentale. Allo stato attuale delle conoscenze non possiamo dire quando “l’Occidente” abbia cominciato a divergere rispetto alle altre parti dell’Europa»33. Hartman, scrivendo nel 2004, afferma che queste osservazioni «sono ancora valide»34.

Inoltre non vi sono prove che il modello di famiglia dell’Europa nordoccidentale sia parte di una sequenza storica, o che differenti aspetti di esso, ovvero il modello stesso, rappresentino un continuum evolutivo. Significativamente, David Herlihy nota come Tacito avesse osservato che il matrimonio tardivo era comune tra le tribù dei germani (assai prima della nascita dell’impero dei franchi all’inizio del Medioevo) e suppone che questo modello fosse diventato la norma dopo la caduta dell’impero romano, ipotesi ovviamente coerente con lo scenario evoluzionista-biologico che qui si propone. Cercare influenze derivanti dal contesto medievale come sola spiegazione del modello di matrimonio tardivo dell’Europa nordoccidentale appare fuorviante, note che siano le tendenze individualiste tanto della cultura degli IE (cfr. cap. 2) quanto di quella dei CR settentrionali (cfr. cap. 3).

Inoltre vi sono alcuni indizi che le famiglie nucleari fossero la norma nell’impero romano d’Occidente:

 

Sulla base delle iscrizioni sepolcrali siamo giunti alla conclusione che per le popolazioni che eressero quelle lapidi in tutte le province occidentali la famiglia nucleare costituisse il fulcro di certi tipi di obblighi familiari. Nonni, zii ed altri membri della famiglia estesa appaiono con troppo poca frequenza quali autori della commemorazione perché si possa credere che fossero considerati parte del nucleo familiare vero e proprio35.

 

Le iscrizioni sepolcrali indicano che quelle riconducibili a famiglie nucleari costituiscono il 75-90% del totale, con poche variazioni in funzione dell’epoca, della geografia e della classe sociale:

 

Che i membri della famiglia estesa, e specialmente l’avus [zio] paterno, compaiano in numero ridottissimo nelle dediche funerarie, che i nonni paterni siano relativamente pochi in rapporto al numero delle persone viventi e in grado di partecipare alla dedica e che l’avus paterno non sia neppure il soggetto più comune nelle commemorazioni che riguardano i nonni, sono tutti fatti che allontanano dall’idea che la famiglia patriarcale fosse una realtà comune tra le popolazioni dell’impero d’Occidente che costruirono quelle tombe36.

 

Altre prove indicano che la famiglia di base era costituita dalla triade madre, padre, bambino; nell’ambito delle élite, i figli erano soliti fondare una propria casa e una propria famiglia piuttosto che rimanere presso la dimora paterna. «Sulla base delle nostre prove, sembra un’ipotesi ragionevole che la continuità della famiglia nucleare rimonti ad un’epoca assai più antica e che fosse caratteristica di molte regioni dell’Europa occidentale già alla nascita dell’impero romano»37.

Un altro indicatore della famiglia individualista è la pratica dell’esogamia, piuttosto che quella di sposare parenti prossimi che è tipica delle società collettiviste. L’esogamia era la regola nell’Europa occidentale anche in epoca romana:

 

Vi sono solide prove di una continuità della pratica generale dell’esogamia nell’impero romano occidentale dall’epoca del primo cristianesimo (i primi tre secoli dopo Cristo) a quella della sua affermazione come religione di stato; il matrimonio endogamico era raro, se mai si verificava. Malgrado le leggi dell’epoca pagana consentissero il matrimonio tra cugini, tale genere di matrimonio era raro tra gli aristocratici, così come lo era tra gli umili abitanti dell’impero occidentale. Di conseguenza, il divieto imposto dal cristianesimo ai matrimoni entro il sesto grado di parentela ebbe uno scarso impatto. Il modello di proprietà suddivisa tra gli eredi non offriva agli aristocratici un incentivo a sposarsi all’interno del gruppo familiare col l’obiettivo di proteggere l’integrità delle proprietà terriere; i loro interessi finanziari venivano soddisfatti sposando persone della stessa classe sociale […] La messa al bando dell’endogamia da parte della Chiesa non dev’essere interpretata come parte di uno sforzo teso ad interrompere la trasmissione della proprietà all’interno della famiglia: uno sforzo del genere non era necessario, perché per secoli gli aristocratici pagani avevano fatto uso del testamento per frammentare ampiamente le loro ricchezze. La Chiesa aveva soltanto bisogno di sostituirsi all’imperatore quale principale istituzione beneficiaria di tali testamenti per potersi arricchire38.

Tirando le somme, quando la Chiesa, nel IV secolo, formalizzò un’estesa proibizione dell’incesto, non agì per interrompere una pratica diffusa di endogamia tra parenti prossimi nell’impero romano occidentale. Agostino infatti, nella discussione della Città di Dio riguardante la recente estensione della regola dell’incesto, indica chiaramente l’opposto. Egli afferma categoricamente che il matrimonio tra cugini era sempre stato raro per mores (raro nella pratica consuetudinaria) molto prima dell’imposizione delle nuove proibizioni39.

 

Per finire, la pratica della suddivisione dell’eredità includeva le figlie, che ricevevano una quota intera del patrimonio, come rivelano le leggi relative alla successione legittima40. Ciò costituisce una prova ulteriore che la famiglia estesa patrilineare basata sulla parentela e sul matrimonio endogamico non era affatto una caratteristica della società romana dell’Europa occidentale.

 

Svantaggi della famiglia individualista.

 

Se si suppone che la totale dominanza del modello matrimoniale collettivista e precoce presso un numero assai ampio di culture del mondo sia una risposta adattiva, o almeno una conseguenza naturale dell’agricoltura praticata con l’aratro, perché mai l’Europa nordoccidentale dovrebbe costituire un’eccezione? Per cominciare, è importante osservare che il regime di matrimonio tardivo dell’Europa nordoccidentale non ha alcun senso come forma ideale di matrimonio per una società agricola: è un «rischioso sistema di matrimonio posticipato»41.

Supponendo che la struttura familiare dell’Europa nordoccidentale abbia una base evolutiva, l’idea che il regime di matrimonio tardivo sia rischioso starebbe a significare una mancanza di adattamento  tra questa struttura familiare e il contesto dell’epoca del primo Medioevo. La mancanza di adattamento tra un ambiente nuovo e le tendenze genetiche è un fenomeno comune e noto agli evoluzionisti. Le tendenze genetiche cambiano in maniera relativamente lenta, generando un’inerzia evolutiva tale che gli organismi possano risultare scarsamente adatti al loro nuovo ambiente. Per esempio, è stato proposto che alcune differenze sessuali, come il fatto che i ragazzi siano più inclini delle ragazze a manifestare esteriormente i disturbi psichici, siano il risultato di una selezione sessuale per questi tratti nel nostro passato evolutivo42. La manifestazione esterna dei disturbi psichici comprende i disturbi del comportamento, il disturbo oppositivoprovocatorio, l’assunzione di rischi, l’aggressione e il disturbo da deficit di attenzione / iperattività. Tali tendenze rappresentano una scarsa corrispondenza con la società contemporanea, caratterizzata da sistemi educativi in cui ai bambini viene richiesto di inibire i loro impulsi, di stare seduti e prestare attenzione per lunghi periodi, col risultato che le ragazze producono risultati migliori dei ragazzi attraverso tutto l’iter educativo, dalla scuola materna all’università. Le persone che manifestano esteriormente i loro disturbi non sono solo più esposte al fallimento nel sistema educativo, ma anche alla reclusione, e subiscono una mobilità sociale discendente.

Nel caso in questione, ci si aspetterebbe che le tendenze al regime di matrimonio tardivo aventi una base genetica mutino soltanto lentamente, come risultato di una pressione selettiva in favore dei modelli di famiglia collettivisti e privi di rischi del resto del modo euroasiatico, avendo perciò come risultato uno scarso adattamento. In questo caso, comunque, le prove qui esaminate indicano come il regime di matrimonio tardivo sia sopravvissuto a questa mancanza di adattamento durante l’epoca medievale ed abbia sostanzialmente prodotto il mondo moderno.

I rischi del modello di matrimonio tardivo sono ovvi. Il lungo periodo prematrimoniale, in particolare quando le donne lavoravano sovente fuori casa e la famiglia, tipicamente, comprendeva individui che non erano parenti, comportava che le donne fossero maggiormente esposte al rischio di avere gravidanze illegittime, con uno scarsissimo sostegno paterno per i figli. L’aggressione sessuale e le gravidanze extramatrimoniali (queste ultime causa di vergogna e di ostracismo nelle società occidentali tradizionali) erano più probabili quando individui giovani andavano a servizio presso le case di persone non imparentate con loro. Il matrimonio tardivo è inoltre collegato ad un più breve periodo di fertilità e ad una produzione meno affidabile di eredi43.

Inoltre, il modello di matrimonio individualista non rappresenta l’ideale neppure per sostenere le persone anziane, poiché ci si aspettava che costoro provvedessero da sé alla loro vecchiaia, mentre nelle culture collettiviste era dato per scontato che i genitori avrebbero continuato a vivere nelle proprietà di famiglia. Nell’Europa nordoccidentale erano comuni i contratti che definivano alloggi distinti per i genitori, o almeno una stanza separata con ingresso privato44. Se la generazione più anziana avesse fatto uso del proprio potere com’è accaduto nelle culture collettiviste (dove i genitori avevano il diritto di continuare a vivere nelle proprietà di famiglia) avrebbero probabilmente sviluppato un sistema in grado di garantire meglio i loro interessi nell’età avanzata.

Ancora, Richard M. Smith sostiene che i modelli tra loro molto differenti che si osservano nel nord e nel sud dell’Europa «sono rimasti geograficamente differenziati per millenni»45. Se supponiamo che il modello europeo nordoccidentale, in confronto al modello collettivista, abbia un certo numero di svantaggi critici per coloro che lo praticano, se il modello del collettivismo moderato ha continuato ad esistere nella maggior parte dell’Occidente cristiano nell’Europa del sud e dell’est, e se il modello individualista dell’Europa nordoccidentale può essere fatto risalire all’inizio del periodo per cui si possiede una documentazione storica, allora bisogna considerare come una forte possibilità che il modello europeo nordoccidentale affondi le proprie radici nella preistoria.

Ne concludo che sia poco probabile che il modello di famiglia individualista sia stato scelto liberamente a causa degli incentivi forniti dai signori feudali, come si dirà in seguito. Ciò è compatibile con la teoria che l’individualismo europeo derivi dalla preistoria evolutiva di questi gruppi e abbia come risultato un cattivo adattamento agli ambienti medievali, se confrontato con la struttura familiare collettivista.

 

Influenze contestuali proposte come cause dell’individualismo moderato.

 

Hartman segue Michael Mitterauer nel ricondurre l’origine del peculiare modello familiare dell’Europa nordoccidentale al sistema feudale che si sviluppò dopo la caduta dell’impero romano d’Occidente. Il sistema feudale classico fece la sua comparsa in età carolingia, «nel cuore dell’impero franco»46. La parola chiave, qui, è “cuore” dell’impero, che aveva il suo centro nell’Austrasia, costituita nel 481 in quelle che oggi sono la Francia e la Germania settentrionali; la maggior parte dell’attuale Francia venne aggiunta grazie alle conquiste di Clodoveo I all’inizio del VI secolo, e il rimanente nel 536. Le conquiste di Carlo Magno alla fine del VIII secolo inclusero la Sassonia e la Baviera, entrambe collegate al modello familiare europeo nordoccidentale. Pertanto, malgrado facessero parte dell’impero franco da più tempo rispetto alla Sassonia e alla Baviera, le regioni collegate alla struttura familiare e ai modelli di proprietà terriera propri  dell’Europa meridionale, e cioè quella parte della Francia  posta a sudovest di una linea che va da Saint Malo a Ginevra, continuarono a differenziarsi fortemente dall’Europa nordoccidentale (vedasi cartina più avanti)46a.

Mitterauer sostiene che il sistema feudale fu «fondamentalmente una novità»47. Mentre in gran parte dell’Europa meridionale la proprietà terriera rimase centrata attorno ai gruppi di parentela, il classico sistema feudale era bipartito: da una parte la tenuta del signore, dall’altra gli appezzamenti dei contadini. Questi ultimi possedevano oppure affittavano i loro appezzamenti, ma avevano obblighi di servizio e di corveé. Era un’organizzazione quasi familiare, che implicava «vari diritti e doveri sociali che andavano molto al di là della cooperazione economica»48. In effetti il termine familia veniva usato con riferimento al sistema nel suo complesso, ad indicare «l’alta priorità attribuita alle relazioni sociali nel sistema feudale».

Una differenza fondamentale rispetto all’epoca romana è la relativa assenza di schiavi: vi erano “tracce” dell’antico sistema romano della villa rustica49, che dipendeva assai più dagli schiavi (servi casati), e c’erano pure dei coloni, che erano liberi ma vincolati alla terra e obbligati a fornire servizi. L’abbandono della schiavitù e la sua sostituzione con contadini che possedevano o affittavano la terra portò un beneficio ai signori feudali, che verso i contadini avevano meno obblighi di quanti ne avessero verso gli schiavi; anche i contadini ci guadagnarono, perché coltivare la loro terra li motivava, sebbene continuassero ad avere degli obblighi verso il signore. Gradualmente, i servizi furono rimpiazzati dal pagamento di un affitto e i pagamenti in natura si trasformarono in pagamenti in denaro50.

La distinzione tra coloro che erano sostanzialmente degli schiavi e coloro che erano liberi ma con obblighi di lavoro si ritrova anche nelle aree feudali dell’Inghilterra centrale medievale. La feudalizzazione ebbe luogo in regioni caratterizzate da ampi appezzamenti agricoli tra i quali sorgevano qua e là «grandi villaggi compatti»51. Le proprietà individuali erano costituite da strisce di terreno sparse, aventi più o meno la stessa superficie “in base alla classe”. Come nelle aree feudalizzate del continente, i contadini legati al feudo erano classificati come schiavi o come liberi che avevano pesanti obblighi di lavoro verso il signore, secondo le forme rispettivamente del villanatico52 e del socage53. I villani, normalmente, trasmettevano le loro terre al figlio maschio.

Il sistema feudale che prevedeva il passaggio ereditario della terra per ciascuna famiglia è in contrasto con la proprietà terriera tribale basata sul clan e sulla parentela. Il ruolo della famiglia era quello di svolgere i lavori agricoli necessari, e non di essere «il luogo della coabitazione dei membri di una comunità parentale basata sulla discendenza»54. L’unità di base era costituita dalla famiglia nucleare formata da moglie, marito e figli, e, aspetto tipico di tali famiglie, la parentela era riconosciuta sia secondo la linea paterna, sia secondo quella materna (parentela bilineare), mentre nelle culture collettiviste predominava la parentela patrilineare.

Il punto critico del modello causale proposto da Mitterauer è che con la caduta dell’impero romano e la conseguente diminuzione della popolazione in generale e degli schiavi in particolare, i proprietari terrieri dovettero competere tra loro per trovare persone disposte a lavorare le loro terre; pertanto essi cominciarono ad offrire a tali persone una notevole autonomia, compresa la possibilità di trasmettere la terra ai loro eredi. Come ha osservato David Herlihy, «l’economia schiavistica dell’antichità lasciava il passo a un’agricoltura basata, almeno in parte, su incentivi»55. I documenti indicano che questo passaggio coincise col passaggio  ad una nuova epoca del matrimonio, che Herlihy considera una forma di adattamento in quanto allungava il tempo tra le generazioni rendendo meno frequenti le famiglie che comprendevano tre o quattro generazioni. Comunque, stanti gli svantaggi del matrimonio tardivo osservati in precedenza, è difficile vedere come l’allungamento del tempo tra le generazioni abbia potuto costituire un adattamento nell’Europa nordoccidentale ma non in quella meridionale o orientale, o in altre aree dominate dal modello collettivista. Per costituire una spiegazione adeguata dell’unicità europea, condizioni come lo spopolamento dovrebbero essere peculiari dell’Europa nordoccidentale. Hartman propone che l’Europa nordoccidentale fosse l’unica area dell’intero continente euroasiatico le cui terre erano spopolate e sottosviluppate, così da costituire il contesto nel quale i signori feudali potevano fornire incentivi come la trasmissione ereditaria individuale della terra56. In tali circostanze gli individui avrebbero ritenuto vantaggioso procrastinare il matrimonio delle figlie, così da poterle utilizzare più a lungo come forza lavoro sui terreni di famiglia.

In risposta a tale spiegazione, appare improbabile che nessun’altra area dell’Eurasia, in un arco di tempo di 2000 anni, si sia spopolata per cause come la guerra, le pestilenze o le carestie. Ad esempio nell’India precoloniale, come pure all’inizio del periodo coloniale, si verificarono carestie accompagnate da calo demografico, abbandono delle terre coltivabili e scarsità di manodopera. La carestia degli anni 1768-1770, per esempio, ebbe come risultato la perdita di un terzo della popolazione del Bengala, e i proprietari terrieri reagirono offrendo incentivi come la riduzione dei canoni d’affitto. Uno storico dell’India, Binay Bhushan Chaudhuri, scrive che «la scarsità di affittuari capovolse del tutto i rapporti tra proprietari e affittuari nel

Bengala»57 ma ciò non ebbe come risultato lo sviluppo di strutture familiari individualiste. Kenneth Pomeranz osserva analogamente che «la guerra, le epidemie, la depressione e lo spopolamento» nella Cina del XVII secolo non alterarono la struttura sociale basata essenzialmente sul clan58.

Inoltre, anche nelle culture collettiviste dell’Europa meridionale e orientale la terra passava in eredità, l’unica differenza essendo che in queste aree essa rimaneva nell’ambito della parentela estesa in linea paterna, invece di essere ceduta a singoli eredi. E’ necessario spiegare perché i contadini sarebbero stati attratti dalle pratiche ereditarie individualiste piuttosto che da quelle basate sul gruppo di parentela: il fenomeno, cioè, presuppone quelle tendenze individualiste che devono essere spiegate.

Inoltre, contrariamente alle affermazioni di Hartman, anche le culture moderatamente collettiviste dell’Europa meridionale utilizzavano la manodopera femminile, per cui è difficile vedere come le famiglie dell’Europa nordoccidentale traessero beneficio dal far sposare tardi le loro figlie. Dopo tutto, sebbene sia vero che il lavoro fornito da una figlia sarebbe andato perso per la sua famiglia quando costei fosse andata in sposa in giovane età, quella stessa famiglia avrebbe anche potuto ricevere delle nuore che avrebbero cominciato a lavorare per lei, come è stato studiato nel caso della Montaillou medievale, nella Francia del sud. E far sposare le figlie in giovane età permette di evitare tutti i fattori di rischio associati al matrimonio tardivo che sono stati menzionati in precedenza. Ne concludo che questi non possono essere gli aspetti decisivi.

Hartman sostiene che questi fattori di rischio sarebbero stati mitigati da «una nuova capacità di produttività duratura che avrebbe ridotto le pressioni verso il matrimonio precoce delle donne quale mezzo per assicurarsi eredi e manodopera»59. Ma una produttività duratura fu raggiunta altresì dalle culture che praticavano il matrimonio precoce, in circostanze che garantivano in maniera migliore tanto gli eredi quanto la manodopera.

Hartman osserva anche che «l’esposizione delle figlie al rischio di aggressione sessuale non sarebbe stato, almeno inizialmente, quel problema che invece si sarebbe manifestato con l’emergere del servizio domestico presso estranei [life-cycle service60, 60a. Ma allora ci si chiede come mai abbia potuto sorgere la normale consuetudine del periodo di servizio presso le case di persone non imparentate. Invece di fare affidamento sulla parentela estesa, le famiglie dell’Europa nordoccidentale impiegavano persone che non erano imparentate con loro, una pratica che, secondo Hartman, «con l’andare del tempo diventò un periodo di servizio presso estranei»61. Ciò significa che anche prima dell’epoca in cui tale servizio divenne la norma, le famiglie non erano organizzate in base ai gruppi di parentela estesa, malgrado la capacità dei sistemi collettivisti di provvedere alla necessità di manodopera, come dimostra la loro prevalenza nel resto del mondo. Pertanto bisogna spiegare come abbia potuto svilupparsi, nell’Europa nordoccidentale l’uso si prestare servizio presso le case di altri individui non imparentati, visto che, da un punto di vista evoluzionista, gli individui non imparentati hanno una minore comunanza di interessi con i loro datori di lavoro rispetto ai parenti, per non menzionare la maggiore vulnerabilità delle donne al rischio di gravidanze non volute e di aggressioni sessuali nel caso di impiego di persone estranee alla parentela.

L’idea che il semplice fornire incentivi ai lavoratori della terra avrebbe dato origine all’individualismo si scontra anche con i dati che mostrano come le culture collettiviste, in particolare del Medio Oriente, siano fortemente restie ad assimilarsi alle norme individualiste occidentali62. Le culture mediorientali furono dominate per secoli dai conquistatori greci e romani, ma ciò non ebbe effetto sull’organizzazione sociale collettivista basata sui clan e sulla parentela estesa che rimane tipica di quell’area ancora oggi. Il matrimonio tra cugini, un ottimo indicatore di queste tendenze perché mostra la preferenza per l’endogamia all’interno di una linea di discendenza maschile (patrilinearità) ha avuto origine nella preistoria del Medio Oriente e permane nell’epoca attuale, a dispetto di secoli di dominazione da parte di potenze occidentali63. Considerando la recente impennata dell’immigrazione musulmana proveniente dal Medio Oriente verso l’Europa, questa incapacità di assimilazione alle norme occidentali si avvia ad essere un problema di lunga durata per l’Occidente.

 

Il collettivismo moderato dell’Europa meridionale contrapposto all’individualismo moderato dell’Europa nordoccidentale.

 

Le famiglie congiunte, nelle quali i fratelli, le loro spose e i loro figli vivono sotto lo stesso tetto, sono tipiche dell’Europa meridionale. La consuetudine di prestare un perodo di servizio presso le abitazioni di individui non imparentati non era caratteristica della Montaillou medievale nel sud della Francia, così come la descrive il classico studio di Emmanuel Le Roy Ladurie64. Se una figlia se ne andava di casa a motivo del matrimonio, sarebbe stata rimpiazzata da una nuora acquisita, che compensava così la perdita del contributo lavorativo di quella figlia65. Il matrimonio era endogamico all’interno del villaggio, cosa che, insieme alla pratica dei matrimoni combinati, assicurava che la proprietà rimanesse all’interno della linea di discendenza paterna. L’età del matrimonio era bassa, quella della pubertà, e gli uomini più maturi erano in età tra i venticinque e i trent’anni. Ciò contrasta col modello di matrimonio tardivo, nel quale era difficile mantenere la proprietà all’interno del lignaggio paterno perché le generazioni erano maggiormente distanziate quanto all’età, limitando automaticamente il numero dei potenziali eredi maschi e aumentando la probabilità che fosse una vedova ad ereditare  la proprietà.

Inquadrando la cittadina francese meridionale di Montaillou nel suo contesto, è noto da tempo che esistono differenze considerevoli all’interno della Francia, corrispondenti alla suddivisione tra le popolazioni germaniche che predominavano a nordest della “linea eterna” che collega Saint Malo e Ginevra, e quelle del resto della Francia66. Il Nordest sviluppò un’agricoltura su larga scala capace di sostentare i paesi e le città in crescita prima della rivoluzione agricola del XVIII secolo. Si reggeva su una vasta schiera di abili artigiani nelle città e un’ampia classe di agricoltori di medio livello che «possedevano cavalli, scodelle di rame, bicchieri di vetro e, spesso, le scarpe; i loro bambini avevano guance paffute e spalle larghe, i loro neonati portavano minuscole scarpine. Nessuno di quei bambini aveva i ventri gonfi dei rachitici del Terzo Mondo67.

Il Nordest divenne perciò il centro dell’industrializzazione francese e del commercio mondiale.

A sudovest della linea Saint Malo–Ginevra, comunque, «la vita rurale divenne completamente deurbanizzata. La Francia occidentale e sudoccidentale diventarono “selvatiche”, con abitazioni disperse sul territorio, in virtù di un’antitesi che era stata a lungo consueta: poveri contadini sparpagliati per le campagne, in una certa misura rustici e incivili, che vivevano […] isolati tra i loro campi e prati, al di fuori della comunità degli altri»68. Quest’area non fu mai del tutto feudalizzata, malgrado fosse sotto il controllo dei franchi fin dagli inizi del VI secolo. «Il vassallaggio e la seigneurie appaiono pienamente sviluppati solo nelle regioni agricole con grandi villaggi tra la Loira e i confini con le Fiandre»69. Ciò è in accordo con l’ipotesi che i popoli germanici del nord avessero creato una cultura feudale assai prima dell’età medievale, una cultura non esportabile nelle aree non germaniche, nonostante il dominio militare cui erano soggette.

Il nordest differiva inoltre dal sudovest per il tasso di alfabetizzazione: agli inizi del XIX secolo, mentre il tasso di alfabetizzazione per la Francia nel suo complesso era approssimativamente del 50%, il valore per il nordest si avvicinava al 100% e tali differenze si manifestavano almeno a partire dal XVII secolo. Inoltre, si osservava una pronunciata differenza nella statura: in un campione di reclute militari del XVIII secolo gli abitanti del Nordest risultavano più alti di almeno due centimetri. Ladurie osserva che tale differenza, rispetto alla popolazione complessiva, era probabilmente maggiore, perché l’esercito scartava molti tra gli individui più bassi provenienti dal sudovest. Per finire, oltre a queste differenze menzionate da Ladurie, Peter Laslett e altri storici della famiglia hanno osservato che le tendenza verso la famiglia nucleare economicamente indipendente era maggiore al nord, mentre la tendenza verso la famiglia congiunta aumentava man mano che ci si spostava verso sud70.

Nella Salem coloniale, nel Massachusetts, prevaleva il modello individualista moderato tipico delle zone a nordest della linea Saint Malo–Ginevra. Mentre nel sud della Francia e in gran parte dell’Europa meridionale tutte le donne si sposavano, a Salem le donne non sposate erano frequenti (anche dopo che lo squilibrio nel rapporto numerico tra i sessi, dovuto ad una maggiore mortalità infantile maschile, si era risolto). Le donne di Salem erano sottoposte a un minore controllo ed erano più vulnerabili alla violenza sessuale, altro svantaggio del modello individualista osservato in precedenza. A Salem le vite degli uomini e delle donne andarono convergendo in misura crescente, e le donne avevano uno status superiore rispetto a quelle dell’Europa meridionale. A Montaillou gli individui vivevano in “universi sessuali” completamente differenti. A Salem esisteva «una forte attenzione alla pianificazione del futuro» ed ereditare la terra divenne un aspetto sempre meno importante man mano che l’economia capitalista accelerava il passo e gli uomini cercavano di realizzarsi nelle professioni e negli affari, all’interno di un ordine sociale contrattuale71. Mentre a Montaillou le vite degli uomini erano determinate da decisioni prese all’interno del clan, con due sole vocazioni possibili (la pastorizia o l’agricoltura) a Salem gli uomini entravano nell’economia interagendo con persone non imparentate con loro, disponendo di oltre 50 occupazioni possibili72. Le donne di Salem avevano anche opportunità di lavoro al di fuori della loro casa (levatrice, maestra di scuola, ecc.), ma questo non accadeva a Montaillou.

A Salem le donne divennero dei “vice mariti”, spesso eseguendo il “lavoro da uomini” ed assumendo un ruolo attivo nelle decisioni familiari e nelle imprese economiche (p. es. la gestione degli affari di famiglia). Gli uomini facevano maggiore affidamento sulle loro mogli che non sugli altri uomini, e in generale, in confronto a Montaillou, le differenze tra i sessi erano relativamente sfumate. Il matrimonio a Salem era più egualitario, qualcosa di più di una «suddivisione dei poteri tra mariti e mogli»73. E in relazione alla maggiore uguaglianza tra i sessi, a Salem la misoginia sfacciata era più rara, laddove invece a Montaillou erano comuni una misoginia palese e le percosse alle mogli. Mentre a Montaillou le donne prive della protezione di un clan erano oggetto di vessazioni, a Salem le donne godevano di una certa protezione legale anche nei confronti dei mariti e potevano andarsene di casa e chiedere il divorzio. Le donne [di Salem, n. d. t.] avevano un considerevole senso di responsabilità circa la loro castità, perché rispetto alle donne di Montaillou interagivano con un maggior numero di individui non imparentati col loro74.

A Montaillou la Chiesa spesso si oppose agli interessi del clan, ma non cambiò mai veramente il sistema, a parte l’aver proibito il matrimonio tra cugini primi, ignorando tuttavia la proibizione di quello tra cugini di secondo grado75; cosa che sta ad indicare come la Chiesa non possa essere considerata la causa principale dei modelli di matrimonio in Europa.

Nel Nordovest, la libertà rispetto ai legami di parentela estesa lasciò campo libero agli impulsi acquisitivi individuali, dando luogo a grandi differenze tra le persone quanto all’acquisizione di terre e di altre forme di ricchezza76. Come afferma Gregory Clark nel suo testo A Farewell to Alms [Addio all’elemosina, n. d. t.], ciò diede luogo a sua volta ad una selezione naturale in favore dell’industriosità e dell’intelligenza nel contesto precedente il XIX secolo, dove la ricchezza era collegata positivamente al numero di figli77, 78.

Le differenze tra l’Europa nordoccidentale e quella meridionale si sono mantenute nell’epoca attuale, sebbene nell’Europa del sud vi siano stati alcuni cambiamenti. Nel Meridione l’abbandono della casa dei genitori coincide tipicamente col momento del matrimonio e dell’occupazione79. Al Sud i problemi economici tendono ad essere condivisi dall’intera famiglia, mentre al Nord riguardano solo gli individui direttamente interessati. Le persone anziane preferiscono vivere con la loro famiglia al Sud (75%) ma non al Nord (25%), e negli USA gli anziani che vivono con i loro figli provengono prevalentemente da famiglie originarie dell’Europa meridionale; tendono ad essere più conservatori, sul piano sociale, delle persone d’origine europea settentrionale.

A motivo dei legami familiari più deboli, nell’Europa settentrionale il numero dei senzatetto tende ad essere maggiore (perché la tendenza è di lasciare che le persone badino a se stesse) come maggiori sono i tassi di solitudine e di suicidio. D’altro canto, l’iniziativa individuale e il dinamismo sono molto più caratteristici delle società europee nordoccidentali, tratti questi che sono «così importanti per la democrazia e la società civile dell’Occidente»80.

 

Tendenze egualitarie nell’Europa nordoccidentale.

Per finire, dato il peso attuale dell’ideologia egualitaria in tutto l’Occidente, è importante osservare come un crescente egualitarismo sia andato sviluppandosi, dopo il Medioevo, nell’Europa nordoccidentale. «La storia che ha appena cominciato ad essere narrata è tuttavia quella dell’emergere di un movimento popolare egualitario le cui origini sono da porre esclusivamente nell’Europa nordoccidentale»81. Questo di solito viene spiegato con la diffusione delle élite, ma Hartman sostiene che «più importante ai fini dell’emergere dell’uguaglianza come ideale politico popolare, fu la condivisione del governo domestico, di cui la maggior parte degli individui aveva fatto esperienza fin dal Medioevo»82. Hartman sottolinea il fatto che, malgrado gli alti e bassi delle particolari epoche storiche, nell’Europa nordoccidentale fosse presente una tendenza generale a rendere sempre più simili tra loro le vite degli uomini e quelle delle donne, tendenza che permane ancor oggi83. L’autorità paterna, che non fu mai così forte come nell’Europa meridionale, è divenuta ancora più debole.

Verso la fine del XVII secolo quasi la metà dei lavoratori dell’Europa nordoccidentale era costituita da salariati che formavano famiglie nucleari indipendenti e senza legami di parentela estesa e che pertanto dovevano fare affidamento su se stesse piuttosto che sui parenti. Ciò portò ad un aumento dell’influenza delle donne all’interno della famiglia e allo sviluppo di ideologie egualitarie e dei diritti individuali84.

Come è stato osservato, le società moderatamente individualiste dell’Europa nordoccidentale portarono le donne ad agire con maggiore indipendenza e ad avere rapporti più egualitari con i mariti. Anche nel XIX secolo, un’epoca in cui, secondo molti storici, le donne avrebbero avuto uno status inferiore e si sarebbero allontanate dal modo del lavoro, esse ebbero nondimeno un ruolo di partenariato e «la responsabilità di mantenere a galla le famiglie»85. «E’ ironico il fatto che la pianificazione a lungo termine, l’assunzione di rischi, la responsabilità personale e l’indipendenza nonsiano stati ancora riconosciuti come comportamenti di massa prodotti dalle esigenze della vita in particolari tipi di organizzazione familiare, in altri termini come la condotta normale richiesta a chiunque in un contesto di matrimonio tradivo e di famiglia debole»86.

 

 Le aree non feudalizzate dell’Europa nordoccidentale.

 

Un’altra difficoltà per la teoria secondo la quale fu il feudalesimo a produrre l’individualismo europeo è che diverse aree altamente individualiste dell’Europa nordoccidentale non svilupparono mai un sistema feudale. Il perché ciò sia accaduto è dunque una questione difficile ma critica, visto che, come osservato in precedenza, il sistema feudale è stato proposto come il fattore causale più importante per lo sviluppo dell’individualismo europeo. Nelle zone prossime al Mare del Nord (Frisia) esisteva un’economia pastorale che comportava robuste associazioni tra i contadini, mentre i signori non avevano altrettanto potere; la prospettiva contestualista vede tale situazione come causata da un ambiente paludoso, nel quale non era possibile l’agricoltura su vasti appezzamenti87.

Il sistema di coltivazione su vasti appezzamenti non era presente in East Anglia, nel Kent o in altre zone dell’“antica campagna”, che erano caratterizzate da «insediamenti sparsi e isolati»88. L’East Anglia era popolata principalmente da immigrati provenienti dalla Frisia, il Kent da quelli provenienti dallo Jutland. Il feudalesimo non spiega come mai queste zone finirono per essere caratterizzate dalla struttura familiare moderatamente individualista tipica dei popoli germanici. Inoltre i terreni acquitrinosi, che nell’East Anglia erano numerosi, furono prosciugati e sottoposti a coltivazione intensiva, così che, ad esempio, la contea di Norfolk nell’East Anglia era già sviluppata e popolata nel 1300 quanto lo sarebbe stata 500 anni più tardi, con un ambiente reso adatto all’agricoltura su ampi appezzamenti89.

D’altro canto, nell’Inghilterra centrale dominata dai sassoni (popolazione germanica) il sistema feudale di coltivazione su vasti appezzamenti di terreno si sviluppò presto. Tale sistema non si sviluppò mai nella Francia meridionale o nelle aree bizantine dell’Italia del sud, al contrario di quanto avvenne in Lombardia (colonizzata dal popolo germanico dei longobardi). Uno studio recente che confronta l’Italia del nord e quella del sud ha rilevato nell’Italia meridionale relazioni di parentela più intense, come pure una minor tendenza alla donazione del sangue90. Gli individualisti sono più inclini a contribuire al bene pubblico in forme, come la donazione del sangue, che possono venire in aiuto agli estranei.

 

Parentela germanica e parentela irlandese.

 

Parentela germanica.

Nelle aree germaniche la Sippe (la rete di parentela germanica) «si incontra raramente nelle fonti più antiche»91, ad indicare una minore importanza attribuita alla parentela estesa che risale alle epoche più antiche. «All’epoca in cui la Sippe compare nei testi storici, essa è già una struttura in declino»92. I riferimenti antichi più espliciti si trovano nelle leggi e negli atti dei longobardi, dei bavari e degli alamanni, ma questo avviene nell’era cristiana. Le Sippen giudicavano le dispute e potrebbero aver esercitato alcuni «diritti residuali» sulle proprietà dei loro membri93. Herlihy suggerisce che le Sippe comprendessero ciascuna all’incirca 50 famiglie e che andassero continuamente riformandosi e suddividendosi. Come le sept irlandesi, che vedremo più avanti, la Sippe aveva un territorio, ma all’interno di tale territorio la proprietà era individuale94. Quest’ultimo punto dunque mina alla base la teoria secondo la quale il sistema feudale diede origine alla proprietà individuale come risultato degli incentivi forniti dai signori feudali in una situazione di spopolamento delle terre. Sia tra gli irlandesi che tra i germani la proprietà individuale della terra coesisteva con i gruppi di parentela (rispettivamente le sept e le Sippen) ad indicare che questo aspetto dell’individualismo precedeva cronologicamente il sistema feudale.

In effetti, Herlihy sostiene che la Sippe non ebbe mai un’importanza primaria:

 

Il gruppo della parentela estesa e un certo tipo famiglie erano esistiti l’uno accanto alle altre da tempi immemorabili. Inoltre la Sippe rivestì sempre un ruolo secondario nella produzione e nella riproduzione, le due funzioni tipicamente spettanti alle famiglie. E queste funzioni fondamentali, sovente menzionate nei documenti, conferiscono alle famiglie una speciale visibilità. Non fu la piccola famiglia a rimpiazzare la Sippe: furono piuttosto raggruppamenti sociali più ampi, basati sul territorio, a metterla in ombra. E le famiglie continuarono ad essere centri di produzione e riproduzione, anche se la società in senso più ampio stava cambiando95.

La Sippe germanica […] cominciò a indebolirsi e a perdere funzioni e visibilità nel continente assai presto nel Medioevo, [mentre l’Irlanda] rimase a lungo attaccata alle sue istituzioni arcaiche96.

 

La parentela irlandese.

Gli irlandesi non svilupparono un sistema feudale, malgrado la mutevole topografia del territorio; sebbene vi fossero alcune somiglianze col feudalesimo, ciò «non generò una familia»97. Essi avevano quello che sembrerebbe essere un sistema intermedio tra il collettivismo moderato dell’Europa meridionale e l’individualismo moderato delle aree germaniche. Gli irlandesi erano divisi in tribù e in sept (simili alle Sippe germaniche). La discendenza era importante: vi era una forte memoria delle genealogie, che tipicamente includeva nella memoria vivente il fondatore, cosa che suggerisce instabilità e continui processi di suddivisione e riformazione98.

Le sept avevano confini riconosciuti che venivano difesi dagli estranei, un segno indicatore di collettivismo. Ciò nonostante, all’interno della sept la proprietà della terra era individuale, non comune, e pertanto esistevano differenze nella ricchezza. Le sept erano formate presumibilmente da 120-256 famiglie. Il matrimonio era monogamico e si dava particolare importanza all’avuncolato (cioè allo stretto legame tra un fratello e il figlio di sua sorella). Gli antropologi evoluzionisti hanno spiegato l’avuncolato come un mezzo per gestire l’incertezza della paternità: una donna è virtualmente certa che un figlio sia suo, e un fratello può essere certo di avere un legame biologico con la sorella; come risultato, la parentela definita attraverso la madre è più certa di quella definita attraverso il padre. Coerentemente con ciò, Herlihy osserva che le relazioni sessuali al di fuori del matrimonio erano accettate99.

A differenza delle culture germaniche, la natura fondamentalmente basata sulla parentela della cultura irlandese può essere osservata anche piuttosto tardi nella documentazione storica. Dati risalenti agli anni 1450-1550 indicano differenze di rilievo tra le aree gaeliche dell’Irlanda e le aree anglo-normanne; in queste ultime erano comuni le confraternite religiose non basate sulla parentela, assenti invece nelle aree gaeliche, cosa probabilmente dovuta ad una «eccezionale forza» delle istituzioni di parentela in queste aree100. «Il clan erenagh […] metteva a disposizione una rete parentale la cui assenza avrebbe reso necessaria la creazione di legami artificiali di fratellanza e sorellanza»101.

 

L’argomento etnico.

 

Questi aspetti sono coerenti con una prospettiva etnica sulla struttura familiare secondo la quale il sistema feudale è una creazione etnica dei popoli germanici, in opposizione alla prospettiva per la quale è il sistema feudale (concettualizzato come un incidente della storia) ad aver creato il contesto nel quale è fiorito l’individualismo.

Per meglio definire quanto detto, la teoria implicita che sta sullo sfondo della prospettiva contestualista è un modello universalista nel quale tutti gli esseri umani hanno la medesima tendenza ad abbracciare l’individualismo quando ne abbiano l’opportunità, e tale opportunità è stata fornita esclusivamente dal sistema feudale  che venne a crearsi come risposta alla particolare serie di circostanze che fecero seguito alla caduta dell’impero romano occidentale. La mia risposta è che in Europa esistevano già forti tendenze all’individualismo tra gli originari gruppi IE, comprendenti sicuramente i gruppi germanici che furono presumibilmente i primi a dare origine al sistema feudale.

Merita osservare che nella Germania (ca. 100 d. C.) Tacito descrive le relazioni tra padroni e schiavi in un modo che è notevolmente coerente col sistema feudale del primo Medioevo:

 

Gli altri schiavi [cioè coloro che non diventavano tali volontariamente per aver perso in un pericoloso gioco di abilità] non sono utilizzati secondo il nostro [romano] costume assegnando loro determinati compiti domestici, ma ciascuno di loro gestisce una casa e una famiglia proprie. Il padrone esige dallo schiavo una certa quantità di grano, di bestiame e di tessuti, come farebbe con un affittuario, e questi sono i limiti della sua soggezione102.

 

Ciò incarna l’essenza del sistema feudale, con gli schiavi che possiedono una sostanziale autonomia pur avendo degli obblighi verso il signore; se ciò che scrive Tacito è corretto, questo sistema ha preceduto di molto l’incorporazione delle tribù germaniche nell’impero romano. Similmente, George Caspar Homans osserva che «il Wessex e la Mercia possono aver conosciuto per secoli, in Inghilterra come nella patria germanica, un ordine sociale rurale che aveva somiglianza con quanto, in seguito, sarebbe stato considerato tipico di un feudo, più di quanto avvenne nelle società dell’East Anglia, del Kent e della Frisia»103. Homans concorda perciò con Tacito: nelle aree germaniche gli elementi essenziali del sistema feudale possono essere già esistiti secoli prima dell’età medievale.

Come osservato in precedenza, Tacito afferma anche che il modello del matrimonio tardivo era evidente tra le tribù germaniche del suo tempo. Ciò era alquanto dissimile dalla pratica adottata nell’impero romano, dove le ragazze, tipicamente, venivano fatte sposare subito dopo la prima mestruazione104.

La prospettiva etnica è inoltre coerente con il fatto che in certe aree dell’Europa meridionale la struttura della famiglia si basava sulle relazioni di parentela nonostante quelle aree facessero parte dell’impero franco e i signori avessero diritto di esigere rendite e altri servizi. In altre parole, se l’essenza del feudalesimo è un sistema di rendite e di obblighi dovuti a un signore, tale sistema non sminuì l’importanza delle relazioni di parentela nella Francia del sud e in Italia. Come osserva Hartman, «nonostante l’influenza della Chiesa, dei signori feudali e del sovrano, l’autorità esercitata quotidianamente in un villaggio proveniva dai capi dei circa quaranta ostals [appezzamenti di terra dominati da particolari gruppi di parentela]105». A Montaillou il signore impose un certo numero di tasse e di rendite sulle ostals106, come nel sistema feudale, ma la terra rimase sotto il controllo del gruppo di parentela, mentre nei territori originari dell’impero franco essa era posseduta dalle singole famiglie nucleari. In altri termini, nel Sud il sistema delle rendite si adattò all’ambiente familiare moderatamente collettivista, mentre nel Nord esso si adattò a quello moderatamente individualista. La dominazione da parte delle élite non modificò la struttura familiare, ma si adattò ad essa. Ne concludo che, coerentemente con le osservazioni di Tacito, i popoli germanici avevano una tendenza maggiore, rispetto ad altri gruppi, a creare un sistema feudale, e che questo sistema si era stabilito molto tempo prima delle conquiste franche all’inizio del Medioevo. I germani inoltre avevano una maggiore tendenza all’individualismo rispetto agli irlandesi (e agli europei dei sud e dell’est) molto tempo prima che venisse stabilito il sistema feudale all’inizio del Medioevo.

Ciò nondimeno, nel Medioevo, in una situazione di spopolamento e di conseguente necessità di manodopera, i proprietari terrieri possono benissimo essere stati motivati a concedere alle famiglie una maggiore autonomia individuale. A differenza di quanto visto in precedenza riguardo alla scarsità di manodopera in India, nelle condizioni summenzionate le tendenze naturali degli europei nordoccidentali vennero in primo piano, e il potere del gruppo di parentela estesa declinò ulteriormente. Il sistema aveva già stabilito modelli di trasmissione ereditaria individuali che avevano prodotto differenze di ricchezza tra le famiglie, e queste di conseguenza si distaccarono con relativa facilità da quanto rimaneva dei legami di parentela estesa. Esse adottarono naturalmente la responsabilità personale piuttosto che il familismo collettivista, perché questa era già parte della loro cultura; della Sippe non restò pertanto che la memoria storica.

L’importanza degli incentivi forniti ai contadini nel facilitare l’individualismo (ma non nel causarlo) può essere osservata in Olanda, dove i signori offrivano condizioni attraenti ai coloni che intendevano lavorare nuove terre coltivabili:

 

Le conseguenze di questo processo furono significative per vaste aree dell’Olanda dal X secolo in poi. Sia il vescovo di Utrecht che il Conte d’Olanda (ma a volte anche i signori locali) attrassero coloni nelle zone  acquitrinose scarsamente abitate offrendo loro la libertà personale dal servaggio e pieni diritti sulla proprietà della terra. Le popolazioni rurali che rivendicavano le terre torbose olandesi tra il X e il XV secolo conoscevano a malapena gli obblighi feudali, sebbene a dire il vero recenti prove archeologiche abbiano evidenziato l’esistenza di alcune (limitate) proprietà feudali già a partire dal IX secolo. Infatti molti dei coloni delle terre olandesi provenivano da società fortemente feudalizzate e cercavano di sfuggire alle costrizioni del servaggio spostandosi nell’entroterra. Ciascun colono riceveva un appezzamento di terra di dimensioni prestabilite come sua proprietà, ma godeva altresì di un legislazione vantaggiosa sui terreni incolti (recht van opstrek) che permetteva a chiunque di rivendicare qualsiasi porzione di terre palustri estendendo i confini dei propri appezzamenti fino  a che non incontrava un limite naturale o il confine di un’altra proprietà […]

Lo stesso processo si può osservare per le regioni paludose costiere della Frisia e della Germania. In questo contesto di rivendicazione si sviluppò anche una società contadina caratterizzata da una distribuzione della proprietà fortemente egualitaria. La proprietà terriera era su piccola scala e nelle mani degli stessi contadini, con un’agricoltura assai poco specializzata nella sua fase iniziale. La proprietà terriera degli aristocratici era minima: solo il 5-10% dell’area complessiva, nel tardo Medioevo. Questa struttura di libera proprietà contadina restò in piedi dall’epoca in cui ebbe inizio la rivendicazione delle terre fino al secolo XVI.

La rivendicazione delle terre acquitrinose dell’Olanda medievale produsse società giuridicamente libere e relativamente egualitarie, cosa che a sua volta ebbe un’influenza sulle modalità di sfruttamento dei terreni in quelle zone. La terra era lavorata da coloro che l’avevano colonizzata e che la possedevano quasi completamente, e cioè i contadini. Ciò che emerge fin dai primi tempi della colonizzazione e che perdura fino al XVI secolo è una proliferazione di tenute agricole di dimensioni piccole e medie, direttamente sfruttate dalle famiglie contadine […].

L’Olanda medievale era caratterizzata da una distribuzione egualitaria della proprietà, da elevati livelli di libertà e di autonomia dei suoi abitanti, da diritti di proprietà certi e da un sistema moderno di trasferimento della stessa, da un’ampia gamma di attività economiche specializzate e commerciali (non agricole) e da un mercato delle merci e dei capitali flessibile e senza restrizioni107.

 

E’ degno di nota il fatto che in questo quadro sintetico sia inclusa la Frisia, perchè i frisoni emigrarono nell’East Anglia nel V secolo, 500 anni prima che avesse luogo la rivendicazione delle terre in Olanda. Comunque, in East Anglia i frisoni opposero resistenza al feudalesimo. A sostegno di questo scenario migratorio del V secolo, Homans adduce prove linguistiche, come pure fonti scritte contemporanee (p. es. Beda) e archeologiche108. In queste zone, a differenza di quelle feudalizzate, esistevano proprietà indipendenti (ossia non gravate da obblighi di lavoro nei confronti del signore feudale) nei pressi dei piccoli villaggi (gli hamlets)109. Nel corso del tempo le proprietà divennero diseguali, così che verso la fine del XIII secolo «l’irregolarità fu la regola, piuttosto che l’eccezione»110. Condizioni del genere non portarono al sistema feudale:

 

Se un guerriero dell’Età Oscura avesse voluto trarre sostentamento per sé e per i suoi seguaci sfruttando il lavoro nelle terre di sua proprietà, gli sarebbe stato assai più facile sfruttare il villaggio che sorgeva tra vasti appezzamenti coltivati, i cui membri erano già abituati ad una cooperazione agricola su ampia scala, piuttosto che le zone in cui prevalevano piccole proprietà indipendenti e scarsamente organizzate quali l’East Anglia, il Kent e la Frisia111.

 

Comunque, un aspetto critico che emerge da tutto ciò è che malgrado vivessero al di fuori delle aree feudalizzate, gli abitanti dell’East Anglia, antenati dei Puritani di Salem, divennero un modello del sistema familiare dell’Europa nordoccidentale. Hartman, in effetti, vede nella Salem puritana un paradigma ideale della famiglia occidentale individualista. Questa è un’ulteriore obiezione alla teoria che il sistema feudale abbia dato origine alla famiglia individualista.

Tuttavia, almeno all’epoca della conquista normanna dell’Inghilterra e probabilmente a partire dalle originarie migrazioni del V secolo112 nel Kent (colonizzato dagli Juti, popolo germanico originario probabilmente dello Jutland) e nell’East Anglia (colonizzata principalmente dagli Angli provenienti dalla Frisia) vi sono prove di un ruolo della parentela estesa più rilevante di quello osservabile nelle aree feudalizzate dell’Inghilterra centrale, un modello che somigliava a quelli «della riva meridionale della Manica, in particolare della zona posta tra l’antica area sassone della Germania e l’area franco-frisone»113. Homan osserva che la Frisia aveva una struttura familiare estesa e un sistema ereditario in cui la proprietà [terriera, n. d. t.] rimaneva indivisa tra gli eredi (fratelli) che la lavoravano insieme, oppure veniva suddivisa tra gli eredi stessi. La terra era posseduta da un gruppo parentale patrilineare e l’eredità (detta gavelkind) era divisibile tra i successori (spesso fratelli); se uno dei fratelli moriva senza discendenti, la sua porzione di terra ritornava al gruppo. Ciò finì per generare proprietà troppo piccole per poter fornire un sostentamento114. Dunque, malgrado abbiano dato origine ai puritani, il cui sistema familiare era senz’altro parte della tradizione individualista europea occidentale, l’East Anglia e la Frisia sembrano aver avuto originariamente un sistema familiare che assomigliava per certi versi a quello della Francia meridionale: «E’ come se avessimo a che fare con comunità di famiglie estese come quelle che [il sociologo francese Frédéric] Le Play ha descritto come ancora esistenti in Alvernia [regione della Francia a sud della linea Saint Malo–Ginevra] nel XIX secolo: gruppi di uomini che rivendicavano la discendenza da un comune antenato maschio, che vivevano nella stessa casa o in un piccolo gruppo di case e che gestivano in comune una proprietà terriera compatta, sotto la guida del maschio più anziano o più abile di ogni successiva generazione adulta»115.

Nell’East Anglia il matrimonio aveva luogo ad un’età più giovane rispetto a quanto avveniva nelle aree feudalizzate dell’Inghilterra, e questa regione aveva un tasso di crescita naturale più alto116 che esercitava una pressione sulla proprietà terriera nella misura in cui, a causa del sistema ereditario che contemplava la suddivisione, gli appezzamenti agricoli venivano frazionati. In questo sistema erano assai pochi i contadini legati ai signori da obblighi lavorativi. In effetti, i contadini liberi dell’Est Anglia (contee di Norfolk e Suffolk) costituivano approssimativamente la metà di tutti gli uomini liberi dell’Inghilterra, come stima il Domesday Book del 1086117.

Ciò suggerisce una sequenza evolutiva tra questi gruppi che ha all’origine una struttura familiare più collettivista di quella presente nelle aree feudalizzate, che in seguito tuttavia si evolse in una struttura individualista senza che il sistema feudale fosse mai entrato a far parte del quadro. Ciò a sua volta implicherebbe quanto segue:

 

  1. Il sistema feudale non costituisce un fattore critico per lo sviluppo di famiglie individualiste nell’Europa settentrionale, perché i frisoni e i loro discendenti (p. es. gli abitanti dell’East Anglia) finirono per sviluppare famiglie individualiste in assenza di feudalesimo e perché tra le popolazioni germaniche nell’impero romano occidentale le testimonianze di modelli familiari individualisti precedono di molto la feudalizzazione dell’inizio del Medioevo. Come risultato del non essere parte del sistema feudale gli abitanti dell’East Anglia non erano legati ai signori da obblighi di servizio e avevano una libertà individuale relativamente più grande, tema centrale, questo, del capitolo 6 riguardante i puritani. D’altro canto, malgrado l’importanza simile della famiglia estesa tanto nell’East Anglia quanto a Montaillou, una differenza importante è che a Montaillou il signore imponeva una varietà di tasse e di rendite sugli ostals118, cosa che non avveniva in Est Anglia. Gli abitanti di questa regione, pertanto, non avevano una tradizione di sottomissione a un signore.
  2. Comunque, è probabile che il sistema feudale abbia accelerato l’ascesa della famiglia individualista, dato che regioni non feudalizzate come l’Est Anglia e il Kent rimasero indietro rispetto a quelle feudalizzate nell’abbandonare il collettivismo familiare. Malgrado ciò, le popolazioni di queste due regioni divennero esponenti esemplari della famiglia individualista, col dovuto rispetto per il lavoro di Hartman sui puritani del New England.
  3. Il motivo più probabile delle differenze tra l’Europa settentrionale e quella meridionale, che ha continuato ad esistere da epoche immemorabili fino al presente, è costituito dal clinale etnico, lo stesso che è stato documentato per la statura119. Le aree non feudalizzate dell’Europa meridionale conservarono elementi del modello familiare collettivista per molto tempo dopo la sua scomparsa dalle aree, feudalizzate e non, dell’Europa settentrionale, e di fatto fino all’epoca contemporanea. Ancora una volta, ciò suggerisce che gli europei settentrionali possiedano una tendenza etnica all’individualismo maggiore rispetto agli europei meridionali.
  4. Per finire, come si vedrà nella sezione seguente, le forme più estreme di individualismo si osservano in Scandinavia, che non conobbe mai un sistema feudale.

 

 

 

 

L’individualismo estremo a sostegno statale della Scandinavia.

 

Come osservato in precedenza, gli scandinavi mostrano i modelli di famiglia più individualisti dell’intera Europa120. Ciò potrebbe sembrare paradossale alla luce delle politiche economiche socialiste, delle forti tendenze all’egualitarismo, al conformismo e all’osservanza delle leggi della Svezia, ma la logica è piuttosto chiara:

 

L’aspetto peculiare della politica sociale svedese non è la misura in cui lo stato è intervenuto nella società, né i generosi programmi di previdenza sociale, ma la logica morale che soggiace a tutto ciò. Per quanto il percorso non sia stato affatto rettilineo, è possibile scorgere, nel corso del XX secolo, una predominante ambizione a liberare il cittadino, l’individuo, da ogni forma di subordinazione e di dipendenza nella società civile: il povero dalla carità, i lavoratori dai datori di lavoro, le mogli dai mariti, i figli dai genitori (e viceversa, quando i genitori sono divenuti anziani).

In pratica il primato dell’autonomia individuale è stato istituzionalizzato tramite una pletora di leggi e di pratiche […] L’interdipendenza all’interno della famiglia è stata resa minima mediante la tassazione individuale dei coniugi, le riforme delle leggi sulla famiglia hanno revocato l’obbligo di sostentare i genitori anziani, un’assistenza più o meno universale rende possibile alle donne lavorare, i prestiti agli studenti, che non tengono conto del reddito dei genitori o del coniuge, danno ai giovani adulti un ampio grado di autonomia in rapporto alle loro famiglie, e i bambini ottengono uno status più indipendente grazie all’abolizione delle punizioni corporali e alla forte enfasi posta sui loro diritti. Nel complesso, questa legislazione ha reso la Svezia la società meno dipendente dalla famiglia e più individualizzata sulla faccia della terra121.

 

In questo regime le famiglie sono diventate delle «associazioni volontarie», malgrado continuino a mostrare un cospicuo investimento parentale, come sta ad indicare l’elevata quota del tempo trascorso con i figli. Le famiglie nordiche sono relativamente inclini «all’indipendenza (dei bambini), all’individualismo e all’eguaglianza (tra i sessi)»122. La «teoria svedese dell’amore» è che i coniugi non debbano dipendere l’uno dall’altro, che il vero amore escluda una relazione di dipendenza di qualunque tipo (ad esempio finanziaria) dall’altra persona123. I sondaggi sui valori confermano che le società nordiche si collocano tutte ai primi posti per quanto riguarda «l’espressione emancipatoria di sé»124. Le società nordiche sono altresì in vetta alle classifiche rispetto alla fiducia sociale come pure rispetto ai valori secolari e razionali, a dispetto del fatto che la fiducia sia tipicamente associata alla religiosità125. Per finire, l’elevato livello di «fiducia generale» fornisce vantaggi economici, in quanto diminuisce i «costi di transazione» connessi alla necessità di contratti scritti, difesa legale, cause, ecc.126.

Queste tendenze alla libertà individuale e all’indipendenza da soggetti superiori risale come minimo al periodo medievale. Michael Roberts ha osservato che il contadino della Svezia medievale «manteneva la sua libertà sociale e politica in una misura maggiore, rivestiva un ruolo più importante nella politica del paese ed era nel complesso una persona più ragguardevole che in qualsiasi altro paese dell’Europa occidentale»127.

Analogamente Lars Trägårdh:

 

Il rispetto per la legge e una visione positiva dello stato sono storicamente legati alla relativa libertà dei contadini svedesi. La debolezza, per non dire l’assenza, di istituzioni feudali trova corrispondenza in una storia di autonomia individuale, di autodeterminazione, di proprietà della terra, di rappresentanza parlamentare come “stato” e di conseguente disponibilità e capacità di partecipare alla vita politica del paese. Vi è, certamente, un forte aspetto mitologico in questa assenza frequentemente menzionata di una transizione feudale in Svezia […] Ciò nondimeno, la conseguenza della relativa inclusione e della delega di poteri [ai contadini] fu che il loro stato di sudditi venne bilanciato dalla loro posizione di cittadini. Come “stato” nel parlamento essi avevano un ruolo nell’approvazione delle leggi, che in tal modo ottenevano legittimazione popolare. Inoltre siccome i contadini e il re (a volte insieme al clero) erano spesso uniti in una lotta comune contro il comune avversario, la nobiltà, molti contadini arrivarono a vedere lo stato, nella figura del re, come qualcosa che, in certo qual modo, stava “dalla loro parte”. Sicuramente, nella realtà concreta le alleanze politiche erano mutevoli, alcuni re furono più potenti di altri e la nobiltà fu talvolta vicina ad ottenere quel tipo di assoggettamento dei contadini che era la norma in gran parte del resto d’Europa. Ma a conti fatti, la lotta dei contadini per mantenere i loro diritti legali, politici e di proprietà ebbe un notevole successo, e all’epoca in cui gli ideali democratici e liberali, provenienti dal continente europeo, si fecero strada in Svezia, nel XIX secolo, essi si fusero efficacemente con queste tradizioni politicamente forti della piccola proprietà terriera128.

 

Questo brano si accorda bene con quanto scrive lo storico ottocentesco Erik Gustaf Geijer (1783-1847). Geijer osservava come il feudalesimo (che consisteva in diritti ereditari per i nobili e nella servitù per i contadini) si fosse sviluppato nella maggior parte delle società germaniche con la conquista da parte dei franchi; comunque «nella stessa Scandinavia […] i feudi (appezzamenti di terreno assegnati alla nobiltà) non divennero mai ereditari, e tanto meno venne introdotta nel popolo la servitù»129. Inoltre la monarchia svedese tradizionale non era oppressiva: Geijer «credeva fermamente nella monarchia costituzionale con una forte influenza personale di un re potente, ponendo l’accento sul legame esclusivo tra il monarca e il suo popolo, che Geijer considerava come un fatto storico in Svezia»130.

 

Il re non agiva come il supremo conciliatore, né giudicava l’uomo libero in assenza dei suoi pari, poiché tutti i giudizi venivano pronunciati col popolo o, che è lo stesso, con un giuria elettiva. In guerra il re era il comandante, sebbene il popolo non lo seguisse incondizionatamente in tutto, ma solo in ciò in cui esso stesso aveva avuto un ruolo decisionale o che la presenza del nemico nel paese rendeva necessario. Ogni altra guerra non era una guerra nazionale, ma semplicemente una faida, nella quale in re poteva anche impegnarsi liberamente con i suoi uomini, ossia coloro che gli dovevano una lealtà particolare (fideles) [cioè “l’armata permanente” del re131 o il “comitatus132, vale a dire il Männerbund] o che si alleavano con lui temporaneamente. Perché nessun uomo libero, neppure se suddito del re, era un uomo del re, ma apparteneva a sé stesso. Essere indicato come uomo del re richiedeva un rapporto particolare133.

La nobiltà guerriera era una nobiltà di servizio e di corte e per molto tempo (soltanto in seguito all’espansione del potere regio) non ebbe alcun privilegio nei confronti del popolo. Nessuno dei vantaggi ad essa connessi era ereditario né permanente rispetto ad una data persona134.

 

Geijer afferma: «in Scandinavia noi sappiamo che in origine il governo fu gestito dai sacerdoti» e pone in contrapposizione il regime sacerdotale con «i primi governanti “odinici”»135. Come osservato nel capitolo 2, Odino era il «dio del furore guerriero» ed era strettamente associato alla cultura guerriera degli IE136.

Il governo della legge, più che il dispotismo del re, era la norma: «il governo della legge era essenziale al contratto sociale che sosteneva l’emergente stato svedese, e l’adesione alla legge da parte del re e della sua amministrazione era essenziale alla legittimazione dello stato»137. Questi valori, incorporati nella legge, divennero norme sociali interiorizzate.

L’accettazione di un forte controllo da parte dello stato a sostegno dell’egualitarismo è dunque vista dagli svedesi come necessaria proprio per ottenere l’autonomia individuale:

 

Dal punto di vista di quella che si potrebbe chiamare l’ideologia svedese, un interventismo attivo da parte dello stato per promuovere condizioni egualitarie non è una minaccia all’autonomia individuale, ma anzi è l’opposto: un prerequisito necessario per liberare i cittadini dalla degradante e umiliante dipendenza reciproca. In quanto cultura e sistema politico, la Svezia non può essere semplicemente descritta come comunitarista, ossia una società nella quale i cittadini attribuiscono alla loro reciproca associazione un valore superiore rispetto all’autorealizzazione. Infatti, malgrado la retorica ufficiale della solidarietà e della democrazia sociale, la Svezia non è una Gemeinschaft [comunità, n. d. t.] calda, composta di altruisti straordinariamente premurosi e amorevoli, bensì una Gemeinschaft ipermoderna di individui che mirano all’autorealizzazione e che credono che uno stato forte e delle norme sociali stabili terranno lontani i loro vicini di casa sia dalle loro vite che dal loro giardino138.

 

Al livello della famiglia, Berggren e Trägårdh concordano con Patrick Heady139 (vedi sopra) sul fatto che la Svezia “si distingua” dal sistema familiare europeo occidentale. Come osservato in precedenza, un aspetto chiave del sistema svedese era che i giovani dovevano assumersi la responsabilità individuale del loro matrimonio e del loro percorso nel mondo: «I giovani erano governati da sistemi di autocontrollo interiorizzati, non ultimo la tradizione del “night bundling139a, che sebbene non fosse affatto esclusiva della Svezia era molto diffusa e rilevante»140.

La Svezia occupa pertanto una posizione di vertice nella scala dell’individualismo. «La Svezia (e in misura alquanto minore il resto della Scandinavia) [è diventata] la società meno orientata verso la famiglia e più individualizzata del mondo, toccando punte estreme di autoespressione emancipatoria e di valori secolari e razionali»141. Il lato negativo comprende un elevato tasso di divorzi, mancanza di pietà figliale, «tassi allarmanti di stress e di problemi psicologici» e una cultura giovanile individualista che, nel mondo contemporaneo, è passibile di sfruttamento da parte degli interessi commerciali ed è fortemente incline alla promiscuità sessuale e alle droghe142.

 

 

 

 

Conclusioni.

 

L’argomento centrale, qui, è che le origini della peculiare struttura familiare dell’Europa nordoccidentale siano da rintracciarsi nelle influenze biologiche derivanti da una combinazione di popolazioni IE originarie delle steppe dell’Europa sudorientale e di popolazioni di CR il cui passato evolutivo affonda le sue radici nella stessa Europa nordoccidentale.

 

  1. La pratica diffusa di collocare persone a servizio presso le case di estranei non imparentati con loro non può essere spiegata in termini puramente economici come risposta al sistema feudale medievale. Comunque, essa è compatibile con elaborati sistemi di reciprocità non basati sulla parentela osservati nella cultura dei CR che vivono in ambienti difficili (capitolo 2) come pure è caratteristica delle culture proto-IE e di quelle da esse derivate (capitolo 3) antiche di migliaia di anni.
  2. Coerentemente con la spiegazione primordialista, gli storici non sono in grado di datare con certezza le origini della famiglia individualista. Tenendo conto delle osservazioni di Tacito sulla schiavitù presso i germani (che, come osservato, era essenzialmente un sistema feudale) il fatto che i costumi di monogamia, di matrimonio tardivo e di trasmissione individuale dell’eredità precedano di molto l’inizio del Medioevo suggerisce che il modello di famiglia individualista sia radicato nella storia evolutiva dei popoli germanici.
  3. La famiglia individualista si adatta male al sistema feudale, a causa della sua minore capacità, rispetto a quella collettivista, di proteggere le femmine da avances sessuali non desiderate e di assicurare adeguate condizioni di sostentamento ai genitori anziani. Il matrimonio tardivo per le femmine ha anche come conseguenza una minore fertilità e rende meno probabile la generazione di eredi.
  4. Le forme di famiglia del Nordest, assai diverse rispetto a quelle di gran parte dell’Europa meridionale, continuarono a sussistere le une accanto alle altre malgrado la religione fosse la stessa (fino all’avvento della Riforma, che interessò soprattutto le aree germaniche dell’Europa nordoccidentale) e nonostante l’introduzione del sistema feudale in entrambe le aree come risultato della conquista franca. Similmente, il collettivismo delle famiglie mediorientali persistette malgrado l’occupazione da parte delle culture individualiste occidentali.
  5. Una spiegazione contestualista secondo la quale lo spopolamento avrebbe spinto i proprietari terrieri a fare concessioni alle famiglie [dei contadini, n. d. t.] non regge, perché condizioni simili in altre parti dell’Eurasia non diedero origine a famiglie individualiste.
  6. Esiste un clinale nell’Europa nordoccidentale tale per cui il modello più individualista di famiglia si riscontra in Scandinavia e in particolare in Svezia, che non subì mai la feudalizzazione.

 

Ciò su cui qui si pone l’accento è la differenza tra i modelli di famiglia lungo la linea nordovest-sudest.

Questa prospettiva permette un’analisi più raffinata di quella suggerita dalla linea di Hajnal, che raccoglie nella medesima categoria l’Europa nordoccidentale e quella sudorientale ad ovest di una linea che va da Trieste a San Pietroburgo, con l’eccezione dell’Irlanda, della Penisola Iberica meridionale e dell’Italia meridionale. Tale divisione include ad esempio la Francia settentrionale e quella meridionale nella stessa categoria, malgrado le differenze assai ampie qui osservate.

La deviazione dell’Irlanda rispetto al modello dell’Europa nordoccidentale e la conformità a quello stesso modello delle aree di lingua germanica dell’Italia del nord al principio del Medioevo sono state discusse in precedenza. Questi dati suggeriscono che il modello familiare moderatamente individualista dell’Europa nordoccidentale sia fondamentalmente una creazione etnica dei popoli germanici, che possiedono un minor retaggio genetico derivante dagli agricoltori mediorientali (che è invece elevato nell’Europa meridionale) e un maggior retaggio genetico derivante dagli IE e dai CR, entrambi più diffusi nell’Europa del nord che in quella del sud.

 

In conclusione, un gradiente genetico nordovest-sudest rappresenta la principale coordinata in grado di spiegare le variazioni della struttura familiare nell’Europa occidentale. Certamente, considerata in un contesto più ampio (in confronto, ad esempio, al Medio Oriente) tutta l’Europa, compresa quella orientale, è relativamente individualista.

 

Note.

 

  • Questo capitolo si basa su: Kevin MACDONALD, The Familial Origins of European Individualism, “The Journal of Social, Political and Econimic Studies”, 43, nn. 1 e 2 (primavera e estate 2018): 78-108. https://www.researchgate.net/publication/325395931.
  • Mary S. HARTMAN, The Household and Making of History: A Subversive view of of the Western Past, Cambridge, UK, Cambridge University Press, 2004, 1, XXX.
  • Ibid., 3.
  • Si veda ad esempio HARTMAN, ibid.; Michael MITTERAUER, Why Europe? The Medieval Origins of Its Special Path, trad. Gerald Chapple, Chicago, University of Chicago Press, 2010, ed. orig. tedesca 2003. [5] Ad esempio HARTMAN, The Household and Making of History, 6; Peter LASLETT, Characteristics of the Western Family Considered Over Time, “Journal of Family History”, 2, estate 1977: 89-114, 95.
  • HARTMAN, The Household and Making of History, 13.
  • John HAJNAL, European Marriage Patterns in Perspective, “Population in History: Esays in Historical Demography”, D. V. Glass, D. E. Eversle (edit.), Chicago, Aldine, 1965: 101-43. 132.
  • James A. BRUNDAGE, Concubinage and Marriage in Mediaval Canon Law, “Journal of Medieval

History”, 1: 1-17, 1975; Barbara HANAWALT, The Ties thet Bound: Peasant Families in Medieval England,

New York, Oxford University Press, 1986; Alan MACFARLANE, Marriage and Love in England: Modes of

Reproduction 1300-1840, London, Basil Blackwell, 1986; Lawrence STONE, The Family, Sex and Marriage in England: 1500-1800, New York, Harper & Row, 1977; Lawrence STONE, The Road to Divorce: 15301987, Oxford, Oxford University Press, 1990.

  • STONE, The Family, Sex and Marriage in England: 1500-1800.
  • MACFARLANE, Marriage and Love in England, 174.
  • Edward WESTERMARCK, The History of Human Marriage, 5.a ed., New York, Allerton, 1922.
  • Ad esempio PETER BROWN, Late Antiquity, in Paul VEYNE (ed.), A History of Private Life, vol. I, trad.

Arthur Goldhammer, Cambridge, Harvard University Press, 1987: 235-311; Alain CORBIN, Backstage, in Michelle PERROT (ed.), A History of Private Life: IV. From the Fires of the Revolution to the Great War, trad. Arthur Goldhammer, Cambridge, Harvard University Press, 1990: 451-667; Roy PORTER, Mixed Feelings: The Enlightenment and Sexuality, in “Eighteenth-Century Britain”, Manchester, UK, Manchester

University Press, 1982: 1-27; Paul VEYNE, The Roman Empire, in Paul VEYNE (ed.) A History of Private Life, vol I, trad. Arthur Goldhammer, Cambridge, Harvard University Press, 1987: 5-234.

  • LASLETT, Characteristics of the Western Family Considered Over Time, 1977.
  • HAJNAL, Two Kinds of Pre-industrial Household Formation System.
  • STONE, The Family, Sex and Marriage in England.
  • HAJNAL, Two Kinds of Pre-industrial Household Formation System.
  • HARTMAN, The Household and Making of History, 25.
  • Ibid., 41.
  • Incidentalmente, da questa prospettiva si potrebbe anche sostenere che il collettivismo moderato di gran parte dell’Europa meridionale e la sua persistenza fino all’epoca attuale necessitino di una spiegazione almeno quanto i modelli individualisti dell’Europa settentrionale.
  • Patrick HEADY, A “Cognition and Practice” Approach to an Aspect of European Kinship, “CrossCultural Research”, 51, n. 3, 2017: 285-310.
  • Maria IACOVU, Alexandra SKEW, Household Structure in the EU, in Anthony B. ATKINSON, Eric

MARLIER (edit.), Income and Living Conditions in the EU, Luxembourg, Publications Office of the European Union, 2010: 79-100, 81.

  • HAJNAL, European Marriage Patterns in Perspective.
  • HARTMAN, The Household and Making of History, 29.
  • Comunque, in una situazione in cui gli uomini dovevano affrontare la prospettiva di essere costretti a sposare la madre del loro figlio illegittimo, essi subivano anche pressioni affinchè mantenessero il controllo della loro sessualità.
  • Kevin MACDONALD, Effortful Control, Explicit Processing and the Regulation of Human Evolved Predispositions, “Psychological Review”, 115, n. 4, 2008: 1012-1031.
  • Peter LASLETT, Family and Household as Work Group and Kin Group: Areas of Traditional Europe

Compared, in Richard WALL (ed.) in collaborazione con Jean ROBIN e Peter LASLETT, Family Forms in Historic Europe, Cambridge, UK, Cambridge University Press, 1983: 513-564.

  • Krzysztof KOŚCIŃSKI, Assessment of Waist-to-Hip Ratio Attractiveness in Women: An Anthropometric Analysis of Digital Silhouettes, “Archives of Sexual Behavior”, 43, n. 5, 2014: 989-997.
  • Thomas R. MALTHUS, An Essay on the Principle of Population, New York, W. W. Norton, 1976; ed.

orig. 1798; cit. in MACFARLANE, Marriage and Love in England, 294.

  • S. SCHOFIELD, Family Structure, Demographic Behavior and Economic Growth, in J. WALTER, R. S.

SCHOFIELD (eds.) Famine, Disease and the Social Order in Early Modern Society, Cambridge, Cambridge University Press, 9188: 279-304, 285.

  • HARTMAN, The Household and Making of History, 74.
  • TACITO, Germania, 18 (corsivo nostro).
  • HARTMAN, The Household and Making of History, 75.
  • LASLETT, Characteristics of the Western Family Considered Over Time, 113.
  • HARTMAN, The Household and Making of History, 76.
  • Richard P. SALLER, Brent D. SHAW, Tombstones and Roman Family Relations in the Principate:

Civilians, Soldiers and Slaves, “The Journal of Roman Studies”, 74, 1894: 124-156, 124.

  • Ibid.
  • Ibid., 146.
  • Brent D. SHAW, Richard P. SALLER, Close-Kin Marriage in Roman Society?, “Man” (New Series). 19, 3, settembre 1984: 432-444, 432.
  • Ibid., 438-439.
  • Ibid.
  • HARTMAN, The Household and Making of History, 86.
  • Kevin MACDONALD, Temperament and Evolution, in Marcel ZENTNER, Rebecca L. SHINER (eds.) Handbook of Temperament, New York, Guilford Press, 2012: 273-296.
  • HARTMAN, The Household and Making of History, 83.
  • Wally SECCOMBE, A Millennium of Family Change: Feudalism to Capitalism in Northwestern Europe, London, Verso, 1992: 43.
  • Richard M. SMITH, Geographical Diversiy in the Resort to Marriage in Late Medieval Europe: Work, Reputation and Unmarried Females in the Household Formation Systems of Northern and Southern Europe, in P. J. P. GOLDBERG (ed.) Women in Medieval English Society, Phoenix Mill, Gloucestershire, UK, Sutton Pu., 1997: 16-59, 17.
  • MITTERAUER, Why Europe?, 28.è [46a] N. d. t.: la cartina risulta mancante.
  • Ibid., 34.
  • Ibid., 29.
  • Ibid., 30.
  • Ibid., 31.
  • George Caspar HOMANS, The Rural Sociology of Medieval England, “Past and Present”, 4, 1953: 32-43; rist. in George Caspar HOMANS, Sentiments and Activities, London, Forgotten Books, 2016: 145-157, 147. [52] Dal Black’s Law Dictionary, 2.a ed., 1891: Un villano è «una persona legata a un fondo agricolo feudale che era sostanzialmente nella condizione di uno schiavo che svolgeva il lavoro umile e servile in quel fondo per il signore ed era, sotto molti aspetti, un bene di proprietà del medesimo»; (cfr. https://dictionary.thelaw.com/villein/).
  • Dal Black’s Law Dictionary, 2.a ed., 1891: «Il socage, in Inghilterra, è la proprietà di certe terre che contempla determinati servizi agricoli che devono essere svolti dall’affittuario a beneficio del signore cui è dovuto il canone d’affitto. Socage, nella più ampia accezione del termine, sembra denotare la conduzione di una proprietà collegata ad un determinato servizio»; (cfr. https://dictionary.thelaw.com/villein/).
  • MITTERAUER, Why Europe?, 59.
  • HERLIHY, Medieval Households, Cambridge, Harvard University Press, 1985: 157.
  • HARTMAN, The Household and Making of History, 89.
  • Binay Bhushan CHAUDHURI, Major Influences on Agriculture, Ecology, Politics and Economics, in Binay Bhushan CHAUDHURI (ed.), History of Science, Philosophy and Culture in Indian Civilization, vol. III, part 2, Delhi, Pearson Education India, 2008: 169-402.
  • Ibid.
  • HARTMAN, The Household and Making of History, 90.
  • Ibid., 91.

[60a] N. d. t.: L’espressione life-cycle service, utilizzata dall’Autore, indica la consuetudine per cui gli adolescenti andavano a servizio presso le case di individui non imparentati con loro per un periodo che terminava quando diventavano adulti.

  • Ibid., 99.
  • La mentalità dei musulmani nei riguardi della religione e della sessualità si mostra resistente al cambiamento dopo l’emigrazione nei paesi occidentali. Per quanto i musulmani occidentali si collochino frequentemente, quanto a mentalità, in una posizione intermedia tra la società islamica e quella occidentale, non vi sono prove che il ricambio generazionale, di per sé, possa modificare la situazione in modo che le differenze culturali tra musulmani e autoctoni occidentali scompaiano: i giovani occidentali adottano i valori moderni più rapidamente dei loro coetanei musulmani. Cfr. Ronald INGLEHART, Pippa NORRIS, Muslim Integration into Western Cultures: Between Origins and Destination, HKS Faculty Research Working Paper Series RWP09-007, John F. Kennedy School of Government, Harvard University, 2009.

https://dash.harvard.edu/bitstream/handle/1/4481625/norris_muslim_integration.pdf?sequence=1.

  • Ladislav HOLY, Kinship, Honour and Solidarity: Cousin Marriage in the Middle East, Manchester, UK, Manchester University Press, 1989: 12, 13.

Cfr. https://books.google.com/books?hl=en&lr=&id=99vBAAAAIAAJ.

  • Emmanuel LE ROY LADURIE, Montaillou: Cathars and Catholics in a French Village, 1294-1324, trad.

Barbara Bray, New York, Penguin Books, 1980; ed, orig. Paris, Editions Gallimard, 1978.

  • Come osservato in precedenza, un punto debole dell’argomento di Hartman inteso a spiegare perché il modello europeo nordoccidentale sia funzionale agli interessi della famiglia, è che si poteva trarre profitto dal lavoro delle figlie. Qui vediamo come le nuore potessero facilmente rimpiazzare le figlie e come inoltre venissero assunti altri individui non imparentati.
  • Emmanuel LE ROY LADURIE, The French Peasantry 1450-1660, trad. A. Sheridan, Berkeley, University of California Press, 1986, ed. orig. 1977.
  • LE ROY LADURIE, The French Peasantry 1450-1660, 340.
  • Ibid., 341.
  • George Caspar HOMANS, The Frisians in East Anglia, “Economic History Review”, Scond Series, 10,

1957, 189-206, rist. in George Caspar HOMANS, Sentiments and Activities, London, Forgotten Books, 2016:

158-181, 180.

  • Peter LASLETT, Family and Household as Work Group and Kin Group.
  • HARTMAN, The Household and Making of History, 127.
  • Ibid., 129.
  • Ibid., 132.
  • Ibid., 141.
  • Ibid., 151. [76] Ibid., 239.
  • Gregory CLARK, A Farewell to Alms, Princeton, NJ, Princeton University Press, 2007.
  • Hartman accetta l’idea che la nascita dello stato nazionale non sia stata il risultato del tentativo di creare istituzioni durature (costruzione dello stato) ma delle strategie familiari delle élite. Il figlio maggiore ereditava i possedimenti terrieri, ma i figli minori potevano anch’essi ereditare una qualsiasi ulteriore aggiunta a quei possedimenti, «un adattamento ad un ambiente mutevole in cui le terre scarseggiavano, la popolazione aumentava e venivano a crearsi insediamenti familiari nucleari […] Il motore del comportamento rimaneva l’interesse della famiglia» a tutti i livelli della società. Il protestantesimo fu imposto dalle élite e non fu il risultato di una richiesta popolare; cfr. HARTMAN, The Household and Making of History, 211.
  • David Sven REHER, Family Ties in Western Europe: Persistent Contrasts, “Population and Development Review”, 24, n. 2, giugno 1998: 203-234, 215.
  • Ibid., 217.
  • Ibid., 219.
  • Ibid., 221.
  • Ibid., 203.
  • Ibid., 229.
  • HARTMAN, The Household and Making of History, 260.
  • Ibid., 270.
  • MITTERAUER, Why Europe?, 42.
  • Thomas TOMBS, The English and Their History, 88.
  • Thomas TOMBS, The English and Their History, London, Penguin Books, 2015, ed. orig. London, Allen Lane, 2014: 88.
  • Jonathan SCHULZ, Duman BAHRAMI-RAD, Jonathan BEAUCHAMP, Joseph HENRICH, The Origins of WEIRD Psychology (preprint), Department of Human Evolutionary Biology, Harvard University, 2018; https://psyarxiv.com/d6qhu.
  • HERLIHY, Medieval Households, 44.
  • Wally SECCOMBE, A Millennium of Family Change, 51.
  • HERLIHY, Medieval Households, 47.
  • Ibid., 46.
  • Ibid., 48, corsivo nostro.
  • Ibid., 55.
  • MITTERAUER, Why Europe?, 43.
  • HERLIHY, Medieval Households, 33.
  • Ibid., 36.
  • John BOSSY, Christianity in the West 1400-1700, New York, Oxford University Press, 1985: 59.
  • Colm LENNON, The Confraternities and Cultural Duality in Ireland, 1450-1550, in Christopher

BLACK, Pamela GRAVESTOCK (eds.), Early Modern Confraternities in Europe and the Americas, Hants, UK, Ashgate Publishing Ltd., 2006: 35-52, 37.

  • TACITO, Germania, 25.
  • HOMANS, The Frisians in East Anglia, 180.
  • SECCOMBE, A Millennium of Family Change, 47.
  • HARTMAN, The Household and Making of History, 117.
  • LE ROY LADURIE, Montaillou: Cathars and Catholics in a French Village, 1294-1324, 19.
  • Daniel L. CURTIS, Michele CAMPOPIANO, Medieval Land Reclamation and the Creation of New

Societies: Comparing Holland and the Po Valley, c. 800 – c. 1500, “Journal of Historical Geography”, 44, 2014: 93-108, 98-99, 102.

  • HOMANS, The Frisians in East Anglia, 159.
  • HOMANS, The Rural Sociology of Medieval England, 147.
  • Ibid., 148.
  • HOMANS, The Frisians in East Anglia, 180.
  • HOMANS, The Rural Sociology of Medieval England, 149.
  • Ibid., 149.
  • HOMANS (Ibid.) suggerisce che la continua frammentazione delle terre per via ereditaria possa aver avuto un peso nella rivolta dei contadini e nell’ascesa dell’industria tessile, perché gli individui che non erano in grado di sostentarsi coi proventi di piccoli appezzamenti di terra cercarono un modo di sottrarsi a tale situazione. L’eredità frazionabile promosse anche un mercato dei terreni, perché gli individui i cui appezzamenti non erano sufficienti al loro sostentamento sarebbero stati propensi a venderli.
  • Ibid., 148.
  • Come osservato in precedenza, uno svantaggio del modello di famiglia individualista è un minor tasso di crescita naturale.
  • HOMANS, The Frisians in East Anglia, 169; Homans osserva che le zone [dell’Inghilterra, n. d. t.] sottoposte alla danelaw [le leggi amministrative vichinghe, n. d. t.] avevano anche una percentuale relativamente elevata di uomini liberi (p. 170).
  • LE ROY LADURIE, Montaillou, 19.
  • Si veda MATHIESON et al., Genome-Wide Patterns of Selection in 230 Ancient Europeans, “Nature”, 528, 2015: 499-503.
  • HEADY, A “Cognition and Practice” Approach to an Aspect of European Kinship.
  • Lars TRÄGÅRDH, Statist Individualism: The Swedish Theory of Love and its Luteran Imprint, in Joel

HALLDORF, Fredrik WENELL (eds.), Between the State and the Eucharist: Free Church Theology in Conversation with William T. Kavanaugh, Eugene, OR, Wipf and Stock Publishers, 2014, 13-38, 21-22.

  • Ibid., 33.
  • Ibid., 27.
  • Ibid.
  • Ibid., 26.
  • Ibid., 26-27.
  • Michael ROBERTS, Essays in Swedish History, London, Weidenfield & Nicholson, 1967: 4-5.
  • TRÄGÅRDH, Statist Individualism, 32-33.
  • Erik Gustaf GEIJER, Feudalism and Republicanism, in Björn HASSELGREN (ed.), Freedom in Sweden:

Selected Works of  Erik Gustaf Geijer, trad. Peter C. Hogg, Stockholm, Timbro Förlag, 2017: 125-306, 142.

  • Lars MAGNUSSON, Erik Gustaf Geijer – An Introduction, in in Björn HASSELGREN (ed.), Freedom in

Sweden: Selected Works of  Erik Gustaf Geijer, trad. Peter C. Hogg, Stockholm, Timbro Förlag, 2017: 13-60, 26, corsivo nell’originale.

  • Erik Gustaf GEIJER, Feudalism and Republicanism, 139, corsivo nell’originale.
  • Ibid., 138.
  • Ibid., corsivo nell’originale.
  • Ibid., 140.
  • GEIJER, Feudalism and Republicanism, 155.
  • Hans-Peter HASENFRATZ, Barbarian Rites, trad. Michael Moynihan, Rochester, VT, Inner Traditions,

2011 (ediz. orig. tedesca Freiburg im Breisgau, Germania, Verlag Herder, 1999), 49. Questo contrasto tra  i

“governanti odinici” e il precedente regime sacerdotale è coerente con la controversa teoria di Marija Gimbutas secondo la quale gli IE introdussero una cultura guerriera, dominata dagli uomini, sostituendo le precedenti culture più ginocentriche.

Quanto segue è congetturale, ma è interessante che un tema della mitologia norrena fosse quello della primordiale battaglia tra gli Aesir e i Vanir, dove i primi sembrano essere un riferimento ai conquistatori IE, con la loro cultura fortemente militarizzata (e divinità quali Odino e Thor) e i secondi un possibile riferimento alla precedente cultura locale dei CR discussa nel capitolo 3. La divinità principale dei Vanir era Freya, una dea associata alla magia e compatibile con l’idea che gli originari governanti della Scandinavia fossero sacerdoti e che quella cultura fosse assai più influenzata dalle donne rispetto alla cultura fortemente patriarcale dei conquistatori IE.

Come osservato nel capitolo 3, questa cultura era alquanto sofisticata e sosteneva una grande popolazione; avrebbe pertanto potuto essere certamente in grado di opporre una formidabile resistenza agli invasori; dopo tutto, come pure osservato nel capitolo 3, le culture dei CR della Scandinavia frenarono l’avanzata dell’agricoltura portata dai coltivatori derivanti dalla cultura agricola del Medio Oriente per un periodo di 2000-3000 anni. Io suggerisco che la mitologia faccia riferimento, in ultima analisi, a scontri realmente avvenuti, la cui memoria si è perduta nelle nebbie della preistoria. In base alla mitologia, gli Aesir utilizzavano tipiche tattiche militari, mentre i Vanir ricorrevano alla magia, e alla fine le due parti pervennero ad un modus vivendi. E’ pertanto attraente l’idea di spiegare le tendenza relativamente egualitaria delle culture scandinave, se paragonate a quelle degli altri popoli germanici, come esito di quella fusione culturale. Cfr. Marija GIMBUTAS, Bronze Age Cultures in Eastern and Central Europe, L’Aia, De Gruyter Noulton, 1965.

  • TRÄGÅRDH, Statist Individualism, 132-133.
  • Henrik BERGGREN, Lars TRÄGÅRDH, Pippi Longstocking: The Autonomous Child and the Moral Logic of the Swedish Welfare State, in Helena MATTSSON, Sven-Olav WALLENSTEIN (eds.), Swedish Modernism: Architecture, Consumption and the Welfare State, London, Black Dog Publishing, 2010: 11-22, 14-16. Si potrebbe osservare come l’estremo individualismo svedese appaia disastrosamente svantaggiato nel confronto con il collettivismo mediorientale e con la religione musulmana che pure, malgrado ciò, la Svezia sta massicciamente importando.
  • HEADY, A “Cognition and Practice” Approach to an Aspect of European Kinship.

[139a] N. d. T.: Il night bundling (traducibile come incontro notturno, o anche notte dell’incontro) è un’antica usanza secondo la quale i ragazzi celibi potevano, in certe occasioni, essere accolti nelle case delle ragazze nubili e trascorrere con loro la notte, anche condividendone il letto, senza la presenza dei genitori. L’usanza, che escludeva i contatti sessuali (il ragazzo e la ragazza rimanevano vestiti) serviva a favorire la reciproca conoscenza.

  • BERGGREN, TRÄGÅRDH, Pippi Longstocking, 17.
  • Ibid., 19.
  • Ibid., 20.