INDIVIDUALISMO E TRADIZIONE PROGRESSISTA OCCIDENTALE: Chapter 3,IL RETAGGIO CULTURALE DEI CACCIATORI-RACCOGLITORI OCCIDENTALI IN EUROPA: L’INDIVIDUALISMO EGUALITARIO.

INDIVIDUALISMO E
TRADIZIONE PROGRESSISTA OCCIDENTALE.
Origini evolutive, storia e prospettive future.
traduzione italiana di Marco Marchetti

IL RETAGGIO CULTURALE DEI CACCIATORI-RACCOGLITORI OCCIDENTALI  

IN EUROPA: L’INDIVIDUALISMO EGUALITARIO.

Una delle tesi principali di questo libro è che al fine di comprendere le caratteristiche primarie dei popoli e delle culture dell’Europa occidentale si rivelano essenziali due importanti correnti: una cultura guerriera e aristocratica (indicata come “individualismo aristocratico”, nella quale l’egualitarismo è circoscritto alla cerchia dei pari aristocratici e che deriva, fondamentalmente, dagli IE) e la corrente dei CR (vale a dire l’”individualismo egualitario”, che deriva sostanzialmente dai CR settentrionali primitivi). Il presente capitolo offre un’introduzione alla seconda di queste correnti.

Come osservato nel cap. 1, alcuni gruppi di CR hanno fornito un contributo al patrimonio genetico degli europei contemporanei. Questa influenza genetica è più evidente nell’Europa nordoccidentale, specialmente in Scandinavia, mentre lo è meno nell’Europa meridionale. In questo capitolo esaminerò la cultura dei CR settentrionali, per concludere che tale gruppo ha esercitato un’importante influenza sulla cultura europea contemporanea.

Come vedremo più avanti, il mondo occidentale rimane l’unica area culturale caratterizzata da tutti gli indicatori dell’individualismo. Considerate nel loro insieme, queste tendenze sono peculiari dell’area culturale europea occidentale, e la tesi che qui si sostiene è che esse abbiano una base etnica. Non suppongo che gli europei occidentali possiedano un adattamento biologico esclusivo, ma soltanto che essi differiscano nel grado di adattamento, caratteristico di tutti gli umani, e che tale differenza sia sufficiente a consentire l’evoluzione di una cultura umana unica nel suo genere. Per analogia, tutti gli uomini possiedono l’abilità mentale, caratteristica distintiva degli umani, della rappresentazione simbolica e del linguaggio, ma le diverse razze mostrano ancora differenze quantitative nel quoziente intellettivo sufficienti a generare differenze rilevanti tra le loro culture.

 

L’egualitarismo come componente riconoscibile della cultura occidentale.

 

Come osservato nel cap. 2, nelle culture derivate dagli IE erano già presenti forti componenti di individualismo. Pertanto, la tesi che qui si argomenta non è che i CR settentrionali costituiscano l’unica base dell’individualismo occidentale, bensì che l’individualismo degli IE si sia adattato in maniera significativa a quello dei CR che essi incontrarono nell’Europa nordoccidentale. La differenza principale tra questi due filoni è che le culture derivate dagli IE sono fortemente gerarchiche e relativamente egualitarie soltanto all’interno dei gruppi dei pari aristocratici (individualismo aristocratico) mentre i CR erano fortemente egualitari tout court. Compito di questo capitolo è sostenere tale tesi. Il contrasto e il conflitto tra individualismo aristocratico (gerarchico) e individualismo egualitario riveste un’importanza fondamentale per le mie tesi successive.

L’egualitarismo è un tratto rilevante dei gruppi di CR di tutto il mondo. Tali gruppi possiedono meccanismi che impediscono il dispotismo e garantiscono la reciprocità, con sistemi di punizione che vanno dal danneggiamento fisico all’isolamento sociale e all’ostracismo1. Christopher Boehm descrive le società di CR come comunità morali nelle quali le donne esercitano un ruolo di primo piano2 e l’idea che le culture occidentali, in particolare a partire dal secolo XVII, siano comunità morali basate sull’etica egualitaria dei CR giocherà qui un ruolo primario, soprattutto nei capp. 6-8. In tali società le persone sono soggette a una stretta sorveglianza al fine di rilevarne le deviazioni rispetto alle norme sociali; i trasgressori vengono isolati, messi in ridicolo e ostracizzati. Le decisioni, comprese quelle relative alla punizione di una persona, sono prese tramite consenso. I maschi adulti si trattano l’un l’altro come eguali.

 

La tesi ecologica sull’individualismo dei CR.

 

L’idea che i CR abbiano esercitato un’influenza considerevole sulla cultura europea ha la sua origine in una proposta avanzata dal biologo tedesco Fritz Lenz, che scrisse negli anni Venti e Trenta del Novecento. Lenz riteneva che gli europei settentrionali (nordici) fossero stati meno soggetti alla selezione naturale tra gruppi rispetto ad altri gruppi umani, e in particolare alle popolazioni del Medio Oriente. Egli propose che ciò fosse dipeso dalla dura pressione evolutiva esercitata dall’Epoca Glaciale, col risultato che le popolazioni nordiche sarebbero vissute in piccoli gruppi e avrebbero sviluppato una tendenza all’isolamento sociale3. Le capacità intellettive di queste popolazioni sarebbero derivate dalla necessità di padroneggiare l’ambiente naturale, avendo come conseguenza una selezione di tratti collegati ad abilità spaziali e meccaniche, alla progettazione strutturale e all’inventiva, ciò che gli psicologi indicano come “quoziente d’intelligenza di performance”, in contrapposizione al quoziente d’intelligenza verbale, quest’ultimo importante ai fini dell’influenza sociale e prevedibile in popolazioni evolutesi in grandi gruppi. Gli scandinavi moderni sono in effetti assai dotati nelle abilità spaziali4.

Una prospettiva del genere non implicherebbe che gli europei settentrionali siano privi di meccanismi di tipo collettivista per la competizione tra gruppi, ma soltanto che tali meccanismi siano relativamente meno elaborati e/o richiedano un livello più elevato di conflitto tra gruppi per innescare la loro manifestazione.

Questa prospettiva è coerente con la teoria ecologica. In circostanze ambientali avverse l’adattamento si orienta maggiormente a sostenere la sfida dell’ambiente naturale che non alla competizione con altri gruppi. In un ambiente del genere esisterebbe una minor pressione selettiva in favore delle reti di parentela estesa e dei gruppi collettivisti5. L’interpretazione evoluzionista dell’etnocentrismo sottolinea la sua utilità nella competizione tra gruppi. L’etnocentrismo non ha peso nel contrastare l’ambiente naturale, e in ogni caso un ambiente ostile non è in grado di sostentare grandi gruppi in competizione tra loro.

I gruppi europei del nord sono parte dell’area culturale eurasiatica settentrionale e circumpolare6. Quest’area culturale deriva dai CR adattatisi a climi freddi ed ecologicamente avversi. In tali climi esiste una pressione che favorisce il ruolo maschile di procacciatore di beni per la famiglia e una tendenza alla monogamia, perché le condizioni ambientali non sono in grado di sostentare la poliginia o i grandi gruppi per un periodo di tempo evoluzionisticamente significativo. Queste culture sono caratterizzate da relazioni di parentela bilaterali che riconoscono sia la linea maschile che quella femminile e sono alquanto dissimili dal sistema patrilineare degli IE (cfr. il cap. 2). Ciò suggerisce una relativa eguaglianza tra i sessi in confronto alla cultura IE. Vi è inoltre un’enfasi minore sui rapporti di parentela estesi, e il matrimonio tende ad essere esogamo, ossia all’esterno del gruppo di parentela. Tutte queste caratteristiche sono opposte a quelle che si rilevano nell’area culturale mediorientale, comprendente la parte meridionale dell’Eurasia e, in misura minore, l’Europa meridionale (cfr. tabella 1 e cap. 4).

 

Confronti tra forme culturali: Europa e antico Medio Oriente.

 

  Origini culturali dei CR nordoccidentali europei Origini culturali dell’antico Medio

Oriente

Storia evolutiva Caccia-raccolta Pastorizia, agricoltura
Sistema di parentela Bilaterale; 

debolmente patricentrico

Monolineare;  fortemente patricentrico
Sistema familiare Famiglia mononucleare Famiglia estesa;  unione di più famiglie
Pratiche matrimoniali Esogamia; monogamia Endogamia; consanguineità; poliginia.
Psicologia matrimoniale Scelta individuale basata sulle caratteristiche personali del coniuge Utilitarista, basata sulla strategia familiare all’interno del gruppo parentale.
Posizione della donna Relativamente alta. Relativamente bassa.
Etnocentrismo Relativamente basso. Relativamente alto.
Status sociale Influenzato principalmente dalla reputazione. Influenzato principalmente dal gruppo parentale.
Fiducia Basata sulla reputazione dell’individuo. Basata principalmente sulla distanza nella parentela.

 

Questo scenario implica che i popoli europei nordoccidentali siano più inclini all’individualismo perché vissuti per un periodo molto lungo in un contesto ecologico che non sostentava grandi gruppi tribali basati su rapporti di parentela estesa; non esistevano risorse come le fertili valli fluviali che potevano essere controllate su base annuale da parte di un singolo gruppo di parenti.

Queste popolazioni erano costituite da cacciatori e raccoglitori, non da agricoltori. A motivo del livello di produzione economica relativamente basso, la caccia favorisce il ruolo maschile di procacciatore di beni nei riguardi delle femmine7. Questo perché le necessità energetiche del cervello umano possono essere soddisfatte soltanto da una dieta di elevata qualità. Il cervello umano costituisce soltanto il 2% della massa corporea, ma richiede il 20% di tutta l’energia e il 70% nel periodo fetale.

Le necessità energetiche del cervello umano portarono al legame di coppia (la base psicologica della monogamia) in cui si attua una cooperazione tra la femmina, che alleva i figli, e il maschio procacciatore di beni, a partire da circa 500.000 anni fa. La caccia inoltre richiedeva «considerevole esperienza, un’educazione di qualità ed anni di pratica intensiva»8, in altre parole un elevato investimento parentale. Essa inoltre favorisce l’intelligenza perché, per gli umani, la caccia si basa sulle abilità cognitive più che sulla capacità di correre o sulla forza9. Lo scenario della caccia è complesso e continuamente mutevole: ciascuna specie animale mostra tratti comportamentali unici, dipendenti da caratteristiche individuali come il sesso e l’età e da condizioni esterne come la stagione, il tempo atmosferico, la topografia, ecc. Inoltre essa richiede cooperazione e la conservazione di una reputazione di affidabilità all’interno del gruppo, tratti che avranno un peso rilevante nell’analisi dei meccanismi psicologici dello spossessamento dei bianchi che verrà fatta nel cap. 8. Tutte queste tendenze appaiono intensificate nelle regioni settentrionali, dove l’energia per unità di superficie è minore.

 

La complessità sociale dei CR nordeuropei.

 

Un elemento importante da considerare è che i gruppi di CR dell’Europa settentrionale del Mesolitico (15000-5000 ani fa, ben prima della conquista da parte degli IE) non erano costituiti dalle semplici bande di individui tipiche della maggior parte dei CR; erano al contrario piuttosto ampi e complessi.

 

Sembra che queste società degli ultimi cacciatori (raccoglitori e pescatori) dell’Europa settentrionale si siano evolute rapidamente nella direzione di una crescente complessità nel periodo precedente la diffusione dell’agricoltura. La complessità si definisce tramite una maggiore diversità (più cose) e una maggiore integrazione (più collegamenti). I progressi compiuti in campo tecnologico, negli insediamenti e nella sussistenza sono testimoniati dai reperti archeologici. Nel corso di questo periodo la tecnologia si è sviluppata verso una maggiore efficienza nei trasporti, negli utensili e nel procacciamento del cibo. Gli insediamenti erano in generale più ampi, più duraturi e più differenziati nel Mesolitico rispetto al precedente Paleolitico. Il procacciamento del cibo divenne sia più specializzato che più diversificato, specializzato in termini di tecnologia e organizzazione delle attività di ricerca, diversificato in termini di quantità e di tipi di specie e di habitat sfruttati10.

 

Queste complesse società di CR fiorirono all’incirca 8500 anni fa. La densità delle loro popolazioni e la loro complessità sociale le misero in grado di ritardare l’avanzata dell’agricoltura di 2000-3000 anni, probabilmente come effetto di uno stato di guerra11.

 

Dopo una rapida diffusione in tutta l’Europa centrale […] le comunità degli agricoltori trovarono un ostacolo nella pianura europea settentrionale, lasciando le aree costiere del Mare del Nord ai CR che le occupavano […] Ciò non può essere avvenuto a causa delle condizioni ambientali. La frontiera si estende attraverso un’area geografica uniforme e i terreni della Scandinavia meridionale sono, in molte zone, morbidi, fertili e favorevoli alla coltivazione […]. La ragione del ritardo è da ricercarsi nelle comunità tardo-mesolitiche della regione. E’ probabile  che i CR della regione baltica meridionale avessero una densità di popolazione più elevata rispetto a quella dei CR dell’Europa centrale […] insediamenti più grandi e più durevoli […] e un modello economico complesso che comportava siti di sfruttamento specializzati, una pianificazione stagionale e un utilizzo intensivo di specifiche risorse a seconda delle stagioni12.

 

Un fattore critico è che nella maggior parte delle zone la residenza fosse stagionale e non continuativa.

 

In certe aree, come la fascia costiera della Norvegia centro-occidentale, ambienti marini e terrestri particolarmente ricchi di risorse possono aver reso possibile risiedere in zone limitate della regione per tutto l’anno, secondo un diffuso modello sedentario. Ma la maggior parte delle aree aveva un campo base permanente o semi-permanente sulla costa, un certo numero di ampi siti di sfruttamento per le attività di caccia stagionale, raccolta e pesca, un numero maggiore di siti transitori e uno pressochè indefinito di siti speciali o luoghi per attività particolari […] I siti transitori formano collegamenti di primaria importanza nella catena13.

 

Pertanto esisteva una complessità sociale, in un contesto non agricolo, caratterizzata da una residenza transitoria, con piccoli gruppi interrelati che si disperdevano in funzione delle stagioni preservando così l’organizzazione sociale dei CR. Ciò appare in netto contrasto con le classiche civiltà agricole del mondo antico, come pure con molte altre società complesse di CR che erano fortemente gerarchiche e territoriali, con élite capaci di controllare risorse permanenti14. Le complesse società di CR dell’Europa del nord non possedevano alcuna risorsa stabile che potesse essere controllata nel corso dell’anno da una stirpe o da un’élite militare; le relazioni di parentela estesa assumevano pertanto un’importanza minore. In effetti tutte le antiche società agricole originarie si svilupparono attorno ad aree stabili e difendibili, tipicamente attorno a fertili bacini fluviali, come quelli dei fiumi Eufrate, Nilo, Indo e Yangtze. Comunque, nell’Europa del nord, malgrado la loro complessità, questi gruppi di CR non erano in grado di risiedere nella stessa area per tutto l’anno, rimanendo perciò dei raggruppamenti relativamente piccoli, su base familiare e interrelati per una certa parte dell’anno. Fu in questi piccoli gruppi che l’individualismo egualitario sopravvisse, in un mondo che si avviava ad essere dominato dall’agricoltura.

 

L’egualitarismo come tratto fondamentale dei CR settentrionali.

 

Ciò che intendo suggerire è che questa complessità sociale, che comportava ampie popolazioni composte da individui non consanguinei che abitavano zone ricche di risorse che non potevano essere controllate da nessun singolo ampio gruppo parentale nel corso dell’intero anno, ebbe come risultato la permanenza delle tendenze egualitarie che si osservano nei piccoli gruppi di CR di tutto il mondo. I gruppi nordeuropei erano periodicamente costretti a suddividersi in gruppi più piccoli, più basati sulla famiglia, nei quali il dispotismo era tenuto rigidamente sotto controllo; quando, in funzione della stagione, essi interagivano tra loro in un più ampio contesto sociale, nessuno era in grado di controllare l’area; il contesto non consentiva deviazioni dalla struttura sociale egualitaria. D’altro canto, in molte altre società complesse di CR interi villaggi si muovevano tra i territori estivi e quelli invernali se le risorse dipendevano dalle stagioni, col risultato che i capi erano in grado di esercitare il controllo su particolari territori15. In tali società la competizione per lo status era forte. Ad esempio,

 

i territori dei CR della costa nordoccidentale [americana, n. d. t.] non erano semplicemente una serie di punti ricchi di risorse attorno ai quali si svolgeva una complessa competizione. Era il diritto ad utilizzare quegli stessi luoghi (e ad assicurarsene la produttività) ciò che costituiva l’elemento centrale dell’intensa competizione rituale tra stirpi ed élite16.

 

Le complesse società di CR della costa nordoccidentale del Nordamerica non erano dunque affatto egualitarie; le relazioni di parentela estesa patrilineari erano importanti, e i matrimoni tra cugini erano comuni, inclusi, in alcuni gruppi, quelli tra cugini primi17.

Nell’Europa settentrionale, d’altro canto, i gruppi di CR erano costretti ad interagire intensamente con individui non consanguinei e con stranieri per la maggior parte dell’anno, cosa che portò ad enfatizzare il ruolo della fiducia e della conservazione di una buona reputazione all’interno di un più ampio gruppo non basato sulla parentela18. Tuttavia, dato che questi gruppi si frammentavano i gruppi più piccoli per una parte dell’anno, non ebbe luogo una selezione evolutiva contraria all’egualitarismo.

In questi grandi gruppi, che tuttavia compivano migrazioni stagionali, le condizioni ambientali favorirono non soltanto l’egualitarismo, ma anche la monogamia, dato che un singolo uomo non era in grado di controllare abbastanza risorse per un lungo periodo di tempo in modo da rendere possibile la poligamia. In Europa, pertanto, la tendenza alla monogamia veniva ad essere maggiormente fissata sia geneticamente che culturalmente. Come in generale nei gruppi di CR, i maschi di status inferiore sarebbero stati inclini a ridurre il vantaggio riproduttivo degli altri maschi del gruppo19.

Perciò una importante spinta della cultura occidentale è stata quella volta a regolare il comportamento in modo da realizzare una struttura sociale relativamente più egualitaria; in altri termini, in modo da ricreare le condizioni della cultura dei CR. Come discusso nel cap. 5, questa tendenza fu rafforzata dall’azione della Chiesa, per motivi ad essa propri, nel corso del Medioevo.

Tali pratiche sociali egualitarie sono comuni nei gruppi di CR in tutto il mondo20 e danno sostegno all’idea generale secondo la quale questa importante componente della cultura europea, divenuta particolarmente evidente dopo essere assurta al potere a partire dal XVII secolo (cap. 6), riflette la cultura dei CR settentrionali. Di particolare interesse è l’estremo egualitarismo delle società scandinave contemporanee, di cui si discute nel capitolo 8.

 

L’esogamia come caratteristica del matrimonio occidentale.

 

Mentre le culture basate sulla parentela tendono al matrimonio tra parenti, spesso tra cugini primi, il matrimonio nelle società individualiste si basa maggiormente sull’attrazione personale. Si possono formulare congetture sui matrimoni che avevano luogo tra gli individui all’interno degli ampi gruppi che si radunavano stagionalmente, come descritto in precedenza. In un contesto del genere, il matrimonio probabilmente si basava sull’attrazione personale, sui caratteri fisici (attrattività, forza, salute) e sulla personalità (affettuosità, coscienziosità, onestà, coraggio) del potenziale compagno, più di quanto potesse avvenire in una società basata sulla parentela, dove lo scopo principale è quello di rafforzare il gruppo di discendenza.

Quest’enfasi sull’attrazione personale, che qui evidenziamo, è compatibile con la scoperta di circa 19 mutazioni genetiche collegate all’aspetto fisico delle popolazioni europee, e in particolare ai capelli biondi e agli occhi azzurri21. La diversità nel colore dei capelli tra le popolazioni europee è assai maggiore di quella presente in qualsiasi altra popolazione. Ciò significa che gli europei hanno subito una selezione sessuale per questi tratti, che sono attraenti per i potenziali coniugi ma privi di significato funzionale. L’esempio classico di un tratto selezionato per via sessuale è quello dell’elaborata coda del pavone; esso rende il pavone poco capace come volatile, ma continua ad essere presente per via dell’attrattività che esercita nei confronti delle femmine. I tratti percepiti come sessualmente attraenti dal sesso opposto si diffondono nella popolazione anche quando non recano benefici di altro genere.

Queste scoperte sono altresì compatibili con l’ipotesi di Frank Salter secondo la quale i geni recessivi, come quelli dei capelli biondi e degli occhi azzurri, sono connessi a un modello di accoppiamento individualista perché i maschi che investono nella loro prole hanno una maggior sicurezza della loro paternità se i loro figli hanno il loro stesso aspetto22. I caratteri recessivi renderebbero più facile individuare i figli di femmine infedeli. I maschi che investono nella prole devono nutrire una preoccupazione vitale riguardo alla paternità, e alle società individualiste tendono a mancare i forti controlli sociali esterni che sono consueti nelle culture collettiviste (p. es. la purdah, propria di molte culture dell’Asia Meridionale hindu e musulmane22a) nelle quali le donne in età fertile sono mantenute recluse o costantemente sorvegliate.

Per gli europei il matrimonio si basava pertanto più sulla scelta individuale che sul consolidamento dei legami di parentela, ottenuto ad esempio sposando cugini primi o altri consanguinei indipendentemente dai loro tratti (cosa che costituisce un modello nella maggior parte del resto del mondo). Ancora, come conseguenza dell’individualismo, le relazioni tra occidentali, inclusa quella matrimoniale, sono maggiormente orientate al mercato (predisponenti al capitalismo come sistema economico): i portatori di tratti relativamente attraenti hanno più successo sul mercato matrimoniale.

 

L’amore come elemento centrale del matrimonio occidentale.

 

L’amore (altro aspetto della scelta individuale) è stato valorizzato in Occidente assai più che nelle altre culture del mondo. Nelle società collettiviste (vale a dire nella grande maggioranza delle società umane, cfr. cap. 4) il matrimonio si basa sul legame con i parenti, in maniera alquanto indipendente dalle loro caratteristiche personali23. Nelle società europee, a partire dalle epoche più remote per le quali si possiedono dati, il coniuge veniva scelto sulla base di una varietà di caratteristiche personali, inclusi tratti della personalità quali l’amore e la dedizione familiare, che stanno alla base delle relazioni affettive e intime24. Questa tendenza al calore e all’affetto si può rilevare anche nelle interazioni tra madre e figlio: se, da un lato, le madri africane sono sensibili e sollecite verso le esigenze dei neonati, dall’altro le interazioni tra madre e bambino nelle tipiche culture africane sono prive del calore e dell’affetto che sono invece caratteristici delle culture europee25.

Ciò si accorda bene col commento di John Murray Cuddihy relativo alla lunga serie di intellettuali ebrei che ha visto l’amore come il prodotto di una cultura aliena, come in effetti era26. Egli cita, ad esempio, uno dei discepoli di Freud, Theodor Reik: «L’amore o il romanticismo non hanno dimora nella Judengasse [il quartiere ebraico]». Coerentemente con la precedente analisi teorica, le pressioni selettive in ambienti naturali ostili combinate alla scelta individuale del compagno (vale a dire attribuendo maggiore importanza alle caratteristiche personali che alla posizione nella parentela) avrebbero dunque indirizzato gli europei a valorizzare come base del matrimonio l’amore, considerato come un tratto che rende le relazioni intime tra coniugi reciprocamente ed intrinsecamente gratificanti, che porta alla fiducia nella paternità e alla conseguente disponibilità da parte dei padri a provvedere alla famiglia, nonché a stretti rapporti tra i padri e i loro figli.

John Money ha osservato la tendenza relativamente maggiore, da parte dei gruppi europei settentrionali, a porre l’amore romantico quale base del matrimonio27. A livello psicologico, la base evolutiva dell’individualismo comporta quindi meccanismi come l’amore romantico e l’attrattività fisica, per i quali il comportamento nell’accoppiamento è gratificante di per sè28, invece di essere imposto da strategie familiari o da pratiche coercitive come la purdah, come avviene nelle culture collettiviste.

Anche la salute e lo status sociale hanno costituito criteri importanti per il matrimonio nelle società occidentali, in particolare per le classi possidenti, ma anche tra queste è stata presente una tendenza al matrimonio basato sull’affetto e sul consenso tra i coniugi. Nel XVIII secolo e successivamente le relazioni intime fondate sull’affetto e sull’amore sono state universalmente considerate come la basa appropriata del matrimonio monogamico in tutte le classi sociali, inclusa quella dei proprietari terrieri aristocratici29.

 

Differenze psicologiche tra le popolazioni WEIRD e le altre.

 

La ricerca interculturale mostra differenze in un’ampia gamma di tratti riconducibili in ultima analisi all’individualismo. Joseph Henrich e colleghi hanno esaminato i risultati della ricerca mostrando le differenze tra soggetti provenienti dai paesi occidentali, istruiti, industrializzati, ricchi e democratici (WEIRD)29a e soggetti appartenenti ad un’ampia serie di altre culture per quanto riguarda i caratteri sociali

(correttezza, cooperazione, ragionamento morale, concetto di sé e motivazioni correlate) percezione (percezione visiva e ragionamento spaziale) e cognizione (categorizzazione e induzione inferenziale, stili di ragionamento)30.

 

Scambio sociale e punizione altruistica.

Riguardo al comportamento sociale, gran parte della ricerca si è imperniata sul “gioco dell’ultimatum”, nel quale persone estranee e anonime hanno la possibilità di interagire una sola volta mettendo in gioco una concreta somma di denaro. Uno dei due giocatori (il proponente) offre una parte di questa somma (da zero al totale) all’altro giocatore (il rispondente). Questi deve decidere se accettare o rifiutare l’offerta. Se accetta, riceve la somma proposta e il proponente tiene per sé il rimanente; se rifiuta, nessuno dei due ottiene alcunchè. Se i giocatori fossero motivati unicamente dal proprio interesse, i rispondenti dovrebbero sempre accettare una qualunque offerta maggiore di zero; e sapendo ciò, qualunque proponente che miri al proprio interesse dovrebbe offrire una somma comunque maggiore di zero.

I soggetti provenienti dagli USA, che Henrich e i suoi colleghi hanno rilevato essere la società più individualista del loro campione, offrivano generalmente il 40-50%, mentre le offerte inferiori al 30% erano normalmente rifiutate, sebbene questo comportamento fosse irrazionale e configurasse una forma di punizione altruistica nella quale il rispondente che rifiuta l’offerta punisce il proponente anche a costo di rimetterci. Gli studiosi evoluzionisti ne hanno ricavato che tendenze del genere possono essersi evolute soltanto tra popolazioni che conoscevano la reputazione di coloro con i quali trattavano, esseri umani che si erano evoluti in piccoli gruppi nei quali la grande maggioranza delle interazioni aveva luogo tra persone che si conoscevano. Mentre gli americani tendevano a fare offerte consistenti e a rifiutare le offerte basse, i soggetti provenienti da società più piccole tendevano a fare piccole offerte, che a loro volta non venivano rifiutate. Ciò suggerisce che gli individui appartenenti a società fortemente individualiste siano abituati ad interagire con estranei (o si siano evoluti in ambienti nei quali le interazioni tra estranei erano la norma); essi perciò fanno offerte maggiori, sapendo che la controparte li punirà qualora facciano offerte basse.

Questa situazione riproduce dunque una cultura individualista, perché i partecipanti sono tra loro estranei, senza legami di parentela. Essa implica che gli individualisti siano propensi a punire quei soggetti che essi considerano scorretti, anche a costo del proprio interesse. Ad esempio uno studio ha rilevato che nei giochi che prevedono più interazioni (diversamente cioè dal gioco dell’ultimatum, che ne prevede una sola) i

soggetti provenienti dai paesi occidentali, che facevano offerte elevate, tendevano a punire coloro che facevano offerte basse anche se così facendo ci perdevano, e che i soggetti puniti facevano in seguito offerte maggiori. I ricercatori suggeriscono che gli individui appartenenti a culture individualiste abbiano evoluto una reazione emotiva negativa nei confronti degli opportunisti, risultate nella punizione di tali soggetti anche a costo di rimetterci personalmente; da qui l’espressione “punizione altruistica”. Fatto importante è che gli individui puniti mutavano il loro modo di agire donando somme maggiori nei turni di gioco successivi, pur sapendo che le loro controparti in questi turni non sarebbero state le stesse dei turni precedenti. Il tema della punizione altruistica riemergerà nei capitoli 6-8 parlando della punizione applicata a individui o gruppi che si allontanano dal consenso morale.

Un altro studio su un campione più ampio di culture ha replicato i risultati relativi al dono e agli effetti incentivanti alla cooperazione che derivano dalla punizione. Comunque, i soggetti provenienti da paesi non occidentali in primo luogo donavano meno (erano meno cooperativi) e poi erano maggiormente inclini a rispondere alla punizione con la vendetta piuttosto che con un aumento di cooperazione. Gli autori dello studio suggeriscono che «poiché nel nostro esperimento tutti i partecipanti erano estranei tra loro, i soggetti appartenenti a società collettiviste potrebbero essere stati maggiormente inclini, rispetto a quelli provenienti da società individualiste, a percepire  gli altri partecipanti come estranei al loro gruppo. Pertanto la punizione antisociale [vendetta] potrebbe essere più forte nelle società collettiviste che in quelle individualiste»31. Per contro, gli individualisti sono meno inclini a percepire gli altri come membri di un gruppo estraneo e dunque meno inclini a vendicarsi.

Anche i risultati del “gioco del dittatore” sono rivelatori. In questo caso una persona può decidere quanto donare all’altra, ma quest’ultima non può rifiutare l’offerta. I soggetti provenienti dagli USA tendevano ad offrire intorno al 47% della loro somma, porzione sostanzialmente più grande rispetto a quella offerta da soggetti provenienti da piccole società non occidentali. Ancora una volta, i risultati sono compatibili con l’ipotesi che gli occidentali si siano evoluti in un ambiente in cui l’interazione con estranei era la norma, dove però gli individui tendevano ad essere generosi perché preoccupati della loro reputazione in vista di future interazioni.

La ricerca fornisce un modello dell’evoluzione della cooperazione nelle popolazioni individualiste. I risultati sono applicabili soprattutto ai gruppi individualisti perché questi non sono basati sulle relazioni di parentela estesa; gli individui interagiscono con altri che non sono loro consanguinei e perciò sono assai più inclini alla defezione (non cooperazione). Come risultato, la cooperazione può aver luogo soltanto se gli individui sono inclini a punire coloro che non collaborano e se fanno offerte attraenti in giochi come quello dell’ultimatum. In generale, nelle società individualiste è più probabile osservare livelli più elevati di punizione altruistica. Questi risultati sono meno applicabili a gruppi fortemente collettivisti, che nelle società tradizionali si basavano sulle relazioni di parentela estesa, sui legami di sangue riconosciuti e sulle ripetute interazioni tra i membri. In situazioni del genere gli individui conoscono coloro con i quali collaborano e ne prevedono la collaborazione futura poiché costoro sono inseriti nelle reti della parentela estesa. Faranno buone offerte soltanto alle persone che conoscono e non rifiuteranno quelle ricevute da persone conosciute.

Gli europei, dunque, corrispondono precisamente al modello di gruppo che queste ricerche configurano: essi mostrano elevati livelli di cooperazione con gli estranei piuttosto che con i membri della famiglia estesa e sono inclini alle relazioni di mercato e all’individualismo.

Ciò suggerisce l’intrigante possibilità che una strategia chiave per qualunque gruppo intenda mettere gli europei gli uni contro gli altri sia quella di far detonare la loro forte tendenza alla punizione altruistica convincendoli della corruzione morale del loro stesso popolo. La punizione altruistica è essenzialmente una condanna morale dell’altro in quanto sleale. Poiché gli europei sono individualisti fino al midollo, essi sono pronti ad esibire sdegno morale verso la loro stessa gente quando questa sia vista come traditrice di ciò che costituisce il consenso morale e perciò degna di biasimo, una manifestazione questa della maggior tendenza degli europei alla punizione altruistica, derivante dal loro passato evolutivo di CR. Nella punizione altruistica la distanza genetica relativa è irrilevante. Gli opportunisti vengono considerati come estranei in una situazione di mercato, vale a dire soggetti che non hanno legami tribali o familiari con colui che attua la punizione. Questo scenario è analizzato ulteriormente nel capitolo 6, che si concentra sui puritani come esempio di questa tendenza alla punizione altruistica.

 

Altre tendenze psicologiche delle popolazioni WEIRD.

I WEIRD tendono a vedersi come indipendenti ed autonomi, piuttosto che invischiati in relazioni sociali e con un forte senso dei ruoli sociali. Si considerano portatori di vari aspetti della personalità (p. es. introversione / estroversione) che spiegano il loro comportamento, piuttosto che di ruoli socialmente prescritti (p. es. comportamenti appropriati per i maschi ma non per le femmine). Essi tendono inoltre ad avere un’elevata immagine di sé e sono più inclini ad incorrere in pregiudizi egocentrici, mentre in molte società non occidentali, specialmente dell’Asia orientale, gli individui tendono maggiormente ad eclissare il proprio ego. I WEIRD attribuiscono valore al senso di libertà e sono più inclini a credere che le loro azioni siano frutto di libera scelta. Sull’altro fronte, gli individui appartenenti alle società non occidentali hanno una minore propensione a credere che le loro azioni siano scelte liberamente e più inclini ad appoggiarsi ad altre persone degne di fiducia affinchè decidano per loro. Inoltre, in alcuni studi in cui dei soggetti sono messi a confronto con diversi altri che sostengono qualcosa che, ad ogni evidenza, non è corretto, gli occidentali sono più inclini a dissentire dal consenso generale (sebbene anche la maggior parte degli occidentali tenda a seguire l’opinione prevalente).

Ragionamento morale. Un contrasto esemplificativo tra occidentali e non occidentali può essere osservato nel campo del ragionamento morale. Nelle società non occidentali basate sulla parentela estesa la moralità è definita in funzione del fatto che un’azione soddisfi o meno gli obblighi interni alla famiglia o al gruppo di parentela, mentre nelle società individualiste la moralità è pensata come un qualcosa che soddisfa nozioni di giustizia astratte, come nel caso dell’imperativo categorico kantiano: agisci secondo quella massima che vorresti seguisse ogni altra persona razionale, come fosse una legge universale.

Le implicazioni morali della distinzione tra individualismo e collettivismo si possono osservare in uno studio che mette a confronto l’India (cultura collettivista) e gli Stati Uniti (cultura individualista). A soggetti giovani e bambini viene chiesto cosa farebbero nella seguente situazione:

 

Ben si trova a Los Angeles per lavoro. Terminata la riunione, si reca alla stazione ferroviaria. Ben intende andare a San Francisco per partecipare al matrimonio del suo migliore amico. Deve prendere il primo treno se vuole arrivare in tempo alla cerimonia, perché è suo compito portare gli anelli nuziali. Tuttavia, mentre è alla stazione, gli viene rubato il portafoglio. Così Ben perde tutto il suo denaro e il biglietto per San Francisco. Ben allora si rivolge a diversi funzionari delle ferrovie e passeggeri chiedendo loro di prestargli del denaro per acquistare un nuovo biglietto. Ma siccome è  uno sconosciuto, nessuno vuole prestargli il denaro di cui ha bisogno. Mentre è seduto su una panchina pensando a cosa fare, un uomo ben vestito che sedeva accanto a lui si alza e si allontana per un qualche minuto. Guardando il posto in cui l’uomo era seduto, Ben nota che costui ha lasciato il suo soprabito incustodito. Dalla tasca del soprabito spunta un biglietto per San Francisco. Ben sa che può prendere il biglietto e usarlo per prendere il primo treno. Vede anche che l’uomo ha in tasca denaro più che sufficiente per comprarsi un altro biglietto.

 

Rispetto agli americani, più del doppio dei soggetti indiani ha mostrato l’intenzione di prendere il biglietto in modo da poter soddisfare i propri obblighi sociali (circa l’80% contro il 40%); ciò vuol dire che nelle culture collettiviste gli obblighi sociali sono parte integrante delle relazioni di parentela32. I bambini statunitensi, d’altro canto, tendevano a sostenere che Ben non dovesse rubare il biglietto, perché il furto va contro i principi della giustizia che valgono per chiunque. Perciò per i bambini indiani la moralità è definita dagli obblighi sociali (il cui prototipo sono gli obblighi verso i membri della famiglia) mentre per i bambini statunitensi la moralità è maggiormente definita in base ad astratti principi di giustizia. Henrich et al. osservano che nelle culture collettiviste neppure le persone di elevata cultura riescono a mostrare un ragionamento morale basato su principi astratti.

Differenze cognitive. I soggetti WEIRD tendono anche a mostrare importanti differenze cognitive rispetto ai non occidentali. Noi occidentali tendiamo maggiormente al ragionamento analitico (astrarre gli oggetti dal contesto, prestare attenzione alle caratteristiche intrinseche degli oggetti, sviluppare regole per spiegare e predire i fenomeni) che è opposto al ragionamento olistico (prestare attenzione alle relazioni tra gli oggetti e al contesto che li circonda). Il pensiero analitico è associato ad un’idea di sé come soggetto indipendente, mentre il pensiero olistico  si collega ad un’idea di sé come interdipendente rispetto ad altre persone. Per esempio la memoria degli oggetti, quando il contesto sia rimosso, risulta più scarsa tra gli asiatici rispetto agli occidentali, il che implica che gli occidentali prestino minore attenzione al contesto e alle relazioni tra questo e gli oggetti in esso contenuti. Inoltre gli occidentali tendono a categorizzare gli oggetti in base a regole che sono indipendenti dalla funzione, e dunque più astratte, mentre i non occidentali sono più inclini a categorizzare sulla base della funzione e delle relazioni col contesto.

Queste differenze in diversi ambiti tendono a suggerire con forza l’esistenza di una base biologica per l’individualismo occidentale. Le differenze tra culture individualiste e culture collettiviste (riguardino esse la lealtà e la punizione altruistica, il ragionamento morale, la cognizione o la percezione) sono tutte connesse tra loro, rientrano tutte nello stesso modello coerente in base al quale gli occidentali si distaccano dal contesto sociale, cognitivo e percettivo, mentre i non occidentali vedono il mondo in modo fortemente integrato. Questo modello è fortemente coerente col fatto che le popolazioni occidentali siano più inclini al ragionamento scientifico, fenomeno discusso nel capitolo 9.

Conclusione.

La corrente individualista egualitaria della cultura occidentale è una componente importante dell’attuale clima culturale dell’Occidente. La tesi che qui si sostiene è che l’individualismo egualitario e l’individualismo aristocratico siano fattori critici per comprendere il dinamismo dell’Occidente, in particolare nel mondo postmedievale. I contrasti tra queste due correnti saranno l’argomento dei prossimi capitoli. Comunque, il capitolo seguente si focalizzerà sui peculiari modelli di famiglia dell’Europa occidentale, come premessa necessaria a tale discussione.

 


Note.

 

  • Christopher H. BOHEM, Hierarchy in the Forest: The Evolution of Egalitarian Behavior, Cambridge, Harvard University Press, 1999.
  • Ibid.
  • Fritz LENZ, The Inheritance of Intellectual Gifts, in Erwin BAUR, Eugen FISCHER, Fritz LENZ, Human Heredity, trad. Edan Paul e Cedar Paul, New York, Macmillan, 1931: 657.
  • Antoine COUTROT et al., Global Determinants of Navigation Ability, “Current Biology”, 28, settembre 2018: 2861-2866.
  • R. E. SOUTHWOOD, Habitat, the Temple for Ecological Strategies?, “Journal of Animal Ecology”, 46,

1977: 337-366; T. R. E. SOUTHWOOD, Bionomic Strategies and Population Parameters, in Robert M. MAY (ed.) Theoretical Ecology: Principles and Applications, Sunderland, MA, Sinauer Associates, 1981: 26-48.

  • Michael L. BURTON, Carmella C. MOORE, John W. M. WHITING, A. KIMBALL ROMNEY, Regions Based on Social Structure, “Current Anthropology”, 37, 1996: 87-123.
  • Wil ROEBROEKS, Hominid Behaviour and rhe Earliest Occupation of Europe: An Exploration, “Journal of Human Evolution”, 41, 2001: 437-461.
  • Ibid., 450.
  • C. FRISON, Paleoindian Large Mammal Hunters of the Plains of North America, “Proceedings of the National Academy of Science”, 95, 1998: 14575-14583.
  • DOUGLAS PRICE, The Mesolithic of Northern Europe, “Annual Review of Anthropology”, 20, 1991:

211-233, 229.

  • Lawrence H. KEELEY, Frontier Warfare in the Early Neolithic, in D. L. MARTIN, Paul DOLUKHANOV (eds.), Troubled Times: Violence and Warfare in the Past, New York, Gordon and Breach, 1997: 303-319. [12] Marek ZVELEBIL, Paul DOLUKHANOV, The Transition to Farming in Eastern and Northern Europe, “Journal of World Prehistory, 5, 1991: 233-278, 262-263.
  • Sveinung BANG-ANDERSEN, Coast/Inland Relations in the Mesolithic of Southern Norway, “World Archaeology”, 27, 1996: 427-443, 436, 437, corsivi nell’originale.
  • Jeanne ARNOLD et al., Entrenched Disbelief: Complex H-gs and the Case for Inclusive Cultural Evolutionary Thinking, “Journal of Archaeological Method and Theory”, 23, 2016: 448-499.
  • Ibid.
  • Ibid., 489.
  • Frank RISDALE, A Discussion of the Potlatch and Social Structure, “Totem: The University of Western Ontario Journal of Anthropology”, 3. n. 2, 2011: 7-15, http://ir.lib.uwo.ca/totem/vol13/iss2/3.
  • In assenza di legami di parentela la reputazione diviene il criterio per le relazioni. Andrew Fraser osserva che la pronuncia di un giuramento era e rimane una singolare preoccupazione degli inglesi, al punto che «l’ordinario spettacolo degli immigrati dal Terzo Mondo che recitano il giuramento di lealtà nelle cerimonie di naturalizzazione è studiato per riscaldare i cuori dei WASP, votati anima e corpo alla fede costituzionale nel nazionalismo civile». La pronuncia di un giuramento è un’affermazione pubblica che riguarda sostanzialmente la reputazione di un individuo. E’ certamente un po’ egoistico, da parte dei WASP, presupporre che altri popoli abbiano un senso della pubblica affidabilità simile al loro:

 

I WASP sono anime fiduciose. Ed è proprio per questa ragione che essi possono venire facilmente sfruttati da coloro che promettono una cosa e poi ne fanno un’altra […] L’immigrazione di massa dal Terzo Mondo comporta enormi rischi per le società anglosassoni fondate su un peculiare modello di comportamento affidabile che si è evoluto nel corso di molti secoli. Se i nuovi venuti non accettano gli obblighi che la cultura civile della società ospite comporta, e in particolare la necessità di rinnegare i preesistenti vincoli di fedeltà razziale, etnica e religiosa, saranno destinati a compromettere i benefici della buona cittadinanza nella nazione anglosassone ospite.

 

Ogni evidenza indica che questi gruppi non rinnegheranno tali vincoli, non più di quanto gli ebrei abbiano rinnegato i loro legami etnici e religiosi pur essendo vissuti tra gli europei per secoli. Andrew FRASER, The WASP Question, Mumbai, Arktos, 2011: 57, 64.

  • Christopher H. BOHEM, Hierarchy in the Forest: The Evolution of Egalitarian Behavior, Cambridge, Harvard University Press, 1999.
  • Ibid.
  • Peter FROST, European Hair and Eye Color: A Case od Frequency-Dependent Sexual Selection?, “Evolution and Human Behavior”, 27, 2006: 85-103.
  • Frank SALTER, Carrier Females and Sender Males: An Evolutionary Hypothesis Linking Female

Attractiveness, Family Resemblance and Paternity Confidence, “Ethology and Sociobiology”, 17, n. 4, 1996: 211-220.

[22a] Purdah: pratica di separazione delle donne dalla società maschile che si attua mediante la copertura del volto o la segregazione fisica delle stesse.

  • Harry C. TRIANDIS, Cross-cultural Studies of Individualism and Collectivism, in John J. BERMAN (ed.) Current Theory and Research in Motivation: Nebraska Symposium on Motivation: Cross Cultural Perspectives, 37, Lincoln, NE, University of Nebraska Press, 1989: 41-133.
  • Si veda il cap. 8 per una discussione sulla ricerca psicologica relativa a questo tratto.
  • Kevin MACDONALD, Emily PATCH, Aurelio José FIGUEREDO, Love, Trust and Evolution:

Nurturance/Love and Trust as Two Independent Attachment Systems Underlying Intimate Relationships, “Psychology”, 7, n. 2, 2016:238-253.

  • John Murray CUDDIHY, The Ordeal of Civility: Freud, Marx, Levi-Strauss and the Jewish Struggle witn Modernity, New York, Basic Books, 1974.
  • MONEY, Love and Love Sickness.
  • Kevin MACDONALD, Warmth as a Developmental Construct: An Evolutionary Analysis, “Child Development”, 63, 1992: 753-773.
  • Lawrence STONE, The Family, Sex and Marriage in England 1500-1800, London, Weidenfend & Nicholson, 1977.

[29a] N. d. t.: La sigla WEIRD, che sta per Western, Educated, Industrialized, Rich, Democratic, richiama la parola inglese weird che significa strano, bizzarro.

  • Joseph HENRICH, Steven J. HEINE, Ara NORENZAYAN, The Weirdest People in the World?, “Behavioral and Brain Sciences, 33, 2010: 61-135.
  • Benedikt HERRMANN, Christian THONI, C. e Simon GACHTER, Antisocial Punishment Across Societies, “Science”, 319, n. 5868, 2008: 1362-67, 1366.
  • Joan G. Miller, David M. Bersoff, Culture and Moral Judgment: How Are Conflicts between Justice and Interpersonal Responsibilities Resolved, “Journal of Personality and Social Psychology, 62, 1992: 541554, 545.